Brasile: dom Crippa (vescovo Ilhéus) al Sir, “fiumi esondati e dighe che non hanno tenuto, moltissime zone sono isolate”
“La cosa più bella è la solidarietà che spontaneamente è arrivata dalle parrocchie, ma non nascondo che la situazione è difficile. E ci preoccupa soprattutto ‘il dopo’, quando si spegneranno le luci della cronaca”.
Arriva al Sir da Ilhéus, una delle diocesi più colpite dalle inondazioni che in questi giorni si sono abbattute sullo Stato brasiliano di Bahia, la voce del vescovo, dom Giovanni Crippa, padre della Consolata di origini brianzole, alla guida della diocesi da poco meno di tre mesi. “Ho trovato una rete Caritas da rafforzare nelle parrocchie, ma anche tanta generosità. Siamo in contatto a livello di Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile – Regione Nordest 3 e con le diocesi vicine, colpite quanto e in qualche caso più di noi, come Teixeira de Freitas, Vitória da Conquista, Itabuna”.
Difficile fare stime a livello di singole diocesi, ma secondo la Protezione civile di Bahia le cifre sono impressionanti: 24 morti, oltre 430 feriti, circa 55mila evacuati e circa 37mila persone rimaste senza tetto. “Nel nostro territorio, su 26 municipi, 16 sono stati coinvolti dal maltempo. Per fortuna da qualche giorno ha spesso di piovere, ma i fiumi che sono esondati continuano a ricevere acqua. Si sono rotte alcune dighe di bacini che avrebbero dovuto raccogliere l’acqua piovana. Molti ponti e strade sono andati distrutti. Per fortuna, dal Governo statale e anche con l’aiuto di altri Stati stanno mettendo a disposizione elicotteri per arrivare nelle località più remote. Io stesso finora non ho potuto incontrare le comunità, che sono in gran parte isolate. La strada principale, che va da Ilhéus verso Itabuna, è interrotta in più punti”.
L’azione della Chiesa, nell’immediato, è incentrata sulla distribuzione di alimenti e generi di prima necessità. “Già a causa degli aiuti per il Covid-19 c’erano delle scorte di alimenti per garantire la cosiddetta ‘cesta básica’. In qualche caso abbiamo accolto delle famiglie rimaste senza un tetto, ma per lo più sono state ospitate in hotel e altre strutture messe a disposizione dalle autorità pubbliche, o da parenti”.