Richard, un inglese all'Arcella. Uno sguardo alla Brexit e all'integrazione nel quartiere
Richard vive nel quartiere Arcella dal 1999, insegna inglese e si è trasferito in Italia per amore. Viene da Swindon, città che ha votato per il "leave" durante il referendum sulla permanenza del Regno unito nell'Unione europea. Una decisione inaspettata anche per lui che prova a ricostruire le motivazioni partendo dall'immigrazione, uno dei temi che più ha spaccato gli inglese.
«Quando ho saputo che Swindon, la mia città, ha votato per il “leave” sono rimasto stupito e sorpreso. Non ci credevo». Richard Panting vive a Padova dal ’99, insegna inglese al British institutes, tiene corsi all'università e ha seguito, dall'Italia, il referendum consultivo sulla permanenza del Regno unito nell'Unione europea. Il 51,9% della popolazione ha votato a favore della Brexit: un esito sorprendente che ha portato alle dimissioni del primo ministro David Cameron e alla nomina, come successore, di Theresa May, del partito Conservatore e ministro dell'interno nell'ultimo governo. A Swindon, città dello Wiltshire, contea a sud-ovest dell'Inghilterra, il 55% della popolazione si è mostrata euroscettica, mentre il 45% era favorevole alla permanenza: «E' la classe operaia quella che si è lasciata attirare dall'uscita – spiega Richard – Eppure non me lo spiego perché più della metà dei miei concittadini sono universitari o lavoratori nel settore terziario, a contatto con Londra, e quindi rappresentano una fascia di popolazione più aperta mentalmente e culturalmente».
Richard in Inghilterra ha lavorato nel corpo forestale, poi si è trasferito in Italia per amore credendo di poter continuare il percorso iniziato nel suo paese, ma non è andata così: «La mia laurea non è riconosciuta e qui si va avanti con forme di stage e tirocinio dove si lavora gratuitamente per chissà quanti anni». Dopo la delusione iniziale e i vari tentativi, ora non ci pensa più, lui e la sua compagna vivono da sempre nell'Arcella e quando qualcuno gli chiede il perché della scelta di vivere qui, Richard ridendo dice: «Sono immigrato anch'io! Certamente il quartiere ha cambiato più volte aspetto negli ultimi decenni, ma vivo bene. La diffidenza nasce anche perché tutto è molto pompato dall'esterno e da giornali. Magari si potrebbe fare qualcosa per il cavalcavia Borgomagno con qualche controllo in più da parte del Comune e poi il resto vien da sé». Per Richard la vera mancanza nel quartiere è un pub in perfetto stile inglese.
Lui e la compagna hanno una figlia che frequenta la scuola elementare Salvo D'Acquisto, sempre nel quartiere a nord di Padova, che, a fine anno scolastico, ha realizzato "Un museo grande quanto il mondo", una mostra sull'integrazione con oggetti tipici dei luoghi di provenienza dei bambini e dei genitori. «Noi abbiamo portato due giocattoli, un pullman a due piani e un taxi londinese ed è stato un po' paradossale - dice Richard scherzando – partecipare a un’attività di condivisione mentre il mio popolo rifiuta di integrarsi. Dopo la seconda guerra mondiale, l'Inghilterra ha ospitato numerosi giamaicani e indiani per ricostruire le città distrutte. Si sono integrati e oggi ci sono inglesi di seconda o terza generazione, come il sindaco di Londra, Sadiq Khan, che è di origine pakistana».
Eppure il contrasto all'immigrazione è stata una delle tematiche trainanti della campagna a favore della Brexit, promossa da Boris Johnson, ex sindaco di Londra, e da Nigel Farage, leader dell'Ukip: «Ma non nei confronti di quelli che vengono dall'Asia o dall'Africa, bensì contro gli stranieri dell’est, tipo Polonia e Romania. Lavorano a prezzi molto più bassi di un inglese, guadagnano due-tre volte di più rispetto ai loro paesi e portano i soldi ai parenti. Questo non piace a tutti: qualche giorno fa sono tornato a casa e un operaio di 50 anni mi ha detto che non trova più lavoro perché c’è chi si offre per molto meno. E’ fuori competizione».
Ora, però, dopo la retromarcia di Jonhson e Farage, in molti traspare delusione e incertezza: «Hanno capito che è stata una montatura e si sono sentiti traditi per promesse irrealizzabili. E’ stata una mossa avventata: c’erano più ragioni per uscire durante il referendum del 1975, quando il Regno unito, dopo esser entrato nella Comunità economica europea due anni prima, subì il crollo della sterlina e maggior inflazione. Ma il 67% degli elettori si mostrò favorevole all'adesione perché ci credevano. Forse oggi, non è più così».