XXIII Domenica del tempo ordinario *Domenica 7 settembre 2014

Matteo 18, 15-20

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano. In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo. In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».

Amare il nemico

«Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano» (Mt 5,44): le indicazioni puntuali di Gesù su come affrontare i dissidi che minano le relazioni fraterne vanno illuminate da questo principio, che esclude ogni smania giustizialista. E libera persone e comunità dall’ansia di perfezione: non esistono comunità, gruppi e relazioni perfette quanto cammini continui di purificazione e santificazione. È un fratello, non uno qualsiasi, colui che incrina il rapporto; un fratello che sta a cuore, un fratello da aiutare, non da affossare sotto le critiche. Un fratello che ti dà modo di crescere nella via della santità: potrai praticare quella pienezza di ogni legge che è l’amore gratuito e incondizionato. Parafrasando i «se» di questo brano: se non subirai mai dei torti, non avrai modo di amare di quell’amore più grande a cui Gesù ti chiama («Se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani?» Mt 5,46). In altre parole la correzione fraterna innanzitutto fa bene a chi la pratica ed è cartina di sole dell’autenticità del cammino spirituale e della vera appartenenza alla comunità.

Buttar fuori-buttar dentro

Che cosa significa, alla fin fine, che colui che non riconosce la sua colpa è per te come il pagano e il pubblicano? Gesù, in fondo, è stato apostrofato come «un amico di pubblicani e di peccatori» (Mt 11,19). Nel vangelo di Matteo di pubblicani e peccatori – con cui il Maestro sedeva a tavola senza problemi – si scrive: «I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio» (Mt 21,31); «Io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori» (Mt 9,13). Quindi, come Gesù offrì se stesso per pagani e pubblicani, così tu puoi offrire te stesso per il bene di chi, comunque, resiste nell’errore. Perché non ti puoi ergere superbamente al di sopra di lui. Offri la tua pazienza, la tua tena- ce volontà di riconciliazione, il tuo perdono. Perciò, che chi commette colpe contro di te sia come i pubblicani e peccatori non suona affatto come un anatema, ma, in senso contrario, come il massi-mo e più forte invito a voler bene, a perdonare. La questione non è buttar fuori, ma buttar dentro (tutti, offensori e offesi) nel mare della misericordia divina!

Chiedere qualsiasi cosa?

Le parole solenni di Gesù sull’accordarsi per chiedere vanno legate strettamente alle indicazioni sul come recuperare la comunione dove la ferita della colpa può incancrenire, quando qualcuno si irrigidisce nel non dare ascolto agli ammonimenti. Più che «chiedere qualsiasi cosa», il testo – tradotto letteralmente – scrive «chiedere riguardo a qualsiasi impiccio-briga-difficoltà-molestia» ecc. Per restare nel fluire consequenziale dell’insegnamento che Gesù sta dando, qui non c’è un detto sul chiedere qualsiasi cosa, ma un detto su come sia fondamentale la preghiera comune ove vi siano liti ed incomprensioni. Preghiera che va fatta da chi subisce la colpa ed anche dall’insieme della comunità, a sostegno del cammino di riconciliazione.

Sinfonia

Il primo passo per affrontare liti e incomprensioni è trovare rifugio nella preghiera, non come via di fuga che disimpegna da altre azioni. C’è, infatti, un lavoro, uno sforzo da fare, indicato dalla frase ipotetica («se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo»): la preghiera è efficace se c’è accordo fra coloro che pregano e se tutto avviene nel nome di Cristo («dove sono due o tre riuniti nel mio nome»). Si tratta di sintonizzare e accordare il pensiero e i sentimenti «nel suo nome», perché egli si fa trovare da chi adora e medita. Due che si mettono d’accordo sulla terra: il verbo greco utilizzato indica la sinfonia, l’armonia di suoni nella bellezza di un’unica composizione. E l’armonia sboccia dove le differenze di timbro, nota, ritmo si compongono in ricca unità sinfonica.

Peccati parrocchiali 

In linea con l’insegnamento di questo vangelo domenicale è il monito di papa Francesco (udienza del 27 agosto scorso): «L’esperienza ci dice che sono tanti i peccati contro l’unità. E non pensiamo solo agli scismi, pensiamo a mancanze molto comuni nelle nostre comunità, a peccati “parrocchiali”, a quei peccati nelle parrocchie. A volte, infatti, le nostre parrocchie, chiamate a essere luoghi di condivisione e di comunione, sono tristemente segnate da invidie, gelosie, antipatie... E le chiacchiere sono alla portata di tutti. Quanto si chiacchiera nelle parrocchie! Questo non è buono. Ad esempio, quando uno viene eletto presidente di quella associazione, si chiacchiera contro di lui. E se quell’altra viene eletta presidente della catechesi, le altre chiacchierano contro di lei. Ma, questa non è la chiesa. Questo non si deve fare, non dobbiamo farlo! Bisogna chiedere al Signore la grazia di non farlo. Questo succede quando puntiamo ai primi posti; quando mettiamo al centro noi stessi, con le nostre ambizioni personali e i nostri modi di vedere le cose, e giudichiamo gli altri; quando guardiamo ai difetti dei fratelli, invece che alle loro doti; quando diamo più peso a quello che ci divide, invece che a quello che ci accomuna...».

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