Quando un ingegnere diventa prete. Il 23 maggio, a Pentecoste, in Cattedrale alle 16, Marco Bertin viene ordinato dal vescovo Claudio
Marco Bertin è nato a Padova il 28 settembre 1986. È originario della parrocchia di Perarolo di Vigonza, dove assieme ai due fratelli e alle due sorelle è cresciuto e ha mosso i primi passi nella comunità cristiana. Dopo aver compiuto studi scientifici, essersi laureato in ingegneria elettronica ed essere stato ricercatore universitario per due anni, è entrato nel Seminario di Padova. Negli anni ha prestato servizio nella parrocchia di Fratte, nell’unità pastorale di Piovene Rocchette e a Villatora. È stato ordinato diacono domenica 10 gennaio 2021.
«È più facile fare l’ingegnere che il prete»; sono le parole condivise con me da uno dei sette giovani ingegneri che oggi sono alunni del Seminario, e tra questi c’è anche Marco Bertin che diventa prete domenica 23 maggio. In Seminario scherziamo spesso su questo gruppo di candidati al presbiterato abituati a progettare, calcolare e toccare con mano i risultati.
Marco è entrato in Seminario dopo la laurea in ingegneria elettronica presso l’Università di Padova e dopo aver lavorato due anni come ricercatore presso lo stesso ateneo. Ha dovuto lottare con la mentalità legata agli studi fatti; non è stato facile abbandonarsi nelle mani di un Maestro che non ha dove posare il capo, né accettare di andare dove tu non hai scelto, e nemmeno riconoscere che i risultati del servizio di un prete non seguono logiche matematiche e nemmeno regalano certezze.
Nel ricordo dell’ordinazione Marco Bertin ha scritto una preghiera di Madeleine Debrel: «Facci vivere la nostra vita, non come un gioco di scacchi, dove tutto è calcolato, non come una partita dove tutto è difficile, non come un teorema che ci rompa il capo, ma come una festa senza fine». Parole che esprimono bene il cammino interiore di questi anni che ha visto Marco quasi in lotta con Dio e con la sua chiamata che appariva reale e solida, ma anche inquietante e rischiosa.
Come Mosè di fronte al roveto ardente, ogni chiamato cerca di difendersi, non si sente all’altezza di quello che chiede Dio, ma alla fine cede perché si fida di Dio. Forse è proprio questo uno dei segni più chiari di una vocazione che trova nei profeti dei testimoni illustri: Isaia si sente come un uomo dalle labbra impure, inadatto a compiere la missione che Dio gli affida; Geremia resiste opponendo a Dio la sua giovinezza e la sua incapacità di parlare; Amos vorrebbe restare a coltivare i suoi campi invece di complicarsi la vita. Alla fine tutti cedono di fronte alla dolce insistenza di un Dio che non “usa” le persone, ma le associa alla sua missione e con loro si impegna nel momento stesso in cui le chiama.
Continua così la preghiera di Madeleine Debrel: «Come una festa senza fine dove il tuo incontro si rinnovella come un ballo, come una danza, fra le braccia della tua grazia, nella musica che riempie l’universo d’amore». Non sono belle frasi poetiche, ma esprimono la consapevolezza e il desiderio profondo di chi si dona al Signore e, ne sono certo, anche di Marco. Certamente il ministero di un prete difficilmente sarà una “festa senza fine”, non mancheranno giorni difficili come per ogni vocazione. È invece molto vero che ci sarà tanto da “ballare” e che il lavoro non mancherà.
Non è facile per un ingegnere, ma anche per tutti noi, lasciarsi guidare nei passi di questa particolare danza con Dio e con i fratelli, la tentazione di guidare la danza è sempre forte. La bellezza e la musicalità del Vangelo accompagni il cammino di questo giovane ballerino che affidiamo al Signore e alla cura materna di Maria.
don Giampaolo Dianin
rettore del seminario
Cos’è l’ordinazione? Germoglio di gioia, evento generativo
«L’ordinazione presbiterale di un giovane della nostra Chiesa di Padova è un germoglio di gioia, un evento capace di incidere una terra che a volte ci pare arida perché non offre frutti abbondanti di sequela del Signore». Queste le parole con cui Don Davide Zaffin, educatore dei seminaristi di 5° e 6° anno del Maggiore, descrive l’ordinazione di Marco Bertin, sottolineando anche la grande disponibilità di Marco nel rispondere alla chiamata del Signore a diventare prete per la Chiesa. «Ora Marco entra nel vivo del ministero, non da solo ma in comunione con il vescovo e con tanti preti e laici. A lui non manca la generosità, legata anche all’entusiasmo dei primi passi. Il Signore illumini il suo cammino e gli dia la forza per affrontarlo degnamente».
"Dio c’è, sta a me crescere nella relazione con Lui"
Dopo l’ordinazione diaconale Marco Bertin ha colto alcune novità nella sua vita. Anzitutto la preghiera della Liturgia delle ore in comunione con tutta la Chiesa e poi il suo rapporto con l’omelia domenicale: «Predicare dall’ambone chiede impegno e ascolto assiduo della Parola, ma è anche lo strumento con cui ho potuto toccare la vita delle persone e allo stesso tempo anche la mia carne».
Il diaconato è stato caratterizzato da due belle esperienze vissute in parrocchia: «Ho avuto l’onore di tenere le omelie del Triduo Pasquale – racconta Marco – esperienza che paragono a un corso di esercizi spirituali. Interessante, inoltre, è stata la partecipazione ai consigli pastorali in cui ho sperimentato la fatica di camminare insieme ma anche la voglia di cercare il meglio per la propria comunità».
Nei giorni che precedono l’ordinazione presbiterale le parole che accompagnano Marco sono “gioia” e “sana preoccupazione” per il futuro che lo attende, che però sa essere accompagnato dal Signore: «Dio c’è sicuramente, sta a me coltivare sempre più la relazione con lui. Allo stesso tempo vorrei essere prete per la gente e insieme alla gente. Vorrei fare pastorale insieme alla gente».
Denis Tamiazzo