Austria. Il populismo in giacca di lana cotta
Il Partito della libertà fa ormai parte della storia democratica del paese, anche per la sua capacità di capace di restare al governo con tutti, benché accusato di razzismo, antisemitismo e nazismo soffuso. La scomparsa in circostanze tragiche di un leader storico come Jörg Haider e gli scandali legati alla corruzione non ne hanno intaccato la forza di penetrazione.
Non nasce oggi il populismo in Austria. C’è una storia lunga, retaggio dell’impostazione governativa dell’impero austro-ungarico, in grado per diverse centinaia d’anni di mantenere una sufficiente capacità relazionale tra genti di etnie, lingue, fedi differenti: unì ceppi germanici e magyari cattolici ed evangelici a slavi ortodossi e musulmani, passando per italiani forse mai completamente convinti del ritorno alla “patria”. E c’è un populismo d’immagine in Austria: sono le giacche di lana cotta coi bottoni d’argento, sono i guardiani delle Alpi, sono le continue discussioni sulla necessità o meno di aprire i confini ai profughi, in una terra, quella austriaca da sempre di passaggio.
Voti e scandali. Per certi versi, oggi ancor di più, l’Austria è punto di riferimento per i fenomeni populisti e nazionalisti europei: soprattutto grazie ai successi elettorali, sia locali che nazionali, del Partito della libertà austriaco (Fpö), capace di restare al governo con tutti, benché accusato di razzismo, antisemitismo, e nazismo soffuso.
In questo senso deve essere letto l’attuale risultato delle elezioni parlamentari dell’autunno 2013, che hanno visto la nascita di un governo di coalizione tra il Partito socialdemocratico d’Austria (Spö) e il Partito popolare austriaco (Övp); i quali, però, hanno perso rispetto ai precedenti risultati ben il 4,4 per cento dei voti, mentre un successo notevole, anche in previsione elettorale europea, ha nuovamente arriso al Fpö, con un guadagno di quasi tre punti percentuali e 40 seggi al Nationalrat e 4 al Bundesrat. Tutto questo – va detto – nonostante lunghe e complesse inchieste giudiziarie abbiano evidenziato una elevata corruzione anche ad alti livelli della formazione populista e un procedimento per finanziamenti illegali al partito.
Popolo e liberismo… Il Partito della libertà fu fondato nel 1956 con una visione decisamente pan-germanica, unendo le istanze nazionaliste e di reminiscenza dei fasti andati della cultura transnazionale austroungarica di tre partiti, il Partito rurale, quello della Grande Germania e quello della Federazione degli indipendenti. L’approccio, anche alla luce dei disastri derivati dal nazismo e dalla seconda guerra mondiale, fu di orientarsi verso un partito liberale e aperto alle richieste popolari. Ma negli anni si sostanziò come una compagine con interessi di estremo liberismo nazionale, marcatamente conservatore sul piano produttivo e fiscale, con un fortissimo collegamento con le tendenze euroscettiche europee e anti-religiose, a tratti di richiamo nazionalsocialista.
L’apogeo politico del Fpö si ebbe a partire dalla seconda metà degli anni ’80, con l’elezione a segretario nazionale di un focoso e istrionico personaggio della Carinzia, Jörg Haider, capace in pochi anni di radicalizzare la presenza del partito su posizioni sempre più rigide a livello locale, ma apparentemente aperte al dialogo con i partiti del centrodestra moderati.
Haider, il vero leader. La storia del partito divenne per quindici anni la storia delle intemperanze verbali filonaziste e della grande capacità affabulatoria del politico carinziano. Jörg Haider, che venne eletto governatore del Land Carinzia nel 1989, guadagnando la fiducia di fasce di elettori moderate. Ma col tempo fu anche costretto a bruschi dietro-front, sino alle dimissioni nel 1991 a causa di dichiarazioni ufficiali nelle quali elogiava le politiche del lavoro del Terzo Reich.
Sulla scia della sua forte personalità, comunque, il Fpö seppe presentarsi come forza di governo, abile nel tessere alleanze e nell’appoggiare sino al 2002 il Cancelliere popolare Wolfgang Schüssel, in un governo palesemente chiuso all’interno dei confini austriaci, con punte di intemperanza nazionalista e osteggiato sia all’interno, con molti elettori cattolici ed evangelici che criticarono il loro stesso partito, sia dall’Unione europea.
Occhi puntati su Vienna. Oggi Haider non c’è più, è morto tragicamente nel 2008. Ma ciò che ha lasciato – tra scissioni, un nuovo partito da lui fondato (Bzö, Alleanza per il futuro dell’Austria), contrasti con quello che è poi divenuto l’attuale segretario nazionale e suo ex delfino Heinz-Christian Strache – è un esempio lampante di continuità tra un partito che rappresentava il passato e che oggi è parte integrante di un sistema politico liberale e democratico sino a esprimersi anche come partito di governo.
Il Fpö rappresenta la continuazione della tradizione austriaca-nazionalista: raccoglie matrici populiste, nazionaliste e antieuropee e al contempo si pone in aperto confronto politico con gli altri partiti del paese. Gli eredi di Haider non hanno mai realmente rinunciato alle ispirazioni nazional-socialiste e anti-semite, e rimane vivo l’orientamento pan-tedesco. E, in vista del voto europeo di maggio, varie formazioni nazionaliste e populiste di altri paesi guardano con attenzione a quanto accade a Vienna.