Coronavirus. La carità non si arrende. Non solo cestini con il pranzo, per chi è in difficoltà. Soprattutto vicinanza
«Se la dimensione della Parola, quella dei sacramenti e quella comunitaria subiscono inevitabili limitazioni, non può invece venire meno la dimensione della carità di cui voi, in prima linea, siete i testimoni nelle e con le vostre comunità».
Con queste parole mons. Carlo Roberto Maria Redaelli e don Francesco Soddu – rispettivamente presidente e direttore Caritas italiana – esortano tutti i volontari a proseguire con il loro lavoro anche in questo momento di emergenza e sottolineano che «le comunità cristiane accettano con spirito di lealtà e di collaborazione quanto chiesto dalle autorità competenti per affrontare nel migliore dei modi l’epidemia e limitare il contagio».
Lavarsi spesso le mani, evitare il contatto ravvicinato con persone che soffrono di infezioni respiratorie acute, evitare abbracci e strette di mano e, nei contatti sociali, mantenere una distanza interpersonale di almeno un metro sono le principali misure igienico-sanitarie da rispettare presenti nel Decreto del presidente del Consiglio dei ministri firmato da Giuseppe Conte lo scorso 8 marzo.
Le limitazioni che giustamente il Dpcm richiede – dalla chiusura dei luoghi di culto alla sospensione delle manifestazioni fino alla lontananza fisica di almeno un metro – fanno capire quanto la vicinanza con il nostro prossimo, che prima davamo per scontata, è, invece, un bisogno fondamentale dell’essere umano, di cui in questi momenti si sente con forza la mancanza.
Se la maggior parte di noi si sta riorganizzando per trascorrere più tempo possibile in casa, ci sono realtà come Caritas, Cucine economiche popolari, Comunità di Sant’Egidio, frati Cappuccini che ogni giorno continuano con dedizione a stare vicino a chi è in situazione di svantaggio.
«Nonostante l’emergenza Coronavirus – spiega Mirko Sossai della Comunità di Sant’Egidio di Padova – il nostro obiettivo è quello di non lasciare nessuno solo, in particolare le persone più fragili e vulnerabili. Per questo stiamo proseguendo il nostro lavoro applicando le norme igienico-sanitarie richieste dal governo, ma senza far mancare la solidarietà».
Prosegue, infatti, l’accoglienza notturna alle persone senza dimora che la Comunità di Sant’Egidio porta avanti nel centro parrocchiale della Cattedrale di Padova in collaborazione con la Caritas. «Spieghiamo agli ospiti – prosegue Sossai – quali sono le regole di igiene da rispettare, distribuiamo disinfettanti per le mani e abbiamo cercato di evitare che vivessero a stretto contatto».
Non si fermano neanche le distribuzioni itineranti di pasti che i volontari di Sant’Egidio fanno il martedì e giovedì sera per le strade della città. Solo che adesso si procede alla consegna di sacchetti singoli all’interno dei quali ci sono due panini, una bibita, un dolcetto e dei gel igienizzanti. Il lavoro dei volontari sulle strade, in questo momento, è ancora più prezioso perché la città si è svuotata e le persone senza dimora hanno paura di trovarsi ancora più sole di prima.
«L’aspetto più complicato – conclude Sossai – date le attuali indicazioni contenute nel Dpcm, è stare vicini agli anziani che vivono negli istituti. Ma non ci siamo persi d’animo e, grazie alla presenza di tanti giovani fra i nostri volontari, ci siamo inventati nuovi modi per stare vicino a queste persone, ad esempio facendo recapitare loro delle lettere e dei messaggi video. Può sembrare una cosa piccola, ma in realtà è un gesto importante per rompere l’isolamento».
Il telefono è, invece, il mezzo che permette alla Comunità di Sant’Egidio di essere vicina agli anziani che vivono in casa da soli e a tutte le famiglie che durante l’anno frequentano i doposcuola della Scuola della pace in città.
In questi giorni non si è fermato neanche il lavoro delle Cucine economiche popolari in via Niccolò Tommaseo a Padova. «Appena sono state rese note le indicazioni del governo – spiega la direttrice suor Albina Zandonà – abbiamo provveduto a riorganizzarci. Per prima cosa nel rispetto della salute dei volontari e seguendo le indicazioni del decreto che invita a stare il più possibile a casa abbiamo ridotto i turni. Abbiamo poi per il pranzo dimezzato i 98 posti in sala e organizzato turni di accesso che consentono di mangiare all’interno della mensa, mantenendo distanze adeguate e senza sostare negli spazi comuni. Mentre alla sera consegniamo un cestino da consumare fuori perché chiudiamo alle 18 come gli altri luoghi di ristorazione. Prevediamo anche l’igienizzazione delle mani per tutti i fruitori del servizio».
In mensa si entra dalle 11.30 alle 13.30 attendendo il proprio turno all'esterno e la sera si distribuisce il cestino 17 alle 18. Le docce sono possibili dalle 8 alle 10.30 del mattino con accesso limitato a tre persone alla volta e attesa del proprio turno all’esterno dello stabile. Sospesi, invece, i servizi di lavaggio vestiti e distribuzione indumenti. Il servizio medico è attivo solo su appuntamento.
Sospesi, invece, domenica 15 marzo, i Pranzi di solidarietà della domenica. Nati più di vent’anni fa presso le Cucine economiche popolari, negli anni sono arrivati a coinvolgere 30 parrocchie del territorio e 700 volontari che distribuiscono circa 12 mila pasti gratuiti l’anno.
Per chi ne avesse bisogno domenica 15 marzo è possibile ritirare un cestino per il pranzo dalle ore 12 alle ore 13 presso le Cucine Economiche Popolari, via Tommaso 12.
Anche i frati Cappuccini non si sono persi d’animo e se a Thiene hanno chiuso la mensa, che giornalmente ospitava poco più di una decina di persone, hanno però provveduto a distribuire, presso il santuario della Madonna dell'Olmo, dei cestini pranzo a chi ne fa richiesta. Mentre a Padova la mensa dei Cappuccini di san Leopoldo Mandić è aperta e distribuisce solo pacchi pranzo invitando, le persone a non sostare all’esterno della mensa formando piccoli gruppi.