L'Europa cerca l'accordo sui rifugiati ma crescono rifiuti e frontiere sigillate
Giovedì e venerdì ennesima riunione dei leader europei sull'immigrazione, ma aumentano le resistenze all'accoglienza. Parigi contraria a quote permanenti, Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia progettano la chiusura della rotta balcanica. Ecco la mappa delle frontiere "sigillate" del continente.
Giovedì e venerdì il Consiglio europeo riporta attorno a un tavolo i leader Ue alla ricerca di una strategia condivisa sull'immigrazione, ma per il momento l'unica cosa che sembra accomunare la maggior parte delle capitali è la voglia di pensare ciascuna per sé e limitare, in un modo o nell'altro, gli arrivi sul proprio territorio.
Sempre più sola sul fronte dell'accoglienza resiste Angela Merkel che insiste per una maggiore condivisione degli oneri, dopo che la Germania ha lasciato entrare, lo scorso anno, oltre un milione di rifugiati.
Il no della Francia
Ma in questa battaglia la cancelliera tedesca sembra essere stata abbandonata anche dal principale alleato: la Francia. Parigi “non è favorevole” ad un sistema di quote permanenti, ha chiarito il premier francese, Manuel Valls, secondo cui “l'Europa non può fare entrare tutti i migranti dalla Siria, dall'Iraq o dall'Africa”.
Per questo il paese accoglierà i 30 mila rifugiati che già si era impegnata a lasciare entrare nell'ambito del programma di relocation da Grecia e Italia ma niente di più: “Non ne prenderemo altri”, ha spiegato Valls, esprimendo apprezzamento per gli sforzi della Germania ma prendendo anche le distanze dall'atteggiamento di Berlino: “La Francia – ha ricordato – non ha mai detto 'venite in Francia'”, così come Merkel fece con i rifugiati siriani.
Il blocco di Visegrad
Sono invece intenzionati a passare alle vie di fatto per limitare gli arrivi i quattro paesi del blocco di Visegrad: Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia. I quattro si sono offerti di fornire aiuto a Macedonia e Bulgaria per sigillare i loro confini, sbarrando così la rotta dei Balcani occidentali che porta la maggioranza dei migranti che sbarcano sulle coste greche verso il nord Europa.
“Se la Grecia non fa il suo dovere, e non lo sta facendo, è più sensato per noi investire soldi nella protezione delle frontiere tra la Grecia e la Macedonia, la Bulgaria e gli altri paesi”, ha spiegato il premier slovacco, Robert Fico. Il blocco di Visegrad rimane anche contrario a un sistema di quote di redistribuzione di rifugiati tra gli Stati Ue che, sostiene, costituirebbe un ulteriore fattore di richiamo per i migranti.
L'Austria chiude i confini
Ultimi segni di una insofferenza diffusa, che si aggiungono a quelli già giunti da diversi altri Stati europei nelle ultime settimane. Così ad esempio l'Austria ha fissato un tetto massimo di 37.500 migranti da accogliere. Vienna prevede di raggiungerlo già “entro un mese” ma poco importa: poi scatterà la chiusura dei confini, anche con una barriera al Brennero, per evitare ingressi dall'Italia.
Svezia e Finlandia, via ai rimpatri
La Svezia, invece, dopo avere rigettato quasi la metà delle domande di asilo giunte lo scorso anno si prepara a rimpatriare quasi 80 mila persone. Esempio seguito dalla Finlandia, che ha annunciato piani di ritorno di circa 20 mila dei 32 mila migranti giunti sul suo territorio nel 2015.
Tentativi sparsi di limitare gli oneri per il proprio paese, di fronte ad una strategia europea dimostratasi finora inconsistente e che sempre meno capitali sembrano disposte a cercare davvero.