Leonida Rosino, l'astronomo che guardava lontano
A cent'anni dalla nascita, Padova ricorda l'astronomo Leonida Rosino con un convegno dell'Istituto nazionale di fisica e astronomia Galilei che si tiene venerdì 18 settembre all'Accademia Galileiana. La sua lunga e intensa attività, come scienziato, docente e dirigente, iniziata nel 1956 e conclusa negli anni Novanta, ha fatto di Padova un grande centro internazionale di astrofisica.
È stato uno dei padri dell’astrofisica italiana e maestro carismatico di un’intera generazione di astrofisici che, dopo aver frequentato l’istituto universitario padovano, sono andati a occupare posti di prestigio in tutto il mondo. Leonida Rosino, nel centenario della nascita, viene ricordato da un convegno che Inaf - Osservatorio astronomico di Padova e dipartimento di fisica e astronomia Galilei dell’università organizzano il 18 settembre all’Accademia galileiana. «Rosino – spiega Francesco Bertola, docente emerito di astronomia a Padova, a cui è affidato nel convegno il ricordo specifico di Leonida Rosino, con il quale ha lavorato per decenni – appartiene a quella manciata di astronomi italiani che, nel dopoguerra, ha portato all’affermazione dell’astrofisica. In ciò è stato avvantaggiato dal fatto che, quando arrivò a Padova nel 1956, l’università si era appena dotata, grazie all’intuizione del suo predecessore, Giovanni Silva, del più grande telescopio d’Europa, quello di Asiago, con uno specchio di un metro e venti di diametro. Il suo primo obiettivo è stato proprio quello di far funzionare a pieno ritmo lo strumento, facendo diventare la nostra città uno dei maggiori centri di astrofisica, non solo italiano ma mondiale.
Ospitavamo illustri personaggi da tutta Europa e questa centralità internazionale di Padova è stata mantenuta da Rosino con la realizzazione dei due telescopi Schmidt e del nuovo telescopio Copernico di cima Ekar, con un diametro di 182 centimetri, da lui inaugurato nel 1973 nella stazione astronomica che dopo la morte avvenuta nel 1998 gli è stata intitolata». La presenza di grandi telescopi è fondamentale per l’astrofisica, come i due Schmidt sono strumenti fondamentali per l’osservazione delle supernove, a cui Rosino ha legato buona parte della sua fama scientifica. Si tratta infatti di telescopi grandangolari, che con la loro ampiezza di campo fotografano estese regioni di cielo; si prestano quindi a ricerche sui cambiamenti del cielo stellato da una notte all’altra, da un periodo all’altro.
Questo confronto, un tempo manuale e oggi automatico, porta alla scoperta delle supernove, stelle di galassie esterne che improvvisamente diventano brillantissime più della loro stessa galassia. Rosino ha scoperto decine di supernove. Gli scoppi delle supernove, che oltre a essere brillantissime hanno delle proprietà per cui è possibile determinarne facilmente la distanza, sono punti di riferimento fondamentali per capire come sono distribuite in cielo le galassie, la loro dinamica, la struttura dell’universo. Hanno contribuito a scoprire che l’espansione dell’universo non avviene con moto decelerato, come si ipotizzava, ma accelerato.
«Per spiegare questo fenomeno – sottolinea Bertola – è stato necessario introdurre, come causa repulsiva, una nuova componente dell’universo che nessuna finora ha mai visto e che è chiamata energia oscura. Oggi la ricerca, anche padovana, è volta proprio a capire da cosa è costituita quest’energia oscura, che rappresenta ben il 70 per cento dell’universo esistente. Un altro campo di ricerca che coinvolge Padova, aperta dall’attività del telescopio spaziale Hubble, è lo studio delle galassie lontane, che a causa della velocità della luce sono le più giovani e quindi permettono, confrontandole con quelle vicine, più vecchie, di studiare la storia del nostro universo». Per quanto riguarda l’insegnamento universitario, si deve a Rosino l’istituzione a Padova della laurea in astronomia, la prima creata in Italia insieme a quella di Bologna. «In precedenza – spiega Bertola – l’astronomia era legata a matematica o a fisica. Ora ha una sua autonomia scientifica e professionale. Un’autonomia che sarebbe bene le fosse restituita anche a livello gestionale, dopo che è venuta a mancare con l’istituzione dei dipartimenti e l’accorpamento con fisica. La mancanza di un direttore specifico penalizza le iniziative, tenendo conto poi che da Padova continua a dipendere anche Asiago. Ho letto dichiarazioni del nuovo rettore, che si insedia a ottobre, secondo cui la dipartimentazione non ha sempre funzionato bene. Si spera quindi nella sua mediazione per riparare le storture causate dalla legge».