In cammino con Tommaso. Con lui la Chiesa "riparte" dopo la Risurrezione
È con il più incredulo degli apostoli – detto Didimo, il gemello – che ogni anno la Chiesa “riparte” dopo l’Ottavo Giorno, il giorno della Risurrezione. Chi si ciba del pane consacrato o si ferma davanti al Signore esposto ritrova la forza di rialzarsi e rimettersi in movimento
L’Eucaristia è il più immobile dei segni sacramentali. Il piccolo pezzo di pane se ne sta in una pisside chiusa dentro il tabernacolo o nel piccolo vano di un ostensorio. Eppure chi si ciba del pane consacrato o si ferma davanti al Signore esposto, ritrova la forza di rialzarsi e rimettersi in cammino. Come ci insegna Tommaso, il più incredulo degli apostoli che, stando alla tradizione, raggiunse l’India per annunciare la sua fede nel Suo Signore suo Dio. Il Quarto Evangelo termina con le figure di Pietro e dell’altro discepolo, il discepolo che Gesù amava (Gv 21,20-23). Ma, nella sua prima edizione, era Tommaso che chiudeva un capitolo della storia umana e ne apriva un altro. Ed è con lui che ogni anno la Chiesa riprende il cammino del Tempo Pasquale dopo l’Ottavo Giorno, il giorno della Risurrezione di Gesù. In questo tempo «Tommaso, detto Didimo», il gemello, il nostro fratello gemello, ci prende per mano e ci guida nella via del discepolato. Uno strano maestro che entra in scena con “un atto di volontà”, pochi giorni prima della morte di Gesù, ed esce di scena otto giorni dopo la risurrezione con “un atto di fede”. Tra questi due atti, c’è il suo percorso di discepolo e di credente, una sequela dolorosa che lo porterà da una volontà di morte a un desiderio di vita, dalla presunzione alla fede. Quando il Signore decise di tornare in Giudea perché il suo amico Lazzaro era ammalato, i discepoli erano titubanti, ma Tommaso si fece avanti e disse: «Andiamo anche noi a morire con lui!». Sono le sue prime parole nel Quarto Evangelo. L’affermazione di un uomo sicuro di sé, che non si nasconde, un discepolo coraggioso che non vacilla, un soldato pronto a sacrificare la vita per il suo comandante. Ma il piccolo esercito dei discepoli di Gesù tornò in Giudea per restituire la vita a Lazzaro, non per morire, come pensava Tommaso (Gv 11,1-44). Qualche giorno dopo, la sera dell’ultima a cena, Gesù consegnò il suo testamento ai discepoli: «Vado a prepararvi un posto. E del luogo dove io vado, conoscete la via». Tommaso (il discepolo che aveva detto «Andiamo!») gli chiese: «Non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?» (Gv 14,2-5). L’apostolo che aveva consegnato la sua vita con Gesù, che aveva ascoltato le sue parole ed era stato testimone dei segni compiuti, non aveva ancora compreso. Sognava una vita gloriosa e una morte eroica pur di sfuggire alla banalità del quotidiano. «Io sono la via, la verità e la vita» gli disse Gesù con una semplicità e una chiarezza che disorientò l’apostolo (Gv 14,6). Non ci sono strade a percorrere, luoghi da raggiungere. Gesù è la Via. Per mezzo di lui si giunge alla Verità. E dove c’è verità, c’è la Vita. Ma nessuno dei Dodici, con la sola eccezione del «discepolo amato», seguì Gesù sulla via del Calvario, nessuno di loro stava sotto la croce (Gv 19,25-26). E Tommaso, «uno dei Dodici», non era in casa nemmeno quando il Signore venne per incontrare i discepoli «la sera di quel giorno, il primo della settimana». Quando gli dissero di avere visto il Signore, egli si mostrò scettico. Prima di credere voleva vedere con i suoi occhi e mettere le sue mani nelle ferite del corpo di Gesù (Gv 20,24-25). Otto giorni dopo il Signore rispose alla sua pretesa e rientrò in quella casa (Gv 20,26-29). Le ferite che Tommaso non aveva avuto il coraggio di guardare sul Golgota rivelano una storia che non si può possedere, sulla quale non si possono mettere le mani. È una storia che si può solo raccontare e amare. Quella sera, Tommaso non chiese perdono, non giurò davanti a tutti che non si sarebbe mai più comportato così. S’inchinò e disse: «Mio Signore e mio Dio!». Le sue ultime parole nel Quarto Evangelo, la sua uscita di scena. Smise di essere un discepolo militante e divenne un discepolo credente. Un uomo pieno di dubbi e paure. E una sola certezza: Gesù sarebbe stato il «suo Signore e il suo Dio». Quella sera Tommaso non poteva immaginare dove il Signore l’avrebbe portato, ma sapeva quale fosse la Via. Con la forza del pane che veniva spezzato nelle piccole comunità l’ottavo giorno, il Giorno del Signore, e la grazia di una fede ricevuta Tommaso riprese il cammino. Secondo la tradizione della Chiesa antica, dopo avere ricevuto il dono dello Spirito insieme agli altri discepoli, Tommaso lasciò Gerusalemme e si diresse a nord, verso la Siria annunciando la morte e la risurrezione del suo Signore e del suo Dio. Ovunque, nei fratelli e nelle sorelle che incontrava, vedeva il corpo piagato e glorioso del Signore. Dalla Siria proseguì verso Oriente evangelizzando i Parti e, continuando a camminare, raggiunse l’India, dove subì il martirio, trafitto da un colpo di lancia, come quello che sul Golgota aveva fato sgorgare dal fianco di Gesù «sangue e acqua» (Gv 19,34). Le piaghe che un giorno aveva voluto toccare nel corpo di Gesù, erano diventate le sue stesse piaghe. «Non sono più io che vivo – scrive san Paolo ai cristiani della Galazia – ma è Cristo che vive in me» (Gal 2,20). Si racconta che quando il diavolo cercava di ostacolarlo nel suo cammino di evangelizzazione presentandosi con le sembianze di Cristo, Tommaso, senza scomporsi, si limitava a dirgli: «Dove sono le tue ferite?». E il diavolo scompariva.
Rete mondiale di preghiera per il papa: aprile
Intenzione di preghiera del papa Preghiamo perché vengano riconosciute in ogni cultura la dignità delle donne e la loro ricchezza, e cessino le discriminazioni di cui esse sono vittime in varie parti del mondo.
Intenzione dei vescovi Preghiamo perché la Chiesa, docile all’azione dello Spirito, rifugga ogni discordia e divisione e viva l’unità e la comunione.
don Giancarlo Gambasin
Rettore della Chiesa del Corpus Domini