Piacenza d’Adige. La pala splende ancora. Inaugurazione sabato 4 dicembre con il vescovo Claudio
Piacenza d’Adige. Restaurata la tela raffigurante sant’Antonio abate, il patrono della comunità. L’inaugurazione si tiene questo sabato al termine della messa del vescovo Claudio. Il parroco: «Il recupero è merito anche di tante persone che lavorano nel silenzio per il bene di tutti»
Viene restituita all’ammirazione dei fedeli – sabato 4 dicembre alle 18, al termine della messa celebrata dal vescovo Claudio – la pala collocata sull’altare dedicato a sant’Antonio abate nella chiesa parrocchiale di Piacenza d’Adige. Opera di un anonimo veneziano del ‘700, il dipinto è una raffinata pittura a olio su tela con telaio sagomato di circa 160 per 280 centimetri. Censito negli archivi diocesani come Sant’Antonio abate tra i santi Gerolamo e Caterina d’Alessandria, il dipinto è stato oggetto per decenni di un errore di interpretazione. Nulla appare infatti delle tradizionali raffigurazioni di san Girolamo, padre e dottore della Chiesa. Si tratterebbe piuttosto di Paolo di Tebe, come suggeriscono l’intreccio della veste, fatta di foglie di palma, e la presenza del corvo che, nei lunghi anni trascorsi nel deserto in seguito alla persecuzione degli imperatori romani Decio e Valeriano, gli avrebbe portato un pezzo di pane ogni giorno. Particolari, questi, emersi dopo l’attento lavoro di restauro che ha interessato il dipinto per circa un anno, evidenziando dettagli che erano stati cancellati dall’azione del tempo. Come lo splendido anello al dito di santa Caterina d’Alessandria, posta a sinistra di sant’Antonio Abate, nobile egiziana condannata a morte per avere rifiutato di convertirsi al paganesimo e di sposare un imperatore romano, per rimanere sposa di Cristo; o le sfumature rosse del vestito, simbolo del martirio. Al centro emerge la figura di sant’Antonio abate, eremita, considerato il fondatore del monachesimo cristiano e il primo degli abati. Conosciuto anche come sant’Antonio del fuoco, poiché intorno a lui nacque il primo nucleo dell’ordine degli Ospedalieri Antoniani, la cui vocazione originaria era quella dell’accoglienza delle persone affette dal fuoco di sant’Antonio.
Il restauro della pala ha evidenziato la presenza del cinghiale, posto ai piedi del santo, alla sua destra, la cui carne veniva utilizzata per nutrire gli ammalati, mentre il suo grasso ne curava le piaghe provocate dall’herpes; emersi anche il campanello e il bastone da pellegrino a forma di tau che gli Antoniani portavano cucita sul loro abito.
«Sia la cornice dorata e il telaio sul quale è montata la tela, sia il dipinto erano in cattive condizioni – spiega Loris Stella, che ha coordinato il restauro – Inoltre, sul dipinto erano presenti una serie di gocciolature e abrasioni che percorrevano la superficie del quadro. Erano presenti anche piccoli fori della tela oltre che le tracce di alcuni interventi pittorici, piuttosto maldestri. È un onore poter restituire una simile opera in tutta la sua bellezza, svelandone aspetti inediti», «Il recupero della pala della nostra chiesa parrocchiale è stato possibile grazie all’accurato intervento della restauratrice Sonia Radicchi, ma è anche merito di tante persone che, nella comunità, lavorano nel silenzio per il bene di tutti» conclude il parroco, don Lorenzo Mischiati.
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