Migranti, strage silenziosa in mare: 700 bambini morti nel 2015
Mons. Perego (Migrantes) ricorda che "i morti sono più che raddoppiati nel 2015 rispetto al 2014: da 1600 a oltre 3200. Continuano le morti di bambini, dimenticate: oltre 700 dall’inizio dell’anno”. E aggiunge: “L’Europa che trova risorse per bombardare, non trova risorse per salvare vittime innocenti”. L’impegno solidale della Chiesa indica una strada possibile, ma la paura del terrorismo accresce la chiusura dell’Europa.
“Una tragedia annunciata", una nuova “strage degli innocenti” che si consuma ormai da mesi davanti ad un’Unione Europea "indifferente e sorda al grido di un’umanità che cerca giustizia”.
Così il Centro Astalli commenta l'ennesimo naufragio nel mar Egeo dove hanno perso la vita undici persone tra cui cinque bambini afghani di cui un neonato di sei mesi. Il barcone carico di migranti su cui si trovavano si è ribaltato al largo delle coste della Turchia.
“Per l’ennesima volta il Centro Astalli torna a chiedere che vengano adottati immediatamente canali umanitari sicuri - sottolinea il presidente Camillo Ripamonti - Si stabiliscano vie legali che interrompano quella che ormai si configura come una vera e propria “ecatombe del Mediterraneo”.
Morti più che raddoppiati quest'anno
Ma non sono solo i bambini a trovare la morte nel tentativo di attraversare il Mediterraneo: “I morti sono più che raddoppiati nel 2015 rispetto al 2014: da 1600 a oltre 3200. E oltre 700 sono i bambini annegati dall’inizio dell’anno”, denuncia oggi il Direttore Generale della Fondazione Migrantes, Mons. Gian Carlo Perego.
“L’Europa che trova sempre risorse per bombardare, non trova risorse per salvare vittime innocenti. L’operazione europea Triton non ha saputo rafforzare il salvataggio in mare delle vite umane rispetto all’operazione italiana Mare Nostrum – continua Mons. Perego – una vergogna che pesa sulla coscienza europea. L’Europa sembra ora – a fronte della minaccia terroristica – giustificare i muri e la chiusura delle frontiere, oltre che il disimpegno nel creare canali umanitari che avrebbero potuto oltre che salvare vite umane, combattere il traffico degli esseri umani, una delle risorse del terrorismo”.
Duro anche il giudizio sulle politiche di identificazione
“L’accoglienza ai nostri porti, anziché in centri di accoglienza aperti sembra affidarsi ancora una volta a centri chiusi, gli ‘hotspots’, come dimostra il Centro di accoglienza di Lampedusa: più di 20 mila persone arrivate al porto e trasferite nel Centro, chiuso ad ogni ingresso e uscite. La paura insieme alla convenienza sembra far ritornare indietro di anni il cammino di protezione internazionale costruito in Europa”.
L'impegno solidale della chiesa
Continua invece l’accoglienza dei richiedenti asilo e protezione internazionale che, dopo l’appello di Papa Francesco del 6 settembre scorso, è cresciuta nelle strutture ecclesiali, nelle parrocchie e nelle famiglie, conclude il direttore della Migrantes realizzando “un’accoglienza diffusa, costruita insieme, senza conflittualità. Un’accoglienza intelligente che aiuta anche a conoscere volti e storie di sofferenza e a costruire, in questo tempo di Avvento, percorsi e progetti di cooperazione internazionale. Ancora una volta la Chiesa costruisce un gesto concreto, che supera pregiudizi e contrapposizioni ideologiche, che accompagna le persone, nella prospettiva di una ‘cultura dell’incontro’ che sola rigenera le nostre città”.