Rapporto Caritas Migrantes. Migranti, conoscere per comprendere
La 29a edizione non si limita a riportare i dati ma offre chiavi di lettura per inquadrare un fenomeno che nel solo 2019 ha riguardato 272 milioni di persone nel mondo
Non basta commuoversi, ogni tanto, di fronte alle immagini dell’ennesimo naufragio nel Mediterraneo o l’ennesimo incendio in un campo profughi lungo la rotta balcanica. Bisogna approfondire, ascoltare e agire, perché le alternative ci sono. E funzionano.
È un lavoro monumentale il 29° Rapporto immigrazione 2020 di Caritas e Fondazione Migrantes, dal titolo Conoscere per comprendere. Il Rapporto non si limita a sciorinare dati, ma offre chiavi di lettura per affrontare un fenomeno assai più grande di alcune (parziali) visioni del mondo.
Un fenomeno, per l’appunto, gigantesco: come riporta il World Migration Report 2020, nel 2019 il numero di migranti internazionali è cresciuto attestandosi a circa 272 milioni, pari al 3,5 per cento della popolazione mondiale. In 50 anni il numero di immigrati nel mondo è quasi quadruplicato (era pari a 84 milioni nel 1970). Poco più della metà dei migranti è di sesso maschile (52 per cento) e tre quarti si trova in età lavorativa (20-64 anni).
Di questi 272 milioni di migranti, 164 milioni migrano per motivi di lavoro. I migranti forzati, invece, si attestano a 79,5 milioni: di questi, 45,7 milioni sono sfollati interni, 26 milioni sono i rifugiati (a guidare la triste classifica siriani e venezuelani) e 4,2 milioni sono i richiedenti asilo.
L’Italia è la quinta destinazione in Europa. Ma il fenomeno, rispetto a una decina di anni fa, registra un trend in diminuzione: sempre meno nuovi residenti, sempre meno figli, sempre meno acquisizioni di cittadinanza italiana. Ciò che non diminuisce, invece, è il numero delle vittime di tratta e sfruttamento. Come spiega Manuela De Marco nel Rapporto, nel mondo sono oltre 40 milioni le vittime di tratta, di cui quasi il 60 per cento per sfruttamento sessuale: «Sono fenomeni che non accennano a diminuire, perché strettamente collegati a profonde asimmetrie, crisi e conflitti. Il Dipartimento di Stato Usa stima che in Italia il numero di vittime sia tra le 25 e le 30 mila».
A questi numeri si aggiungono i drammi dei naufragi nel Mediterraneo e le ingiustizie che i migranti subiscono lungo la rotta balcanica. «Se tutti gli Stati, tra cui anche l’Italia – osserva Sara Ferrari di Caritas Padova – agissero in modo sistemico, si potrebbero mettere in atto delle vere alternative». Corridoi umanitari, corridoi universitari, contrasto alla tratta, progetti di integrazione: non semplici slogan ma storie di successo già sperimentate e validate. I corridoi umanitari consentono alle persone di partire direttamente dai campi profughi gestiti da enti internazionali, entrando in Europa già con un permesso di soggiorno in mano e un’accoglienza stabilita. Altra possibilità è data invece dai corridoi universitari, frutto di accordi tra Università, Caritas e Chiesa Valdese, con opportunità di studio e formazione.
Italia, non più una meta attrattiva per migranti
È stato pubblicato in ottobre dalla Fondazione Leone Moressa il decimo Rapporto annuale sull’economia dell’immigrazione. I lavoratori immigrati in Italia sono oltre 2,5 milioni: si tratta di lavoratori più giovani e con mestieri meno qualificati, che però nel 2019 hanno dichiarato 17,9 miliardi di tasse e contributi previdenziali. Le imprese guidate da cittadini stranieri mantengono vitalità: negli ultimi anni queste ultime hanno registrato una crescita del 32,7 per cento in confronto del calo delle imprese guidate da italiani.
Intervistato sulla pagina Facebook di Caritas Padova, Enrico di Pasquale della Fondazione Moressa ha però spiegato come il fenomeno sia in contrazione: «Il nostro Paese non è più una meta attrattiva per gli stranieri, ma una terra di passaggio verso il Nord Europa. Questo ci dovrebbe preoccupare». Il fenomeno va ripensato globalmente: «L’immigrazione non va trattata come un’emergenza, un problema da risolvere legato alla sicurezza, ma è parte integrante della nostra società».