Solidarietà, umanità e più efficacia. I progetti dell'Europa per l'Africa
Dagli incontri dei leader europei e dei paesi africani più coinvolti, la consapevolezza che il fenomeno richiede una risposta complessiva su più piani, dal contrasto ai trafficanti al sostegno delle fragili economie locali. Le ong: investiamo sui corridoi umanitari.
Un piano d’azione a breve termine più efficace per combattere «i trafficanti di esseri umani, armi e droghe e i gruppi legati al terrorismo che hanno fatto del Mediterraneo e dell’Africa un cimitero».
Un intento condiviso, quello scaturito dalla riunione a Parigi tra i leader di Francia, Germania, Italia, Spagna, Libia, Ciad e Niger, che dovrebbe concretizzarsi in tre filoni di intervento riassunti dal presidente Macron: smantellare le reti di trafficanti, sostenendo i paesi africani nei loro progetti di rafforzamento della sicurezza e dando sostegno alle economie locali; supportare l’Onu nella stabilizzazione della situazione politica in Libia; infine, «garantire che le persone siano trattate con umanità» in Niger e Ciad e fare in modo che «procedure di asilo efficaci possano cominciare già in Africa», in collaborazione con l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) e l’alto commissariato dell’Onu per i rifugiati (Unhcr), sulla base di criteri precisi.
Ma la vera sfida rimane quella di far ripartire lo sviluppo, una delle leve più significative per interrompere l’emorragia di persone che lasciano l’Africa affidandosi alle reti di trafficanti e che di fatto «ingrandiscono le fila del terrorismo», come ha sottolineato il presidente del Ciad Idriss Déby ricordando che «questa crisi migratoria ci mette di fronte alle nostre responsabilità di affrontare il problema della povertà in tutti i paesi dell’Africa».
Quasi in parallelo all’incontro francese, Roma ha ospitato la seconda riunione della “cabina di regia” dei ministri dell'Interno di Ciad, Italia, Libia, Mali e Niger.
Ancora una volta, accanto all’impegno di contrasto ai trafficanti e di controllo dei confini, l’accento è andato sul sostegno economico da parte dell’Europa.
Piace il progetto lanciato dal ministro Minniti e dal suo omologo libico Aref Khoja per delineare dei progetti di sviluppo, sostenuti da un organico piano di investimento, per creare migliori condizioni di vita nelle città più interessate dalla presenza di quell’economia parallela basata sullo sfruttamento dei migranti e sul controllo delle partenze.
Un approccio duplice, insomma, che pare richiamare la campagna lanciata dalla Cei dal titolo “Liberi di partire, liberi di restare”, nella consapevolezza che le migrazioni sono parte integrante della storia dell’uomo ma rappresentano spesso anche un dramma di cui le popolazioni farebbero volentieri a meno, se messe nelle condizioni di rimanere nella propria terra.
E gli accenti emersi dal vertice di Parigi hanno trovato consenso anche nel mondo delle organizzazioni non governative, a partire da ActionAid e Amnesty International, che ribadiscono però come l’attenzione al fenomeno migratorio non debba tradursi in misure di polizia – magari affidate alle forze libiche – o in misure di detenzione inumane, ma debba accompagnarsi con la consapevolezza che «i flussi di migrazione regolare sono un'opportunità e non una minaccia per l’Europa».
Anche per questo, le organizzazioni ribadiscono la richiesta agli stati europei di promuovere e proteggere i diritti umani dei migranti attraverso l'apertura di corridoi umanitari, sulla scorta di quanto già sperimentato grazie soprattutto al mondo ecclesiale.
Proprio martedì sono arrivati all’aeroporto di Fiumicino altri 35 profughi siriani dal Libano, grazie al progetto promosso da Comunità di sant’Egidio, Federazione delle chiese evangeliche in Italia e Tavola Valdese.
Con questo nuovo gruppo, costituito da famiglie con molti minori, sono 900 le persone arrivate in sicurezza e legalmente in Italia, dal febbraio 2016, in accordo con i ministeri degli Esteri e dell’Interno.
Un modello replicato positivamente anche in Francia, dove il 5 luglio scorso è giunto un primo contingente di profughi con lo stesso progetto ecumenico e di società civile in vigore in Italia.
Sir