Barbarigo. Cent’anni aperti sul futuro
Il ricco programma di eventi che scandirà il centenario si apre il 21 settembre con la messa d'inizio anno a cui sono invitati anche tutti i preti che hanno prestato servizio al Barbarigo. Il 29 settembre la festa degli ex allievi.
Una cosa è certa, ed è che il centenario del Barbarigo non arriva come una fastidiosa incombenza supplementare. Il cantiere era aperto da tempo: quello che nasconde oggi alla vista buona parte degli edifici che si affacciano sull'antico chiostro, e quello in cui don Cesare Contarini, gli insegnanti, il personale non docente si adoperano quotidianamente, impegnati nell'opera di costruzione forse più difficile e delicata che ci sia: quella di adolescenti da accompagnare a un tornante cruciale della vita. Quando inizi a capire chi sei, e cosa vorresti diventare.
Il Barbarigo è bello, poco da fare. Salta agli occhi entrando, lo noti nei dettagli, siano i banchi nuovi come le sedie per la mensa, l’aula magna come lo splendido giardino. E anche a voler concedere che la forma non sempre garantisce la bontà del contenuto, nella bellezza degli ambienti già intuisci che l'attenzione alla persona, a ogni singolo ragazzo, non è uno slogan o un dettame burocratico, ma un impegno che passa anche dalla cura degli spazi e dei tempi dello studio. Perché il mondo cambia velocemente, e se vuoi tenere il passo nulla va lasciato al caso, nemmeno l'estetica. A maggior ragione oggi che in classe incontri una generazione ricca sì di potenzialità, ma non meno afflitta da problemi. Perché, diciamolo chiaro, essere bravi insegnanti, oggi più che mai, è una sfida. Una vocazione, non un semplice lavoro.
«I documenti ministeriali disegnano oggi un volto di scuola ben diverso da quella che abbiamo conosciuto noi adulti. Non si tratta solo di insegnare nozioni. Se l'obiettivo è il successo scolastico e formativo di ogni ragazzo, come viene chiesto alla scuola italiana, è chiaro che siamo chiamati a un intervento personalizzato, quasi a ritagliare un abito su misura per ciascuno. Ci sono i bisogni educativi speciali, innanzitutto. Ma c'è anche tanto bisogno di capire, perché ci confrontiamo con ragazzi che appaiono più fragili di un tempo, sicuramente più soli, troppo spesso in balia dei social e della rete. "Non ha voglia di studiare, è immaturo"... il primo invito che faccio sempre ai miei insegnanti è quello di non cadere nella tentazione di giudizi superficiali. Il nostro compito è esattamente l'opposto: "prenderli" come sono, per aiutarli a diventare quello che possono. Di solito, alla fine, ci sorprendono».
E come si fa?
«La cura personalizzata significa, ad esempio, che il rettore li conosce tutti, uno a uno. E in caso di difficoltà può costruire un percorso insieme alla famiglia: con la consapevolezza che Luca è diverso da Nicola, che i loro obiettivi di vita sono diversi, ma che entrambi devono sentire questa scuola come casa loro. Formare un ragazzo significa per prima cosa riconoscerne la piena soggettività, la dignità e la libertà personale, accompagnandone la crescita con gradualità e in dialogo con la famiglia. Senza per questo abbassare gli standard educativi, tutt'altro. Prima della supervisione del rettore c'è un lavoro dei docenti divisi per dipartimenti disciplinari, ci sono griglie comuni di valutazione, ci sono insegnanti esperti che accompagnano i colleghi più giovani come tutor. E in tutto questo vedo oggi il segno di una tradizione educativa della nostra chiesa che non ha solo un passato fatto di tanto bene, ma un grande campo in cui impegnarsi nel futuro».
Il Barbarigo vuole essere “scuola cattolica diocesana per il territorio”. Cosa c’è dietro una promessa così impegnativa?
