Un anno di spiritualità scout. Ecco la nuova vita dell'abbazia di Carceri
Sono due i capisaldi del centro, che dall’apertura a giugno 2015 ha accolto oltre quattromila scout: la lettura immedesimata del vangelo e un clima di serenità. Il tutto nel contesto dell’abbazia, e nel rispetto della sua vita di parrocchia.
Un luogo di riflessione e preghiera dove gli scout possono ritrovare se stessi: è questa la proposta del centro di spiritualità attivo da giugno del 2015 nell’abbazia camaldolese di Carceri.
Il centro, intitolato a Giulia Spinello, capo-scout morta nel 2013 in un incidente stradale, ha ospitato nel suo primo anno di attività oltre quattromila ragazzi provenienti da Veneto, Trentino Alto Adige ed Emilia Romagna.
Il bilancio di questi primi dodici mesi è stato sorprendente sotto tanti punti di vista, a partire dalle adesioni, che hanno superato ogni aspettativa.
All’inizio infatti il responsabile, don Riccardo Comarella, e i trenta capi scout che operano nella struttura temevano che la proposta potesse non essere accolta oppure non essere vissuta con lo spirito giusto; invece la partecipazione dei ragazzi si è dimostrata fin da subito entusiasta, anche grazie all’originalità dell’esperienza offerta.
La lettura immedesimata del vangelo e il clima di serenità suscitato dai suggestivi ambienti dell’abbazia sono i capisaldi di un approccio spirituale che ruota attorno alla persona, riscoprendone la ricchezza.
«I ragazzi che vengono qui, da soli o con il proprio gruppo scout – spiega don Riccardo – sono immersi in mille attività quotidiane, senza avere il tempo di riflettere sul senso e sulle motivazioni che li spingono all’impegno. Arrivano quindi carichi di domande su se stessi, sul senso della propria vita, sulle dinamiche profonde dell’esistenza, alla ricerca di ascolto, prima ancora che di risposte».
Ecco perché il metodo adottato dal centro parte dall’esperienza individuale per arrivare a una proposta di fede basata sulla vita piena e gioiosa incarnata da Cristo.
«I giovani scout si lamentano dell’incapacità della chiesa moderna di rivolgere loro un messaggio interessante che li riguardi da vicino – continua don Riccardo – per questo abbiamo deciso di abbracciare la tecnica dell’immedesimazione, attraverso la quale i ragazzi si mettono nei panni dei personaggi biblici, capendo le dinamiche che li coinvolgono e traendone un insegnamento a cui ispirarsi nelle azioni quotidiane, in un percorso di incontro costante con la propria spiritualità».
Un laboratorio, dunque, che procede senza schemi predefiniti, all’insegna però della progettualità e dell’ascolto delle esigenze dei giovani, allo scopo di promuovere un cristianesimo più vicino al vissuto di ciascuno.
Oltre alla meditazione e alle veglie di preghiera, il centro propone anche delle semplici attività manuali di cura degli spazi, piccoli gesti che arricchiscono sia se stessi, sia la comunità.
«Vivere gli ambienti dell’antico monastero – afferma don Andrea Ceolato, parroco di Carceri – è già di per sé un’evangelizzazione perché il luogo suggerisce la meditazione e la tensione verso l’Assoluto».
Negli ultimi anni l’abbazia è tornata a essere un punto di riferimento per il territorio circostante, non solo dal punto di vista religioso, ma anche sotto il profilo turistico e culturale.
Al suo interno sorge infatti il Museo della civiltà contadina e ogni anno si svolge una rassegna di musica barocca, tutte iniziative che testimoniano una forte vivacità, ma che allo stesso tempo potrebbero mettere in secondo piano l’identità del luogo, costruito per il silenzio e la contemplazione.
«Di fronte a questo rischio – afferma don Andrea – il centro è un dono prezioso perché ricorda ai parrocchiani l’importanza della spiritualità, proponendo, inoltre, una lettura più umana del vangelo di Cristo».