A Norcia chiese e case distrutte. Ma c’è ancora la forza di guardare avanti
Continuano le scosse sismiche in Centro Italia. L'ultima, di magnitudo 6.5, la più forte in Italia dal 1980, risale a ieri domenica 30 ottobre. Tante le città in ginocchio, tra queste Norcia, dove si contano almeno tremila sfollati. Tutta la città è stata dichiarata "zona rossa". 25 mila gli sfollati nelle Marche. La testimonianza dell'arcivescovo, mons. Boccardo: «Una ferita sanguinante. La gente, è stremata, fragile psicologicamente, stressata da oltre due mesi di scosse... Il compito della Chiesa è quello di sostenere la speranza, ascoltare gli sfoghi e asciugare le lacrime. Le parole servono a poco, le persone vanno abbracciate e incoraggiate a ripartire nuovamente».
«Una ferita sanguinante». Così l’arcivescovo di Spoleto-Norcia e segretario della Conferenza episcopale umbra (Ceu), mons. Renato Boccardo, racconta la violenta scossa sismica – magnitudo 6.5, la più forte in Italia dal 1980 (Irpinia) – di domenica 30 ottobre, alle 7.41, con epicentro nella dorsale appenninica tra le province di Macerata e Perugia, che ha nuovamente gettato nel panico migliaia di persone, già duramente provate dai terremoti del 24 agosto e del 26 ottobre.
La scossa ha distrutto irreparabilmente significativi edifici storici di culto e numerose abitazioni private, in particolar modo della Valnerina-Spoletino ma anche di altre zone dell’Umbria come il Folignate, il Perugino e il Ternano. Norcia è una città in ginocchio, crollata la cattedrale di San Benedetto, la gente ha pregato in piazza davanti le macerie, come hanno mostrato i media nazionali. Le monache benedettine e clarisse hanno dovuto lasciare i loro monasteri inagibili per essere accolte nel monastero di Santa Lucia a Trevi, sempre nell’arcidiocesi di Spoleto-Norcia.
Cresce la paura. «La gente, è stremata, fragile psicologicamente, stressata da oltre due mesi di scosse», spiega mons. Boccardo che ha raggiunto subito Norcia e gli altri centri abitati dell’arcidiocesi per essere vicino alla popolazione, effettuando anche un sopralluogo aereo della zona interessata insieme al sottosegretario all’Interno Gianpiero Bocci con un elicottero dei Vigili del fuoco. Amaro il suo commento una volta a terra: «Solo cumuli di macerie». «La paura e l’insicurezza ora sono cresciute ulteriormente. La popolazione è ferita nel fisico e nel morale. Qualcuno mi diceva che "non vale la pena ricominciare".
Ma non dobbiamo cedere allo sconforto. Accanto a questo c’è il dolore per le tante chiese distrutte e lesionate. Esse sono un patrimonio artistico ma soprattutto di fede. La gente del posto ha in esse la propria identità. Sono rimasto sorpreso nel vedere tante persone addolorate più per le proprie chiese crollate che per le loro case».
Prima le persone. Provato, commosso, impietrito davanti alle macerie, mons. Boccardo si è intrattenuto a lungo con le persone che sono corse in strada dopo la scossa. Dalle zone circostanti, le notizie sono drammatiche, Preci e Castelluccio devastate e isolate, gli sfollati sarebbero solo a Norcia almeno tremila, praticamente quasi tutta la città, dichiarata, come conferma lo stesso arcivescovo, «zona rossa, quindi non abitabile. Le autorità civili si stanno adoperando per trovare sistemazioni convenienti alla popolazione. Molti vengono trasferiti presso il lago Trasimeno e sulla costa adriatica. Ma c’è anche chi non ha nessuna intenzione di lasciare le proprie attività agricole e di allevamento soprattutto nei centri limitrofi. Ringraziamo Dio che ancora una volta ha protetto tante vite umane. È andato perduto per sempre il nostro inestimabile patrimonio di fede, di arte e di storia, ma
adesso vengono prima di tutto le persone, le comunità civili e religiose
alle quali la Chiesa è vicina con la preghiera e con gesti concreti di solidarietà. Il compito della Chiesa è quello di sostenere la speranza, ascoltare gli sfoghi e asciugare le lacrime. Con l’aiuto di tutti bisogna guardare avanti. Le parole servono a poco, le persone vanno abbracciate e incoraggiate a ripartire nuovamente».
La vicinanza della Chiesa. Mons. Boccardo parla di «un bel segnale di comunione ecclesiale in un momento così di dura prova» come testimoniano «le numerose telefonate di affetto, vicinanza e solidarietà ricevute da cardinali e vescovi un po’ di tutt’Italia e anche dall’estero». Significative le parole del cardinale arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, Gualtiero Bassetti, presidente della Ceu, rivolte all’arcivescovo di Norcia: «Sei nel mio cuore tu e tutta la tua gente». Un gesto di fratellanza che segue la vicinanza concreta alle comunità colpite. Infatti, nella serata di ieri si tenuta a Todi una riunione straordinaria della Delegazione regionale della Caritas alla presenza dei direttori delle otto Caritas diocesane dell’Umbria per predisporre gli aiuti necessari per affrontare questa nuova emergenza. Martedì 8 novembre, invece, è fissata una riunione di Caritas di altre regioni che si sono rese disponibili a incrementare gli aiuti.
«C’è un fiorire di vicinanza e di solidarietà che ci conforta» sottolinea mons. Boccardo che attende con ansia la visita del card. Angelo Bagnasco, il 9 novembre, «visita che, dopo gli eventi di ieri mattina, appare ancora più significativa e importante».
Analoga vicinanza, racconta l’arcivescovo di Spoleto-Norcia, «mi è arrivata dal presidente del Consiglio dei ministri, Matteo Renzi, che mi ha contattato più volte nel corso della giornata impegnandosi a ricostruire case e chiese. Ho chiesto al premier di starci vicino, perché l’inverno è alle porte, e di snellire la burocrazia». In vista delle festività di Ognissanti (1° novembre) e della Commemorazione dei defunti (2 novembre) l’arcidiocesi di Spoleto-Norcia comunicherà le modalità delle celebrazioni. Quelle di ieri si è preferito non celebrarle in chiesa ma all’aperto.
«Ricordare i nostri defunti – ricorda mons. Boccardo – è un’iniezione di speranza, in quanto per ripartire è necessario e doveroso ricordare chi ci ha preceduto e chi si è impegnato a costruire queste belle comunità. Anche per rendere onore alla loro memoria non dobbiamo mollare in questo momento così difficile, ma ripartire».