Papa Francesco ai media: lasciatevi ispirare dalla misericordia
Il messaggio di Papa Francesco per la 50ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali (8 maggio 2016), sul tema: “Comunicazione e Misericordia: un incontro fecondo”.
Nel testo un doppio appello a quanti hanno responsabilità istituzionali e ai pastori della Chiesa. Ai primi: “Sempre vigilanti sul modo di esprimersi nei riguardi di chi pensa o agisce diversamente, e anche di chi può avere sbagliato”. Ai secondi: “Superare la logica che separa nettamente i peccatori dai giusti”.
È la misericordia l’unica strada per una corretta comunicazione. Non c’è alternativa.
E questo vale sia per i “pastori nella Chiesa” sia per “quanti hanno responsabilità istituzionali, politiche e nel formare l’opinione pubblica”. Nel messaggio per la 50ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, che la Chiesa celebrerà il prossimo 8 maggio, Papa Francesco illustra tutto il suo pensiero su come “comunicazione e misericordia” possano stabilire “un incontro fecondo”. E lo fa già dalle battute iniziali del testo invitando “tutte le persone di buona volontà” a “riscoprire il potere della misericordia di sanare le relazioni lacerate e di riportare la pace e l’armonia tra le famiglie e nelle comunità”.
La misericordia, infatti, “è capace di attivare un nuovo modo di parlare e di dialogare”.
E qui, un po’ a sorpresa, Francesco cita Shakespeare, nell’anno in cui ricorrono i 400 anni dalla morte. “La misericordia non è un obbligo. Scende dal cielo come il refrigerio della pioggia sulla terra. È una doppia benedizione: benedice chi la dà e chi la riceve” (Il mercante di Venezia, Atto IV, Scena I).
Il linguaggio della politica.
Il “potere” della misericordia, dunque, coinvolge tutti: “famiglie”, “comunità”, “popoli”… E soprattutto chi esercita funzioni pubbliche. Per questo, dice Francesco, “è auspicabile che il linguaggio della politica e della diplomazia si lasci ispirare dalla misericordia, che nulla dà mai per perduto”.
Da qui l’“appello” a “quanti hanno responsabilità istituzionali, politiche e nel formare l’opinione pubblica, affinché siano sempre vigilanti sul modo di esprimersi nei riguardi di chi pensa o agisce diversamente, e anche di chi può avere sbagliato”. Infatti, osserva, “è facile cedere alla tentazione di sfruttare simili situazioni e alimentare così le fiamme della sfiducia, della paura, dell’odio”. Invece, “ci vuole coraggio per orientare le persone verso processi di riconciliazione, ed è proprio tale audacia positiva e creativa che offre vere soluzioni ad antichi conflitti e l’opportunità di realizzare una pace duratura”.
Senza orgoglio superbo
“Lo stile della nostra comunicazione sia tale da superare la logica che separa nettamente i peccatori dai giusti. Noi possiamo e dobbiamo giudicare situazioni di peccato – violenza, corruzione, sfruttamento, ecc. – ma non possiamo giudicare le persone, perché solo Dio può leggere in profondità nel loro cuore”.
Le parole dei pastori.
Ma la misericordia va applicata, in modo sostanziale, pure nella comunicazione ecclesiale. “Come vorrei – scrive Francesco – che il nostro modo di comunicare, e anche il nostro servizio di pastori nella Chiesa, non esprimessero mai l’orgoglio superbo del trionfo su un nemico, né umiliassero coloro che la mentalità del mondo considera perdenti e da scartare! La misericordia può aiutare a mitigare le avversità della vita e offrire calore a quanti hanno conosciuto solo la freddezza del giudizio”.
Per questo, spiega ancora, “lo stile della nostra comunicazione sia tale da superare la logica che separa nettamente i peccatori dai giusti. Noi possiamo e dobbiamo giudicare situazioni di peccato – violenza, corruzione, sfruttamento, ecc. – ma non possiamo giudicare le persone, perché solo Dio può leggere in profondità nel loro cuore”.
Secondo Francesco, “solo parole pronunciate con amore e accompagnate da mitezza e misericordia toccano i cuori di noi peccatori. Parole e gesti duri o moralistici corrono il rischio di alienare ulteriormente coloro che vorremmo condurre alla conversione e alla libertà, rafforzando il loro senso di diniego e di difesa”.
Prossimità e ascolto.
“L’incontro tra la comunicazione e la misericordia – chiarisce il Papa – è fecondo nella misura in cui genera una prossimità che si prende cura, conforta, guarisce, accompagna e fa festa. In un mondo diviso, frammentato, polarizzato, comunicare con misericordia significa contribuire alla buona, libera e solidale prossimità tra i figli di Dio e fratelli in umanità”. Per questo, è molto importante saper ascoltare. “L’ascolto – sottolinea Bergoglio – ci consente di assumere l’atteggiamento giusto, uscendo dalla tranquilla condizione di spettatori, di utenti, di consumatori.
Ascoltare significa anche essere capaci di condividere domande e dubbi, di percorrere un cammino fianco a fianco, di affrancarsi da qualsiasi presunzione di onnipotenza e mettere umilmente le proprie capacità e i propri doni al servizio del bene comune”.
E ancora: “Ascoltare significa prestare attenzione, avere desiderio di comprendere, di dare valore, rispettare, custodire la parola altrui”.
In definitiva: “Nell’ascolto si consuma una sorta di martirio” e “saper ascoltare è un dono che bisogna invocare per poi esercitarsi a praticarlo”. Prossimità e ascolto, allora, perché tra “comunicazione e misericordia” ci sia “un incontro fecondo”.