I domenica di Avvento (anno A) * 1 dicembre 2013

Matteo 24, 37-44

In quel tempo Gesù disse a suoi discepoli: «Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché non venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà preso e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata. Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».

Il dono degli inizi

Comincia un nuovo anno liturgico, comincia l’avvento: c’è una grazia degli inizi che è invito a riscuotersi, occasione per scacciar di dosso l’inerzia e il torpore spirituale. Il passo sia deciso e lieto, come nell’invito del profeta Isaia: «Casa di Giacobbe, venite, camminiamo nella luce del Signore»; ci accompagneranno nell’itinerario verso il Cristo Isaia, la Vergine Maria, Giovanni battista e Giuseppe.Il passo deciso e lieto, prima che il nostro, è quello del Signore che fa visita al suo popolo non per punire e castigare ma per la gioia dell’incontro, «così sarà la venuta del Figlio dell’uomo». Nell’antichità la visita del sovrano a una città non era solamente all’insegna del controllo, quasi un’ispezione severa e minuziosa. La sua venuta portava benefici e doni, era segno di attenzione tanto quanto richiedeva l’impegno di farsi trovare pronti.
L’invito a vegliare e a tenersi preparati risuona comunque in questo tempo in cui si moltiplica il segno dei nostri timori: impianti di sorveglianza, antifurti e allarmi, vigilantes e controlli, continui e insistiti lanci giornalistici che enfatizzano l’insicurezza – la cronaca nera che dilaga – dicono di gente che tende ad asserragliarsi in una paura esagerata, ad arroccarsi nel timore e nella diffidenza fatti sistema. 
Mettendoci in cammino per l’avvento professiamo la bellezza e la gioia di un Dio che fa visita all’umanità, che sorprende e stupisce nel suo nascere nella fragilità di un neonato. Isaia scrive di pace in una società e in una situazione geopolitica che grondano violenza e il suo annuncio sembra lontanissimo dalla realtà; per fede conosce la promessa di Dio e grazie a essa sa penetrare oltre la scorza brutale e negativa dei fatti. Così può essere nella fede, per ciascuno di noi!

Cibo, matrimonio e lavoro 

Gesù comanda di non lasciarci assorbire e catturare in modo da non cogliere il dono della sua presenza ed elenca tre ambiti in cui tenere alta la vigilanza: mangiare e bere, prender moglie e marito, lavorare. Si tratta per il credente di realtà luminose, costruttive e felici purché non totalizzino e rendano distratti se non dimèntichi del nostro essere prima di tutto figli suoi, figli di Dio. Si tratta di ambiti in cui esprimere la propria umanità in modo intenso e vero senza chiudersi e appiattirsi in essi.
• Sei molto più che materia, materia di cui sono fatti i cibi che partecipano alla realtà del cosmo, benedetta dal Creatore ma esposta a essere “divorata” dalla nostra brama egoistica (le «orge ed ubriachezze» citate nella seconda lettura). La chiamata è chiara: «Sia che mangiate sia che beviate, fate tutto per la gloria di Dio» (1Cor 10,31).
• Sei ben più che emozione e sentimento, apertura agli altri e capacità di relazione, per quanto tutto ciò sia meraviglioso. Anche la coppia in cui la relazione è ricca e autentica si confronta con le parole esigenti del Maestro, che chiede amore sopra ogni cosa per essere trovato in ogni cosa: «Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, sua moglie, i figli e i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo» (Lc 14,26).
• Sei ben più del lavoro che riesci o sei riuscito a svolgere, della competenza professionale che hai (avuto). «E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone in tutta sua gloria, vestiva come uno di loro» (Mt 6,28s).
E dunque? Sei un figlio a cui Dio vuol far dono della sua presenza!
Al campo e alla mola qualcuno viene preso; qualcun altro si ritrova lasciato alla furia distruttiva del diluvio perché non ha avuto consapevolezza, si è chinato su questo mondo – dono straordinario – lasciandosi risucchiare e dimenticando il Donatore.

Sorpresa

Quasi non credeva ai suoi occhi, una giovane mamma che, da poco, aveva ricevuto la notizia molto pesante di un tumore che si era annidato nel suo corpo. Non si sarebbe mai aspettata, aprendo la porta, di vedere davanti a sé un caro amico di famiglia, un consacrato, che aveva percorso centinaia di chilometri per farle una sorpresa. È una visita che la riempie di gioia e la conforta molto; una sorpresa che è un bel dono. 
E ora insieme giungono in canonica con una richiesta bella quanto delicata: celebrare l’unzione dei malati, come segno di speranza, invito alla lotta, espressione di fede. Dalla diagnosi sono passati pochi giorni e ancora gli occhi esprimono sgomento e inquietudine. Il gesto di esporre la fronte e presentare le palme delle mani per l’unzione con l’olio mostra che questa giovane mamma è «consapevole del momento... desidera indossare le armi della luce... rivestirsi di Cristo», come raccomanda san Paolo nella seconda lettura. 
A testa alta, con consapevolezza e profonda fede ciascuno affronti le prove che la vita pone davanti, attingendo alla Grazia che solo Cristo Risorto può dare.

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)