Pentecoste *8 giugno 2014
Giovanni 20, 19-23
La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
Fuoco
«Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito santo» (At 2,3). Il fuoco è amore che brucia con passione e accende la passione; il fuoco è forza che non lascia intatto ciò che trova ma trasforma. Unico, si posa come dono specifico su tutti e ciascuno: l’unità non è mai uniformità e la comunione nella chiesa nasce dalla varietà dei carismi che si mettono in gioco, lietamente anche se non sempre facilmente, per l’arricchimento reciproco («A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune», seconda lettura). L’amore di Dio che scende come fuoco sugli apostoli è carico di passione, di desiderio per i suoi figli; e questo dono di fuoco trasforma un gruppo di persone codarde, chiuse in casa, in coraggiosi annunciatori della Buona notizia al mondo intero. Se pensiamo a come è stato definito questo tempo, “l’epoca delle passioni tristi” (dal titolo di un libro di Miguel Benasayag e Gérard Schmit), possiamo intuire la significatività di questo dono. Da una tristezza di fondo, dal futuro percepito non più come promessa ma come minaccia, si passa alla forza che riempie i cuori dei fedeli e accende in essi il fuoco del suo amore.
Ricevere lo Spirito
Già ho avuto modo di scrivere che «una candela accesa ne accende mille spente, ma mille candele spente non accendono nessuna candela»: occorre quindi ardere per accendere. Pentecoste insegna che la testimonianza è povera e vacillante se non è ispirata e accesa dal dono dello Spirito: non bastano orientamenti pastorali né organismi di partecipazione, per quanto utili. Giovanni evangelista attesta nelle parole del Maestro: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Il mandato è chiaro, come pure il mandante: desiderio ardente di Dio è far divampare il fuoco del perdono e della pace per tutta l’umanità. Ma non può dare chi non possiede: mi sembra una splendida definizione della vita cristiana quella di ricevere lo Spirito. Un cristiano operosamente e gioiosamente passa la vita ad imparare l’arte di ricevere il dono dei doni! Così che ogni azione, parola e pensiero possa scaturire da quella divina sorgente. Proprio in questa solennità di Pentecoste ringraziamo Dio per il dono di fuoco che consacra ben nove nuovi presbiteri a servizio della diocesi! Tessitori pazienti di comunione, dovranno ricordare che «vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti».
Respirare, ispirare
Dove si trovano le parole prima che vengano concepite nella mente ed enunciate dalla bocca? Dove si trovano le idee brillanti e le intuizioni penetranti? Ispirazione, è la scintilla che accende in noi idee, parole, immagini; e ispirare è appunto il modo di operare dello Spirito santo. «Nessuno può dire: Gesù è il Signore! se non sotto l’azione dello Spirito santo» (prima lettura). Il libro della Genesi narra che l’uomo fu creato con la materia dei primi cinque giorni della creazione e col «soffio di Dio», insufflato con forza e dolcezza nelle narici di Adamo. Il soffio è essenza personalissima e intima... e in tutto e per tutto il dar vita a quella statua di argilla assomigliò a un bacio, a una sorta di respirazione bocca a bocca. Il soffio con cui il Creatore diede vita ad Adamo (e in Adamo a ogni essere umano) è lo Spirito santo. Dio dà il suo stesso respiro, cioè comunica la sua vita all’uomo e lo crea a propria immagine. Ora Gesù risorto soffia sugli apostoli perché essi respirino lo Spirito. È una nuova creazione: il mondo decaduto viene rigenerato; il credente diventa sempre più somiglianza di Cristo; la chiesa appare come luogo dello Spirito che si effonde dovunque. Lo Spirito, sia vento che respiro, è libertà, movimento, mistero inafferrabile; scompiglia ciò che è rigido e bloccato; mette in scacco la pretesa di dominare e controllare il reale. Lo Spirito santo sa essere vento dolce che accarezza e conforta; tempesta potente che sconvolge e fa sentire piccoli; respiro interiore in quanto “ospite dolce dell’anima, dolcissimo sollievo”.
Senza o con
Dalla bocca dei bambini a volte sbocciano affermazioni spiazzanti, come in questo caso capitato a un parroco. Bambino: «Dove vanno le preghiere dopo che le abbiamo dette?». Parroco: «Vengono portate dove abita Gesù». B: «E chi è che gliele porta?». P: «Lo Spirito santo». B: «Mai sentito questo santo». P: «?!». B: «Non so come fa, io mi dimentico certe cose che mi dice la maestra». Chi è allora lo Spirito santo? L’azione della terza persona della Trinità è descritta in modo suggestivo da questo testo attribuito al patriarca greco ortodosso Ignazio IV (scomparso il 5 dicembre 2012): «Senza lo Spirito Dio è lontano, Cristo resta nel passato, il vangelo è lettera morta, la chiesa una semplice organizzazione, l’autorità dominio, la missione propaganda, il culto una semplice evocazione, e l’agire cristiano una morale da schiavi. Ma con lo Spirito santo e in una sinergia indissociabile il cosmo si solleva e geme le doglie del regno e l’uomo lotta contro la carne, Cristo risorto è vicino a noi, il vangelo diventa potenza di vita, la chiesa è segno della comunione trinitaria, l’autorità è servizio liberante, la missione è una Pentecoste, la liturgia è memoria e anticipazione e l’agire umano è divinizzato».