Zanettin: «Il paese frana sotto i colpi della corruzione»
L'avvocato vicentino, a lungo in parlamento con Forza Italia, da due anni è membro laico del consiglio superiore della magistratura. Nella nostra intervista la sua amara riflessione sull'imperversare della corruzione nel nostro paese e sul livello allarmante che ha raggiunto lo scontro istituzionale tra politica e giustizia.
L’avvocato Pierantonio Zanettin, politico vicentino di lungo corso in Forza Italia, dal 2014 è membro laico del consiglio superiore della magistratura, l’organo di autogoverno dei giudici che ha l’obiettivo costituzionale di garantire l’autonomia e l’indipendenza della magistratura dagli altri poteri dello stato.
Avvocato, il clima tra magistratura e politica è ritornato ai livelli di massima allerta.
«La scintilla che ha innescato lo scontro aperto è partita dalle dichiarazioni del nuovo presidente dell’Associazione nazionale magistrati. Dichiarazioni quantomeno incaute e direi qualunquiste. Troppo generiche, su una questione così fondamentale. Così facendo si semina solo l’antipolitica, si alimenta il nervosismo tra magistratura e politica. Frasi che non mi sarei aspettato da un magistrato esperto e con incarichi di primo piano».
Piercamillo Davigo, consigliere presso la Cassazione, neo presidente dell’Anm, ha detto precisamente: «I politici continuano a rubare, ma non si vergognano più». Soprattutto a livello locale però la rassegna degli eventi e delle inchieste non dà molto scampo alla classe politica.
«Io sono garantista. I politici, come tutti i cittadini, sono innocenti fino alla condanna definitiva. Tanti processi, anche recenti, hanno scagionato i politici dopo lunghissimi processi. Pensiamo alla vicenda dell’ex vicesindaco di Firenze Graziano Cioni, distrutto politicamente dal processo per corruzione e nei giorni scorsi assolto in Cassazione. Carriera politica finita. È pericoloso lanciare il messaggio per cui i politici sono tutti ladri, come abbiamo visto le inchieste che dimostrano la colpevolezza definitiva dei politici sono percentualmente poche. Lo dico stando ai fatti e ai numeri e per non alimentare inutili tensioni. Il paese ha talmente tanti problemi, in primis la corruzione, che non ha senso dare fianco ancora di più all’antipolitica».
Ci sono analogie con la stagione di Tangentopoli?
«Non vedo una nuova Tangentopoli. Però vedo un paese che sta franando su se stesso. La corruzione è uno dei grandi problemi che tocca tutta i settori della società, dai dipendenti pubblici fino anche ai magistrati, pensiamo al caso emblematico di Silvana Saguto, l’ex presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo. È uno smarrimento generale di valori, il fenomeno corruttivo emerge a tutti i livelli e in tutti i settori».
Quindi non c’è il rischio di un ulteriore inasprimento dello scontro istituzionale?
«Più di così? Non penso si possa arrivare… Abbiamo letto posizioni sul piano verbale già molto pesanti. Da entrambe le parti bisogna attenuare le conflittualità. Dentro al Csm lavoro per depotenziare lo scontro».
Si avvicina il referendum sulle riforme costituzionali: i magistrati secondo lei possono partecipare attivamente nelle due campagne di voto, per il “sì” o per il “no”?
«I magistrati non dovrebbero mai esporsi dal punto di vista politico. Oltre a essere imparziali, devono anche apparire tali. Io stesso, che ho fatto il parlamentare e il politico, da quando sono membro del Csm, oltre ovviamente a non avere più nessuna tessera di partito, non partecipo a convegni o a manifestazioni di partito. Per arrivare alla domanda: trovo invece stucchevole che, quelli che oggi vogliono vietare ai magistrati di schierarsi pubblicamente nella campagna referendaria, nel 2006 avevano ben altre posizioni. Ricordo molti magistrati e lo stesso vicepresidente del Csm, Virginio Rognoni, che partecipavano attivamente alla campagna per il “no”».
Quali passaggi istituzionali potrebbero depotenziare lo scontro?
«La magistratura deve fare un ulteriore sforzo di sobrietà nelle dichiarazioni e nell’apparire, oltre che essere, imparziale, senza dichiarazioni roboanti e in prima pagina sui giornali. I politici dal canto loro devono rispettare il lavoro e le prerogative dei magistrati. La divisione dei poteri rimano un concetto fondamentale».