XV Domenica del tempo ordinario *Domenica 13 luglio
Matteo 13, 1-23
Il primo atto d’amore
Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia. Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti». Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?». Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono. Così si compie per loro la profezia di Isaia che dice: “Udrete, sì, ma non comprenderete, guarderete, sì, ma non vedrete. Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile, sono diventati duri di orecchi e hanno chiuso gli occhi, perché non vedano con gli occhi, non ascoltino con gli orecchi e non comprendano con il cuore e non si convertano e io li guarisca!”. Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono! Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno».
Gesù stesso interpreta per noi la parabola del seminatore: ci può forse essere un commento più autorevole e affidabile? Aggiungo qualche nota. Balza immediatamente agli occhi la “generosità” del seminatore che, contro ogni evidenza, lascia cadere il seme anche là dove sembrerebbero impossibili nascita, crescita e frutto. Così è il cuore di Dio, che dona a tutti la possibilità di dare ascolto alla parola che salva: se non ora, nel futuro; se non completamente, almeno parzialmente. Quante volte ciascuno di noi si è reso conto di essere stato terreno sterile e quante volte ha ricevuto nuovamente il buon seme della Parola! Al popolo del Primo Testamento l’ascolto è stato indicato come il primo atto d’amore a Dio: «Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze» (Dt 6,4). Nemmeno amare si può, se prima tutto il nostro essere non si è aperto al mistero, in verità. Sarà banale ma non dobbiamo dimenticare che si ascolta davvero ciò e chi si ama; l’ascolto è il segno di una relazione autentica. Ascoltare è anche il primo atto d’amore alla vita, per riconoscerne il senso: sempre il Deuteronomio osserva che tu ascolti «i comandi, le leggi e le norme» del Dio dell’alleanza «perché tu sia felice e diventiate molto numerosi nella terra dove scorrono latte e miele, come il Signore, Dio dei tuoi padri, ti ha detto».
L’ascolto difficile
Oggi la macchina della comunicazione sociale riversa addosso alle persone fiumi di parole e di musica di dubbio valore, con il rischio dello stordimento e della confusione; oggi scarseggia il silenzio, proprio il silenzio fisico, a causa del forte aumento dell’inquinamento acustico rispetto alle generazioni passate. La capacità di ascolto ne soffre. C’è un ascolto monco della disponibilità di mettersi in discussione ed attivarsi (nella Sacra Scrittura, quando si tratta di Dio, ascolto sta invece per obbedienza fiduciosa); c’è chi sta a sentire per semplice curiosità intellettuale; chi filtra (talvolta stravolge) i messaggi secondo i propri pregiudizi ed altro ancora. Non è, allora, il Maestro che non parla, sono i nostri orecchi che non sono sempre e adeguatamente disponibili all’ascolto, quell’ascolto autentico che è esperienza che trasforma e apre al nuovo.
Ognuno a modo suo
Fra i cinque sensi l’ascolto è senz’altro quello più selettivo: nuotiamo incessantemente in un mare di suoni e perciò dobbiamo indirizzare l’attenzione in modo rapido a ciò che interessa e serve. Isaia, con la profezia tagliente ripresa da Gesù, denuncia che, venendo meno la relazione con il Signore, scema pure la volontà e la capacità di recepire il suo messaggio. Ponendosi lontani dal suo cuore, non si ha più a cuore la sua Parola, che viene bloccata nella sua forza generativa, descritta meravigliosamente sempre da Isaia nella prima lettura. «A voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato»: ci sono vocazioni diverse, percorsi diversi e momenti diversi nella vita delle persone. I discepoli chiamati da Gesù a stargli accanto per collaborare alla sua missione ricevono la semina adatta e sufficiente per il compito loro affidato. Non c’è però nessun insegnamento nascosto, riservato a pochi eletti («Nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto. Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio voi annunciatelo dalle terrazze» Mt 10,26s.).