«Cattolica e diocesana perché ci teniamo a dire in maniera chiara la nostra identità. Certo, non siamo più la scuola cattolica di trent'anni fa, ma una proposta esplicita viene fatta. Marcare il dialogo col territorio significa ricordare sempre che una scuola non è un'isola. Dalla visita a un museo all'alternanza scuola-lavoro, dall'incontro con un'azienda alla scoperta di un monumento, tutto concorre ad allargare la mente e radicare la propria esperienza di vita nel contesto sociale. Che non è solo Padova, sia chiaro: lunedì 4 giugno dodici nostri ragazzi partono per svolgere l'alternanza scuola-lavoro all'estero. Studiare le lingue in classe è un conto, ma vuoi mettere dover parlare ogni giorno in azienda?».
Oggi gli studenti sono 280. Chi sceglie il Barbarigo lo fa perché è una scuola cattolica, perché cerca standard educativi d'eccellenza, perché ci è andato anche papà?
«Non c'è una sola ragione. Certamente alcuni genitori ritengono la scuola cattolica un valore in più, così come altri si avvicinano a noi perché sicuri di trovare un ambiente formativo di alta qualità. E c'è anche chi ha una tradizione di famiglia... ma attenzione: oggi sono i ragazzi a scegliere, non i genitori. E proprio per questo il rapporto che i professori sanno instaurare con la loro classe è decisivo, più di ogni altra considerazione. Anche perché il principio d'autorità è solo un ricordo del passato. Oggi o sai far leva sull'autorevolezza, o la partita è persa in partenza».
L'ultimo bilancio del Barbarigo si è chiuso, forse per la prima volta in 100 anni, senza debiti e anzi con un leggero avanzo. Avete aumentato le rette?
«No, quelle sono ferme da sei anni e abbiamo anche introdotto agevolazioni per le famiglie con Isee basso. Il buon andamento dei conti si spiega con la rimodulazione di alcuni contratti, grazie anche alle agevolazioni introdotte dal Jobs act, con l'apertura della scuola a tante iniziative che qui trovano ospitalità, con il numero di iscritti stabile che ci ha permesso di pianificare l'andamento finanziario con più serenità. Il Barbarigo lungo un intero secolo è stata una risorsa preziosa per la diocesi, contribuendo a formare migliaia e migliaia di giovani. Oggi possiamo dire che non rappresenta nemmeno un costo».
Sono mesi di lavori importanti. Il Barbarigo allarga i suoi spazi e si appresta a ospitare in un'ala ripristinata anche le Fondazioni culturali della diocesi: Lanza, centro Toniolo, Bortignon. Cosa sta nascendo?
«Come scuola guadagniamo sei nuove aule, al momento senza una destinazione prestabilita ma con tante idee che vanno maturando. Ma soprattutto questo centenario vede incrociarsi diversi percorsi, intimamente legati tra loro: facciamo memoria di un secolo d'impegno formativo, e al tempo stesso guardiamo al futuro anche sotto l'aspetto giuridico. Oggi il Barbarigo è una fondazione canonica senza riconoscimento civile, in sostanza una proprietà personale del vescovo di Padova. L'obiettivo che ci siamo dati è quello di inserirlo nell'alveo della Fondazione Bortignon, e al tempo stesso allargare la visuale a una forte collaborazione con le diverse fondazioni in cui matura il pensiero applicato della nostra chiesa in ambito educativo, della pastorale sociale, della bioetica, dell'attenzione all'ambiente. Realtà che possono arricchire in maniera straordinaria i nostri percorsi didattici e che presto saranno tutte concentrate qui, nell'ala che ospita al piano terra la ex chiesa: avremo fianco a fianco aule per lezioni, sale per incontri, biblioteche, una contaminazione quotidiana di esperienze e saperi che costituirà per Padova un polo unico per dimensioni e qualità, vista anche la vicinanza della Facoltà teologica del Triveneto».
Il futuro è un cantiere…
«Un cantiere di cultura, di formazione… e di bellezza. Sono convinto che crescere nel bello, anche delle cose più semplici, aiuti poi a riconoscerlo attorno a noi, nelle esperienze e nelle persone che incrociamo. Educhiamo alla bellezza i nostri ragazzi: è la strada migliore per aiutarli a costruirsi una vita piena».