A Fosse di Enego, i sacerdoti tra la gente a spalare il fango
Il parroco, don Federico Meneghel, e il missionario in Thailandia, don Bruno Rossi, domenica 25 giugno si sono trovati a Fosse di Enego, dove una bomba d'acqua ha fatto scoppiare le condutture dell'acqua e spalancato una trincea dove si trovava la vecchia mulattiera del paese. Anche loro, come tutta la comunità si sono messi a spalare il fango per aiutare le famiglie più colpite
«Ci siamo sentiti in trappola, braccati come topi. Fuori infuriava la bufera, la strada trasformata in un torrente in piena. Dalle finestre di casa vedevamo il livello dell’acqua salire sempre più. A un certo punto, arrivata a metà del vetro, l’acqua ha cominciato a filtrare. Ho temuto davvero che saltasse la serratura o cedesse il vetro. A quel punto sarebbe stata la fine».
Nelle parole di don Bruno Rossi, tutto il dramma che si è vissuto domenica scorsa – il 25 giugno – a Fosse di Enego. Il missionario fidei donum in Thailandia era rientrato per un periodo di vacanza appena tre giorni prima. In mattinata, avrebbe dovuto concelebrare la messa con il parroco, don Federico Meneghel, proprio a Fosse alle 9. Ma alle 7.30 è iniziato a scendere dalla montagna un rivolo che in un attimo si è trasformato in un fiume in piena, generato dalla bomba d’acqua caduta sopra il paese poco prima.
È così che il maltempo, annunciato dalle previsioni meteo, ha aperto il fronte più grave di tutta la regione Veneto, tanto che il presidente Zaia ha firmato il decreto che dichiara lo stato di crisi per le avverse condizioni atmosferiche che si sono registrate qui e nella vicina Cismon, dove un autobus sostitutivo del treno è rimasto bloccato in un sottopasso allagato.
«Abbiamo vissuto una mezz’ora di vero terrore», commenta don Bruno. La dinamica dei fatti è ormai nota ai più. La bomba d’acqua si è incanalata lungo la mulattiera nel cuore della frazione di Enego, ma l’eccezionale portata ha fatto scoppiare le condutture sotterranee, mescolando acque di scolo e fognature e sgretolando il manto stradale soprastante.
«La strada sembrava sciogliersi come zucchero – aggiunge il missionario – Massi anche di 50 centimetri di diametro scendevano a valle a tutta velocità, finché i detriti non hanno riempito lo scolo e l’acqua ha iniziato a salire». La casa confinante con quella degli anziani genitori di don Bruno è stata allagata da un metro e mezzo di fango. Le vecchie pareti in sasso hanno iniziato a sbriciolarsi. «Se la pioggia battente fosse durata per un’altra mezz’ora non so se queste vecchie case affiancate avrebbero retto. Di fronte alla forza dell’acqua ci siamo sentiti impotenti».
A Enego, domenica era in programma l’inaugurazione dei lavori di restauro del forte Lisser. Tutto rimandato, causa emergenza.
«L’intero paese si è precitato a Fosse – racconta don Federico Meneghel – Tutti insieme ci siamo messi a lavorare fino a dopo le 17, in collaborazione con i volontari della protezioni civile e ai vigili del fuoco di Bassano per mettere in sicurezza quanto possibile. Abbiamo sgomberato le case e portato fuori il fango dalle stanze».
Delle circa venti abitazioni colpite, cinque in particolare sono state allagate. Una famiglia è riuscita a uscire dalle finestre dopo che per più di un’ora ha tentato di opporsi alla furia dell’acqua che premeva sulla porta d’entrata. Miracolosamente, il bilancio della giornata si è chiuso senza feriti.
Negli oltre 15 anni di Thailandia, non sono certo mancate le inondazioni per don Bruno. Oltre a quella disastrosa del 2011 che ha coinvolto la stessa capitale Bangkok, spesso smottamenti e frane riguardano i molti villaggi etnici che i missionari triveneti seguono nel nord del paese. Ma trovarsi in prima persona nell’occhio del ciclone è un’esperienza del tutto particolare.
«Domenica, ne sono certo, abbiamo avuto un aiuto dall’Alto», riflette.
Archiviata la drammatica mattinata di domenica, don Rossi rimarrà accanto ai familiari per un mese prima di fare ritorno in Thailandia. Con don Raffaele Sandonà, don Attilio De Battisti e due sacerdoti di Belluno e Vicenza, opera in due parrocchie della diocesi di Chiang Mai. A Chae Hom, in particolare, ha dato vita alla coltivazione del caffè che oggi si è trasformata in un marchio, Caffè Bruno, conosciuto in tutta la Thailandia, che offre posti di lavoro alla popolazione locale e ora ha richieste anche da Corea e Giappone.