Sì o no, ma votiamo. Ne vale la pena
Domenica 4 dicembre, dalle ore 7 alle 23, gli italiani sono chiamati al voto per confermare o respingere la legge di revisione costituzionale approvata dal parlamento.
Per approfondire nel dettaglio i singoli aspetti, scarica in allegato all'editoriale del direttore Guglielmo Frezza, l'inserto di APPunti dello scorso 30 ottobre, interamente dedicato alla riforma.
Il referendum, ricordiamolo, non prevede il raggiungimento di un quorum minimo ma sarà valido quale che sia il numero di votanti. Una ragione in più per andare alle urne.
Il voto a cui siamo chiamati questa domenica non va sprecato.
Veniamo da anni di crescente disaffezione, con tassi di astensionismo che sfiorano (e spesso superano) il cinquanta per cento. E i referendum, anche per l'abuso che se ne è fatto negli ultimi vent'anni, sono tra gli appuntamenti elettorali i più disertati in assoluto.
Non votare non è un reato, sia ben chiaro. E tuttavia – usando il termine nell'accezione scevra da qualsiasi riferimento religioso – ci sia consentito dire che non votare, in questa occasione, sarebbe proprio un peccato.
Troppe volte come cittadini abbiamo lamentato e lamentiamo il disinteresse della politica, la lontananza dei “palazzi”, la contrazione degli spazi di democrazia, per rinunciare poi a esprimere il nostro giudizio su una revisione profonda e significativa della carta costituzionale. Ovvero, teniamolo a mente, della legge fondamentale posta a presidio della civile convivenza e dell'idea stessa di nazione in cui vogliamo riconoscerci.
Nel mondo cattolico ci sono realtà, specialmente tra le associazioni, che hanno espresso una chiara indicazione di voto. Il nostro giornale – in sintonia, mi pare, con lo stile che la chiesa italiana non da oggi ha fatto proprio – ha preferito non sostenere una delle due posizioni e sarebbe del tutto indebito farlo alla vigilia del voto. Abbiamo invece cercato, sulle nostre pagine e partecipando a tanti appuntamenti organizzati da parrocchie e vicariati nel territorio, di alimentare un dibattito che andasse al cuore delle questioni, illustrando i cambiamenti proposti, dando strumenti utili di lettura perché ciascuno potesse arrivare preparato al voto. Lo facciamo anche in questi giorni, mettendo a disposizione gratuitamente sul nostro sito internet l'inserto di APPunti pubblicato lo scorso 30 ottobre e dedicato interamente al referendum.
Non esprimersi nel merito non significa non avere un'opinione, o voler attendere furbescamente il risultato per “posizionarsi” sul carro dei vincitori. È invece il frutto, questa nostra scelta, di alcune considerazioni che credo sia utile ricordare alla vigilia delle urne.
La prima, forse scontata ma non per questo trascurabile, è che una riforma di tale portata contiene per forza di cose aspetti positivi, aspetti criticabili, soluzioni frutto di compromessi e punti tutti da decifrare nei loro reali effetti. Approcciarla con un atteggiamento manicheo, quasi fossero in campo “le forze del bene” contro “le forze del male”, significa inevitabilmente fare torto alle intelligenze di noi cittadini. Il giusto atteggiamento è quello di soppesare con attenzione i singoli aspetti, per vedere da che parte pendano alla fine i due piatti della bilancia. E questo è un giudizio che ognuno – a partire dalla sua cultura e dalla sua impostazione politica – deve necessariamente elaborare da sé.
La seconda considerazione, che alla prima si lega strettamente, è che indicare la strada dell'approfondimento dei temi, della coscienza e della responsabilità personale, è stato anche un modo per contribuire – certo, dalla nostra modesta posizione – a svelenire i toni di una campagna elettorale da cui tutti escono con qualche colpa sulle spalle: il premier per avere a periodi alterni personalizzato la sfida, fino a trasformarla in un voto su di sé e sul suo governo; le opposizioni per avere visto nel referendum l'ideale occasione per dare una spallata a Renzi e stendere una cortina di fumo a nascondere le proprie divisioni; la minoranza del Pd per averci visto l'opportunità di aprire con largo anticipo la prossima stagione congressuale. Alla fine, pochi ci hanno aiutato ad arrivare al voto con il giusto atteggiamento, che è quello di guardare al merito delle riforme e non alle sorti del governo.
E tuttavia è questo, e non altro, il compito a cui siamo chiamati. Sopperendo, con maturità, anche agli errori della politica. Per farlo, suggerisco due impegni
Il primo è ad approfondire, nei giorni o nelle ore che ancora mancano al voto, i contenuti della riforma proposta. Il secondo, è di entrare (e poi uscire) dalla cabina elettorale mantenendo uno stile di rispetto verso chi la pensa in maniera opposta da noi.
La lezione che ci viene dai padri costituenti, anche al netto di un po' di comprensibile retorica, è che sulla legge fondamentale di una democrazia si discute, in qualche momento si litiga e magari si alzano i toni anche oltre il lecito. Ma poi tutti dobbiamo sentirci uniti in un medesimo destino di popolo, tutti dobbiamo essere “riconosciuti” come parte di un medesimo cammino.
Recuperando la bella immagine offerta dal presidente Obama, lunedì 5 dicembre il sole sorgerà di nuovo, quale che sia il risultato.
E noi potremmo avere la più bella costituzione del mondo, ma a ben poco servirebbe se – al suo sorgere – il sole non ci trovasse uniti e impegnati, insieme, a tradurre in pratica le sue indicazioni.
Scarica in allegato lo speciale di APPunti dedicato ai temi della riforma e al referendum.