Il sogno di Francesco, la fede nella storia, la grande avventura dell’amore. La segnalazione mensile di critica letteraria
Il Papa in Iraq, tre storie di donna, il segreto di un matrimonio felice.
Il sogno che sembrava rimanere tale e che invece mostra come l’impossibile talvolta sia possibile con la circolarità preghiera-parola-azione. Questo potrebbe essere il succo elementare di un’avventura, quella di papa Francesco in Iraq, (in questi giorni di nuovo colpito dall’ennesimo lutto: gli oltre settanta morti nell’incendio dell’ospedale di Nassiriya), nel marzo di quest’anno, per non dimenticare, cosa che il libro che vi presentiamo invita giustamente a non fare, il documento “sulla fratellanza umana” di Abu Dhabi, firmato da Francesco e dal grande Imam sunnita di al-Azhar. Due eventi ripercorsi ora in “Le chiavi della pace. Il viaggio di Francesco nella terra di Abramo” da due giornalisti di “Avvenire”, Stefania Falasca e Luca Geronico. La prima ha seguito il viaggio del pontefice, il secondo è stato testimone come inviato di alcune delle pagine più drammatiche da oltre trent’anni di quella martoriata zona del Medio Oriente. Ambedue, con interviste, riflessioni, articoli, colloqui, ricostruiscono eventi che qualche anno prima sarebbero sembrati semplicemente fantasie di un folle utopista e che hanno fatto pragmaticamente quello che partiti, fazioni e grandi potenze non sono riusciti a realizzare in tanti, troppi anni. Anche perché le testimonianze dirette che fanno di questo libro un importante e realistico documento sulla situazione di quella regione, ci fanno capire alcune elementari ma importanti realtà: il martirio di molti, la precarietà e il continuo rischio di miseria e di morte cui sono stati sottoposti i perseguitati dall’ emirato del Daesh, la situazione, ancora oggi, di gente che ha dovuto abbandonare case, affetti, amicizie, per salvarsi e tentare di ricominciare tutto da capo dopo aver costruito una vita e un focolare: questo sia detto per coloro che coltivano il vulgato sospetto che chi scappa lo faccia solo per raggiungere il mito del benessere d’occidente o per altri reconditi motivi. Inoltre, le testimonianze qui raccolte parlano di persecuzioni che non colpiscono solo cristiani, ma minoranze all’interno del mondo arabo e quanti non condividono ideologie e metodi degli integralisti. Appare ai nostri occhi una situazione complessa e legata non solo alle fazioni politiche, ma al commercio d’armi. E inoltre ci racconta di come ogni vero viaggio sia anche ripercorrere strade che portano alle radici di tutto, come quello di Francesco ad Ur, dove è iniziato il viaggio di Abramo e delle tre religioni monoteiste.
Stefania Falasca e Luca Geronico, “Le chiavi della pace. Il viaggio di Francesco nella terra di Abramo” In dialogo, 157 pagine, 15 euro.
La triade narrativa non è una novità nel campo letterario, e vanta prestigiosi precedenti: il Flaubert dei “Trois contes”, per poi passare, mezzo secolo dopo, al Cesare Pavese de “La bella estate” e infine un nostro grande scrittore, purtroppo ancora ignorato, Tommaso Landolfi, con i suoi “Tre racconti”, uscito nel 1964, con il femminile assurto a vero protagonista della scena narrativa. Sessant’anni dopo Landolfi, ecco che di nuovo uno scrittore, Gianni Andrei, in “Il risvolto delle foglie” riunisce tre storie in cui la donna è al centro dell’orizzonte narrativo. La prima storia, “I profumi del paradiso”, affronta il tema della moltiplicazione dei punti di vista, della creazione di realtà ulteriori, della leggenda e dei fantasmi, come avevano fatto alcuni tra i romantici più attenti alla trascendenza. Il secondo racconto di Andrei, “Una notte di San Giovanni”, è invece un ritorno con i piedi per terra, anzi, nella storia: la memoria dell’olocausto romano con gli oltre 1000 ebrei trascinati nei lager (ne sopravvissero solo sedici), in cui fede e sfruttamento della credulità popolare si fondono con una storia d’amore, il che può sembrare irriverente per un episodio così tragico dell’accidentato cammino umano, se non fosse che la