Carità, voce del verbo educare. Una sfida che continua, con il rientro in classe
Una sfida che continua. Al rientro in classe dopo i lunghi mesi di lockdown, alcune note di pastorale per l’educazione e la scuola. Foto di Michele Simionato
L’esperienza di emergenza sanitaria che stiamo attraversando ha inciso fortemente sulla scuola sia sul piano organizzativo, sia sulla riflessione sul senso e sul valore che essa continua ad avere nella nostra società; riflessione che forse anche prima di oggi avrebbe meritato più spazio nelle nostre comunità, alla luce degli orientamenti pastorali Educare alla vita buona del Vangelo, che hanno guidato la Chiesa italiana nel decennio 2011-20, dedicato proprio all’educazione.
Mi auguro che tutto questo stimoli le nostre parrocchie a:
1. mettere a fuoco la centralità dell’esperienza educativa in senso lato e a domandarsi se le varie proposte pastorali delle nostre comunità portino in sé questa dimensione.
2. Prendere a cuore e intensificare le relazioni con i vari soggetti dediti all’educazione, in primis la scuola: non possiamo non metterci in ascolto e non dialogare con chi segue per tante ore al giorno e per quasi tutto l’anno gli stessi ragazzi che frequentano (o non frequentano) i nostri ambienti; il confronto con loro porta sicuramente a un arricchimento. Sarebbe utile proporci di creare nel corso dell’anno alcune occasioni di ascolto e dialogo con chi opera nella scuola: dirigenti, docenti e personale amministrativo e ausiliario, a partire da chi, tra questi, condivide e vive la fede anche attraverso questo servizio-lavoro. Per questi ultimi, la domanda potrebbe essere: quanto incide la mia fede e la mia appartenenza alla Chiesa nel mio lavoro e nella missione di educare a cui mi sento chiamato?
I dirigenti scolastici, soprattutto degli istituti comprensivi, guardano con grande fiducia alla parrocchia, non con intenzioni di delega o supplenza, ma desiderio di confronto e collaborazione: corrispondere a queste attese può essere il frutto maturo dell’impegno che in questi anni abbiamo profuso nel porci in ascolto e al servizio del territorio e di chi lo abita.
3. Non considerare estranee ai temi che affrontiamo nella catechesi o nei percorsi formativi le questioni che vengono studiate a scuola, ma offrire ai ragazzi-studenti delle chiavi di lettura che, a partire dal Vangelo, aprano spazi di approfondimento e di confronto, rifuggendo dalla dinamica difensiva (apologia), ma aiutandoli a verificare la ragionevolezza e la bellezza degli assunti della proposta cristiana.
4. Prendersi a cuore le nostre scuole cattoliche, pur con tutte le fatiche e le preoccupazioni che queste comportano. Ciò vale sia per le scuole dell’infanzia disseminate sul territorio della Diocesi, affinché siano sempre più scuole della comunità cristiana, espressione di essa e dello stile evangelico che dovrebbe caratterizzarla; ma vale anche per le scuole cattoliche di altro ordine e grado: perché non invitare le famiglie a scegliere per i propri figli un percorso educativo che, accanto alla serietà del curriculum, proponga anche una visione e un’interpretazione cristiana della vita e del sapere nelle sue pluriformi sfaccettature?
5. Un’attenzione particolare all’insegnamento della religione cattolica a scuola: pur con tutti i limiti del sistema attuale, è palese il valore che questa materia ha per i bambini e vorrei dire ancor più per i pre-adolescenti e gli adolescenti. Gli insegnanti di religione non sono perfetti, ma la grande maggioranza di loro avverte nell’insegnamento una vocazione e vive il mandato che riceve dalla Chiesa con responsabilità e professionalità. A loro chiedo di farsi presenti ai parroci dei luoghi dove insegnano, mettendosi a disposizione anche per costruire ponti tra la parrocchia e la scuola. D’altro lato, spero che anche le parrocchie di appartenenza sappiano valorizzare la loro competenza nei vari ambiti pastorali. Credo poi che valga la pena, almeno qualche volta nel corso dell’anno, di ricordare ai genitori che la scelta di avvalersi dell’irc è un’opportunità che una famiglia cristiana non può perdere, sia per il suo essere complementare ai percorsi di iniziazione cristiana, sia perché aiuta a riflettere sulla fede e sulle grandi domande della vita che tutti ci portiamo dentro.
6. Valorizzare o attivare il sostegno scolastico nei nostri centri parrocchiali (ad esempio il dopo-scuola): a livello diocesano, in stretta collaborazione con Caritas, Noi associazione e la Pastorale dei giovani, in questi due ultimi anni stiamo cercando di supportare le esperienze di assistenza scolastica pomeridiana presenti nelle nostre parrocchie e di farne nascere di nuove, non in termini di sostituzione o sovrapposizione ad altri “servizi sociali” presenti, ma come risposta concreta all’appello che emerge dal vissuto in termini di povertà educativa.
La pastorale scolastica (come ogni altra azione pastorale) non è un ufficio a farla, ma è la Chiesa nelle sue varie articolazioni, a partire dalla parrocchia. A convincerci di questo è la testimonianza di grandi esempi del recente passato ma anche del presente che hanno interpretato l’educazione come una delle forme più alte di carità, soprattutto in questo tempo di fragilità in cui siamo chiamati a porla al centro del nostro agire ecclesiale.