Crimini agricoli. La presenza della malavita organizzata nell’agroalimentare non è diminuita, anzi
L’agroalimentare è diventato un settore prioritario di investimento della malavita con un giro d’affari che ha superato i 24,5 miliardi di euro.
Malavita organizzata nei mercati agricoli più importanti d’Italia. La questione non è nuova, ma certamente si tratta di qualcosa che, in questi ultimi tempi, è tornato alla ribalta delle cronache. E non potrebbe che essere così, visto che quello dell’agroalimentare è forse uno dei pochi comparti produttivi che continua a mietere successi, nonostante le difficoltà. La presenza massiccia di mafia, camorra, ‘ndrangheta e altro ancora nei luoghi di commercializzazione all’ingrosso di prodotti agroalimentari, indica quanto sia comunque alta l’attenzione criminale in ambiti che rappresentano solide fonti di guadagno. Le cronache di questi giorni ci restituiscono almeno due occasioni per tornare sull’argomento.
In Sicilia, nel siracusano, la Direzione distrettuale antimafia ha scoperto un controllo totale nella realizzazione di pedane e imballaggi, nella produzione e commercio di prodotti caseari, e nel trasporto su gomma di prodotti ortofrutticoli. A dettare legge era il clan Trigila. Le indagini – lunghe 20 mesi -, hanno portato in carcere 11 persone. Classica la modalità d’azione: le aziende infiltrate si sono dimostrate capaci di alterare le regole della concorrenza e di acquisire una posizione dominante grazie al loro nome. Intimidazioni quando il caso, pressioni di vario genere, un sistema fatto di legami, connivenze, piccoli vantaggi: il sistema pare abbia funzionato per anni.
Qualche giorno prima, invece, a Fondi (in provincia di Latina) sono stati effettuati cinque arresti e sequestrate quote die due società che nel mercato ortofrutticolo – uno dei più importanti d’Italia, lucravano illecitamente sempre con estorsioni e concorrenza sleale. Anche qui lo stesso insieme di “strumenti” di pressione. Con una condizione non molto comunque: una sorta di alleanza tra metodi mafiosi e camorra. Monopolizzati, così, i trasporti anche con altre regioni italiane.
Criminalità organizzata, dunque, sempre presente nell’agroalimentare. Un fenomeno che se da una parte può avere anche radici storiche, dall’altra si è rinvigorito in questi ultimi tempi tra condizionamenti dei mercati dei prodotti all’ingrosso e dal lavoro. Con gli affari che lievitano. Coldiretti, che sul tema ha contribuito a creare anche un Osservatorio Agromafie coordinato dal punto di vista dei contenuti da Gian Carlo Caselli, ha fatto due calcoli: l’agroalimentare è diventato un settore prioritario di investimento della malavita con un giro d’affari che ha superato i 24,5 miliardi di euro. “La malavita – spiega una nota dell’organizzazione agricola -, comprende la strategicità del settore in tempo di crisi economica perché consente di infiltrarsi in modo capillare nella società civile e condizionare la via quotidiana della persone”. Il risultato è molteplice e comunque deleterio. “Non solo – spiegano ancora i coltivatori diretti -, si appropriano di vasti comparti dell’agroalimentare e dei guadagni che ne derivano, distruggendo la concorrenza e il libero mercato legale e soffocando l’imprenditoria onesta, ma compromettono in modo gravissimo la qualità e la sicurezza dei prodotti, con l’effetto indiretto di minare profondamente l’immagine dei prodotti italiani ed il valore del marchio Made in Italy”. E’ un dilagare della criminalità dei campi, anche se i risultati delle investigazioni non mancano di certo. Una condizione che pare accentuata anche dalla crescita del livello tecnologico della produzione e della commercializzazione agroalimentare. Una condizione, soprattutto, di fronte alla quale occorre il serrare ancora più stretto della file di quella società civile – fatta di onesti imprenditori e forti istituzioni -, che in agricoltura e nell’agroalimentare italiani è ben presente e solida.