letteratura ha il dono di narrare odio e amore, trasfigurando quella storia in nuove speranze per noi tutti, figli e nipoti compresi. In realtà il racconto rappresenta il rifiorire e la permanenza della speranza al di là delle barriere e delle divisioni razziali. E dell’orrore stesso. In “Il miracolo interrotto” è stavolta l’attualità più prossima a noi ad essere narrata attraverso l’incontro tra scelte di vita diverse e apparentemente opposte che porteranno però alla condivisione del dolore e al tentativo di salvare coloro che vengono additati come i nemici dai costruttori di morte. Come si vede il femminile è l’elemento fondante, nella prima come archetipo eterno, nella seconda come sotterranea linfa che porta la vita oltre l’orrore, nella terza come individuazione dei modi in cui la cura si incarna nella storia umana. Anche solo attraverso l’apparente inutilità di “una piccola tau francescana, intagliata su una scheggia di ulivo”. Dovrebbero leggere quest’ultimo racconto le persone alla ricerca del viaggio oltre l’occidente. Perché riesce a farci capire come il raccoglimento, la meditazione, il silenzio, il contatto con la natura e nello stesso tempo con la comunità non sono da ricercare nel lontano oriente, ma anche qui, a saper vedere.
Gianni Andrei, “Il risvolto delle foglie”, Robin, 262 pagine, 14 euro.
Perchè non dura, per quale ragione il matrimonio oggi sembra fallire il suo obiettivo di far vivere due persone e i loro figli insieme? Perché ad ogni refolo di vento ci si dice “non sei quello/a che credevo”, “Mi sono stancato/a”? A queste domande cerca di rispondere Riccardo Mensuali, sacerdote e rettore della Chiesa di Santa Maria Stella Maris a Ostia, membro della Pontificia Accademia per la Vita nel suo “Leggero come l’amore”. Che parte da molto lontano, da molto prima del sapiens sapiens: uno degli elementi a favore del “tutto e subito, guai ai deboli e a chi rimane indietro, quando è finita è finita” sarebbe che il nostro cervello in fondo fa parte di un organismo arcaico che badava a sopravvivere e ad accoppiarsi per la sopravvivenza della specie. Mensuali ricorda però che le ragioni dell’evoluzionismo dovrebbero essere spiegate fino in fondo e non usate a fini soprattutto darwinian-deterministici: se tutto è in dinamica, se tutto si evolve, allora anche il cervello umano si evolve e non rimane più di quello di milioni di anni fa, creando così nuovi universi di senso oltre che di piacere. E questo piacere è guarda caso anche oggi un insieme della antica spinta alla riproduzione, ma allora anche di difesa del nido, quando lo sviluppo della specie umana ci portò lentamente alla famiglia, alla stabilità, alla scelta, insomma, e, ha giustamente notato l’autore, “a far felice l’altro”, come il cardinale Giovanni Battista Montini, prima di divenire papa Paolo VI predicò durante la celebrazione di un matrimonio. Qui è il punto, e questo libro lo dice a chiare lettere: il soddisfacimento del piacere non è solo sessualità, ma anche empatia improvvisa per un altro, una infatuazione spesso fortissima e senza apparenti ragioni, e in “Leggero come l’amore” viene saggiamente riportato un esempio importante, perché viene dal laicissimo – anche se non manca chi non ne è convinto del tutto – Pirandello: in una sua novella, “Il lume dell’altra casa”, lo scrittore siciliano narra la storia dell’improvviso innamoramento di una madre di famiglia per uno sconosciuto, in una storia fatta di sguardi e riflessioni sul dolore e sulla solitudine. Solo che questo nuovo amore sconvolge una famiglia già formata e porta lentamente al rimorso e al voler tornare indietro. Non si tratta più di soddisfare le proprie brame, anche quelle intellettuali e altruiste, perché anche l’abitudine, i diverbi, il rumore e il silenzio hanno il loro fascino. Solo che il mercato, teso alla soddisfazione non solo materiale del tutto e subito, ha accelerato tempi che hanno, scrive giustamente l’autore, la loro necessaria lentezza. E bellezza.
Riccardo Mensuali, “Leggero come l’amore”, San Paolo, 233 pagine, 18 euro.