A Padova la protesta dei detenuti del circondariale è sotto controllo
Anche a Padova le persone detenute al carcere circondariale hanno avviato la protesta contro le misure di contenimento del contagio, ma anche perché sono preoccupati di contrarre l'infezione da chi entra dall'esterno.
Alla casa di reclusione, la situazione è tornata tranquilla dopo la rivolta scoppiata ieri che ha causato una decina di agenti feriti. L'inerzia provocata dalla sospensione di visite e attività è il peggior nemico in questa situazione d'emergenza.
Si allargano a macchia d’olio da Nord a Sud le proteste provocate dalle restrizioni per il contenimento del contagio da Corona virus. Sei persone detenute sono morte a Modena nella rivolta del carcere Sant’Anna di domenica 8 marzo. A Foggia dal circondariale sono evasi in cinquanta. Attualmente si contano quasi una trentina di rivolte.
A Padova è la casa circondariale a destare preoccupazione. Gran parte delle oltre duecento persone ristrette si sono barricate ieri (domenica 8 marzo, ndr) lungo i passeggi in segno di protesta: temono il contagio portato da chi entra dall’esterno (educatori, agenti di polizia penitenziaria, legali, fornitori…), chiedono con insistenza di poter chiamare più frequentemente i familiari per rassicurarli sul proprio stato di salute. Inoltre, vogliono incontrare quanto prima il magistrato di sorveglianza e il garante dei diritti.
Uno dei problemi più seri riguarda il sovraffollamento che, in alcuni casi, non consente il limite di sicurezza di un metro di distanza dall’altro: nella sezione ordinaria sono presenti circa 160 persone a fronte di una capienza di 90 posti.
La situazione è, comunque, in costante evoluzione: tutti sono al lavoro, dalla direzione agli agenti e agli operatori, perché la protesta non degeri e non si debba utilizzare la forza per mantenere la sicurezza. «Sarebbe una sconfitta per tutti: un circolo vizioso da cui non si uscirebbe indenni» afferma una fonte.
Anche la Diocesi di Padova sta facendo la sua parte, fornendo schede telefoniche a una cinquantina di persone che non possono permettersele.
Fin dallo scoppio dell’emergenza dopo i primi casi a Vo’, gli operatori e gli agenti hanno fatto richiesta di gel igienizzante per le mani, mascherine, ma le forniture – come dovunque – sono in forte ritardo.
Da qualche giorno è stata allestita, come anche davanti alla casa di reclusione Due Palazzi, la tensostruttura per il triage a cui sottoporre chiunque debba entrare al circondariale e che prevede la misurazione della temperatura e l’eventuale tampone. Pur sapendo che parecchi contagiati risultano asintomatici.
Alla casa di reclusione la situazione è, invece, sotto controllo e la rivolta scoppiata domenica da parte di una cinquantina di detenuti è stata sedata. Purtroppo sono rimasti feriti dieci agenti negli scontri che hanno subito intossicazioni e contusioni. Le giornate in sezione si allungano di ora in ora a causa dell’inattività e dello sconforto generale provocati dalla sospensione di visite, lezioni scolastiche e universitarie, dall’assenza dei volontari che già da fine febbraio non entrano più a svolgere le numerose attività culturali, educative e pastorali.
Dalla scorsa settimana la direzione della casa di reclusione ha triplicato le telefonate possibili in un mese, ma si sta lavorando anche per sbloccare l’arrivo dei pacchi a ogni ora con effetti personali, indumenti e generi di prima necessità inviati da parte delle famiglie che non possono più entrare al Due Palazzi. Inoltre, l’impegno è anche quello di aumentare le attività all’aperto.
Purtroppo anche sul fronte del lavoro le cose non vanno meglio perché, ad esempio, la produzione della pasticceria Giotto è calata drasticamente a causa della chiusura delle mense, dei luoghi di ristorazione e dei punti vendita che si rifornivano grazie al laboratorio artigianale al Due Palazzi. «Abbiamo attuato un piano di rotazione delle ferie – spiega Matteo Marchetto, presidente della cooperativa Work crossing che gestisce la pasticceria del carcere – in modo che i lavoratori detenuti non rimangano per troppo tempo inattivi. Inoltre, stiamo sfruttando questo periodo per incrementare la formazione e sperimentare nuovi impasti in vista della produzione delle colombe che dovrebbe iniziare la prossima settimana». Le precauzioni, anche qui, sono state prese tutte: le distanze di sicurezza, il carico e scarico delle merci non a diretto contatto con chi viene dall’esterno, gel, guanti, mascherine. Anche alla mensa dei lavoratori i posti sono stati dimezzati per rispettare le misure di prevenzione.
«In questo momento – conclude Marchetto – è fondamentale sostenere il lavoro perché è una delle pochissime valvole di sfogo all’inattività forzata delle persone ristrette».