Don Giovanni Dalla Longa: dieci anni dalla morte
Si rinnova anche quest’anno, domenica 27 luglio, l’appuntamento per familiari e amici che hanno voluto bene a don Giovanni Dalla Longa, scomparso il 24 luglio 2004, e continuano a sostenere il suo operato all’ospedale di North Kinangop, in Kenya.
Sono passati dieci anni dalla scomparsa, il 24 luglio, di don Giovanni Dalla Longa. Il fidei donum padovano, che ha trascorso trent’anni in Kenya, verrà ricordato da parenti e amici domenica 27 luglio alle 10.30 nella parrocchiale di San Vito di Valdobbiadene.
«Lì dove è nato, dove è stato ordinato prete e dove si è celebrato il suo funerale» sottolinea il fratello, don Luigi Dalla Longa, che presiederà l’eucaristia. Ci saranno gli altri fratelli, Caterina e Giacomo (suor Andreina “parteciperà” dal suo luogo attuale di missione, la Spagna), le quattro nipoti con mariti e figli (l’ultimo nato si chiama Giovanni). Ci saranno tanti amici, anche preti, e un folto gruppo di medici, professionisti, volontari – presenti ogni anno a questo appuntamento – che hanno sempre sostenuto don Giovanni nel suo operato all’ospedale di North Kinangop, di cui è stato direttore per molti anni, e che continuano a farlo perché lui, sul letto della malattia, ha chiesto loro di continuare a prendersi a cuore la missione.
Domenica 27, dopo la messa, si ritroveranno per un momento conviviale, anche questo che si ripete di anno in anno, “intorno” a don Giovanni. Che è più vivo che mai. «Lo sento sempre vicino e gli affido le persone e i diversi momenti della vita – confida il fratello don Luigi, che è stato 39 anni parroco di Vas e che da alcuni mesi presta servizio come assistente spirituale all’Opsa, nella cui “casa sacerdoti” don Giovanni ha trascorso alcuni mesi della malattia – Questo anniversario mi permette di prendere ancora più coscienza della figura di Giovanni: nella sua semplicità era così profondo e vivo nei suoi valori. Mi ha sempre provocato, e lo fa anche ora, a essere prete in profondità. Sento che mi interpella in continuazione rispetto a ciò che contava di più per lui: l’eucaristia. Ricordo che, in Kenya, quando era in parrocchia a Njabini o all’ospedale di North Kinangop, anche se tornava a sera tardi ed era stanchissimo, non mancava mai di celebrare la messa. Nell’omelia di domenica 27 tornerò sui pilastri della vita di Giovanni, tra cui la centralità dell’eucaristia. È una consegna precisa che ci lascia. Così come la sua capacità di essere prete diocesano, in missione, ma anche profondamente legato alla spiritualità del movimento dei Focolari».
Non sembrano passati dieci anni, per mons. Paolo Doni, vicario generale della diocesi di Padova e compagno di ordinazione di don Giovanni. «Sento che è entrato in maniera forte nelle radici della diocesi e del clero locale, così come don Luigi Vaccari, don Evaristo Mercurio, don Ruggero Ruvoletto... Don Giovanni ha vissuto sulla propria pelle il dialogo e l’incontro tra culture e chiese diverse, seppur sorelle. L’ha fatto lasciandosi completamente coinvolgere. Questo è un’eredità, un’indicazione, uno stile di cui abbiamo bisogno oggi. Che don Giovanni ha vissuto in modo particolare nell’ambito ecclesiale, e che sarebbe bello diventasse paradigma per tutta la società».
Don Gabriele Pipinato, che ha condiviso l’esperienza della missione in Kenya con don Dalla Longa, ricorda le due consegne che da lui ha ricevuto. «“Ricordati – mi ha detto l’ultima volta che ci siamo visti, quando era già molto malato – che dove non avresti mai voluto camminare, proprio lì ti toccherà correre”. È ciò che sto vivendo proprio adesso... Mi chiedo: se c’è da correre, si corre, ma come farlo con gioia?». L’altra consegna è legata alla malattia, scoperta in questi giorni, di un familiare di don Pipinato. «Don Giovanni mi ha detto, mentre si spegneva: “Alla fine capisco che la fede non basta. C’è bisogno di una carezza, di una persona che ti ascolti e ti faccia compagnia...”. Mi lascio provocare da questo. Ora più che mai».