Restare ad Alano di Piave: un paese fra tradizione e apertura al mondo
Le difficoltà ci sono, molti giovani si allontanano per studiare, però ad Alano di Piave c'è chi resta e lo fa per passione. Per la sua terra, per creare una rete sociale, per riscoprire antiche tradizioni...e anche per la musica.
A 300 metri sul livello del mare, protetta e incastonata tra le pendici del versante orientale del monte Grappa e la sponda destra del fiume Piave, sorge Alano di Piave, paese di 2.785 abitanti.
Il comune più a sud della provincia di Belluno, diviso nelle frazioni di Campo, Colmirano e Fener, non è stato immune dallo spopolamento ciclico, accentuato nell’ultimo periodo dalle difficoltà lavorative: «Trent’anni anni fa il paese ha avuto un sviluppo notevole anche grazie alle piccole e medie industrie del territorio, principalmente di occhialeria – spiega il sindaco Amalia Serenella Bogana – Ora la situazione si è ridimensionata e, complice la crisi, ci sono stati diversi licenziamenti».
Non mancano corsi di formazione e altri progetti realizzati dal comune per formare nuove professioni, ma la realtà circostante non offre molti sbocchi.
Molti ragazzi, terminato il percorso scolastico, decidono di andare all’università a Padova o a Udine e di realizzarsi poi lontano da casa. Eppure ad Alano la tenuta sociale è buona, c’è una forte rete di volontariato e dialogo tra i diversi attori sociali: «Bisogna premettere che siamo un territorio pedemontano, in cui storicamente predominano individualismo, chiusura e frammentazione – spiega don Francesco Settimo, parroco moderatore dell'unità pastorale di Quero – Nonostante questo, ci sono occasioni di evangelizzazione, di condivisione e di crescita assieme. È una minoranza, ma anche il mondo giovanile, seppur molto ridimensionato, vive a modo suo l’esperienza cristiana».
Qualcuno, dunque, decide di restare, ma perché lo fa?
«Per passione – dice convinta Bogana – Vedo all’interno dell’amministrazione giovani interessati e dinamici che prendono il lavoro seriamente. Alano non permette una sicura prospettiva lavorativa, se non per liberi professionisti o per chi si mette in proprio. I nostri laureati hanno difficoltà a rimanere in zona, ma abbiamo anche giovani che decidono di rimanere dedicandosi all’agricoltura, un lavoro che si fa solo quando c’è passione e tenacia perché non è semplice».
Dal 2014, ogni ottobre, le strade di Alano e del limitrofo comune di Quero sono attraversate dalla cosiddetta "desmontegada", una carovana di oltre 50 mucche, accompagnate da figuranti con abiti folkloristici, che attraversa i paesini celebrando il rientro a valle delle mandrie dopo i mesi dell’alpeggio estivo trascorso nelle malghe di alta quota. La proposta è arrivata da Daniele Gallina, giovane allevatore querese, che ha ottenuto l'appoggio dei sindaci e l’entusiasmo degli abitanti. Tra questi anche la famiglia Miuzzi, guidata da Monica, giovane imprenditrice che dal 2013, con la partecipazione delle due sorelle, di mamma e papà, gestisce malga Paoda. Un pezzo di terra, nella foresta Destra Piave, recuperato salvandolo da ruderi, amianto e ortiche. Qui, ora, sorge un agriturismo con tetto fotovoltaico e impianti moderni accanto a 20 ettari di pascolo.
Ma ad Alano non si respira solo l’aria rarefatta dell’alta montagna: in paese esiste un’associazione che da 30 anni si rinnova costantemente, alimentata dalle idee, dalle proposte e dall’energia di giovani ragazzi.
Il suo nome è “Libero pensiero”: «Cerchiamo di offrire al territorio continuità nelle nostre attività anche in base alle richieste – spiega Martina Lipia, 33 anni – La nostra sede, villa Cinespa, non è molto grande, ma riusciamo a organizzare concerti, corsi di disegno, di inglese e prossimamente anche spagnolo, utilizzando al meglio tutte le nostre risorse».
Lavorare in rete su base volontaria, creare sinergie con altri gruppi, avendo come sottofondo della buona musica: dal 2011, infatti, verso fine luglio, l’associazione organizza al parco del Piave di Fener il festival “Reset”, cinque giorni di musica non commerciale che attraggono artisti nazionali e internazionali.
Un evento che lega, unisce, chiama a raccolta spettatori e circa cento persone nelle varie fasi organizzative. In un’area dove il suono rischia di perdersi tra le montagne, a colpi di note, esclamano la loro presenza, danno voce alla loro esistenza, nonostante le difficoltà:
«Però le cose si muovono, pian piano anche il turismo sta prendendo piede. Non è facile, ma è una scelta che rifarei. . Qui è tutto più genuino, autentico. Ho studiato lingue, ma mi piace l’idea di poter rimanere e che sia l’esterno ad entrare ad Alano, non il contrario».