Torresino: la povertà sul sagrato interroga la città
Li si incontra sui gradini della chiesa del Torresino ogni giorno, in attesa di qualche spicciolo e dell'apertura dell’asilo notturno comunale che accoglie ogni sera 82 persone. Una presenza "scomoda", che in tanti fanno finta di non vedere.
Ma in gioco c'è la dignità dei poveri, oltre al disagio degli abitanti del quartiere e dei gruppi che frequentano la parrocchia, che oggi si interroga su come essere presenza attiva e stimolo alle istituzioni.
Centinaia di persone ogni giorno passano accanto alla chiesa del Torresino a Padova, di fronte al seminario maggiore. Padovani diretti in centro, turisti stranieri che chiedono informazioni per raggiungere le piazze e i monumenti.
Davanti al portale dell’edificio sacro da anni va in scena lo “spettacolo” della povertà, eppure solo in pochissimi si fermano a parlare con le persone rimaste senza niente. Non un tetto, non uno stipendio, spesso nemmeno una famiglia. Poveri, con un nome, una storia complicata e una dignità violata ogni giorno. Trascorrono lunghe giornate sui gradini del Torresino, cercando di farsi un po’ di compagnia tra uomini e donne provati dalla vita.
Persone che vengono scacciate da ogni angolo della città, dove cercano di mettere insieme gli spiccioli necessari per comprare qualcosa da mangiare.
A sera poi vanno a dormire all’asilo notturno, di via del Torresino appunto, attiguo all’ostello della gioventù. Ma c’è anche chi è costretto a trascorrere le notti fuori, sotto i portici delle vie limitrofe o sui gradini della chiesa. Un fatto che in queste notti tiepide di primavera non appare in tutta la sua drammaticità.
Ma a marzo, la situazione era ben altra, con ambulanze che si alternavano ogni sera per portare qualcuno al caldo del pronto soccorso e agenti della Municipale o Carabinieri chiamati per compiere controlli. Dietro l’apparente indifferenza di molti passanti si nasconde forse un senso di rigetto o di indignazione.
Nelle scorse settimane c’è stato anche chi, attraverso i social network, ha iniziato una caccia al colpevole, individuato di volta in volta in quelle stesse persone, oppure nella chiesa, rea di non aprire «tutte le stanze vuote che possiede», o ancora lo stato «che non fa abbastanza».
«I poveri senza dimora – riflette il parroco del Torresino, don Luca Fanton – stanno lì come una ferita aperta nella coscienza di una comunità cristiana che lì si ritrova a pregare, nella coscienza di un quartiere densamente abitato, della città stessa che proprio lì ha una sua porta d’accesso per i molti turisti che alloggiano all’ostello della gioventù adiacente l’asilo notturno comunale. Il disagio c’è ed è evidente: alcool, sporcizia, qualche siringa, bidoni di immondizia che nascondono un gabinetto improvvisato, a volte urla e bestemmie e pure qualche minaccia ai passanti».
Nelle scorse settimane, il consiglio pastorale si è interrogato su una situazione che va avanti da troppo tempo: «Ci siamo confrontati e qualcosa abbiamo anche fatto per gli ospiti dell’asilo notturno e gli altri che stanno fuori. Pure la San Vincenzo è attiva per aiutare decine di famiglie in difficoltà, ma ci rendiamo conto che non abbiamo soluzioni vere, definitive, e che tengano conto del complesso mondo che ruota intorno al disagio dell’area Torresino».
In primis c’è la dignità delle persone senza dimora. Ma la questione investe anche gli abitanti del quartiere, i gruppi che frequentano il patronato e i fedeli che entrano in chiesa. Ci sono poi gli operatori della cooperativa Cosep che lavorano nell’asilo e l’associazione di volontariato Noi sulla strada che presta aiuto. Le componenti in gioco sono molte, dunque, e bisogna tenerne conto.
«È probabile e auspicabile che si debba raccogliere tutte le forze – conclude don Luca – Quelle ecclesiali, ma anche politiche e amministrative sotto un diverso modo di guardare a questa specifica situazione ed eventuali altre simili. È in gioco la coscienza dei singoli e quella collettiva di una città».