Twitter, il paradiso dei "fasulli". 70 milioni di fake
Il social network ha parlato pochi giorni fa di 9,9 milioni account spam rimossi ogni settimana grazie ai nuovi sistemi automatizzati.
Una “ripulita” così, su Twitter, non si era mai vista: oltre 70 milioni di account fasulli, in gran parte bot (cioè utenze automatiche programmate per rilanciare bufale o avvelenare le discussioni), rimossi durante l’estate. Sono numeri riportati dal Washington Post e in gran parte in linea con alcune recenti indicazioni del social network che ha parlato pochi giorni fa di 9,9 milioni account spam rimossi ogni settimana grazie ai nuovi sistemi automatizzati. Il doppio rispetto allo scorso autunno, il triplo se confrontato a settembre 2017. Significa che la guerra del microblog guidato da Kevin Systrom contro l’intossicazione da utenti finti, spesso eserciti di account al servizio di società specializzate con obiettivi politici, sta pian piano riuscendo. A patto, però, di una pulizia continua che procede più o meno al ritmo di un milione di account rimossi ogni giorno.
Un’emorragia che, pur orientata su account fasulli, ha spaventato non poco i mercati. Gli investitori temono che i positivi movimenti fatti segnare negli ultimi mesi dalla piattaforma, da tempo in crisi d’identità, possano essere dilapidati dalla nuova offensiva.
Qualche buona notizia era infatti arrivata lo scorso febbraio: il 2017 è stato un anno positivo, nell’ultimo trimestre i profitti erano stati di 91 milioni di dollari. Spiccioli rispetto ai concorrenti ma pur sempre da festeggiare per chi vedeva il social in caduta libera appena dodici mesi prima. Anche se i piccoli segnali di crescita degli utenti, una dozzina di milioni nel corso dell’anno, non sembrano aver avuto seguito: il conto complessivo si muove sempre intorno ai 330/335 milioni, una situazione stagnante. Ecco perché mercati e osservatori hanno reagito in modo contraddittorio alla nuova campagna lanciata contro l’ecosistema fake.
Allargando lo sguardo, gli estremi del piano sono stati messi nero su bianco pochi giorni fa da Yoel Roth e Del Harvey, rispettivamente responsabile delle policy e vicepresidente per la sicurezza e la fiducia. Rispetto a quelli annunciati in passato, come le nuove policy sull’hate speech, si va dalla riduzione della visibilità dei contenuti pubblicati dagli account sospetti e dal loro scorporo dai numeri ufficiali della piattaforma all’irrigidimento delle procedure d’iscrizione (per cui serve un numero di telefono o una mail) fino all’espansione del programma di identificazione basato sui comportamenti anche grazie alla recente acquisizione della startup statunitense Smyte, specializzata nel settore: quando il sistema individua un eccessivo volume di contenuti pubblicati con lo stesso hashtag o account l’utente viene invitato a una verifica come un Captcha, un po’ la stessa che sottopone Google quando si fanno troppe ricerche su Google News, in un ristretto lasso di tempo. Se i risultati non convincono, se ne occupa un team in carne e ossa.
Basterà? Probabilmente molto dipenderà anche, purtroppo, dai conti del nuovo trimestre, che contribuiranno a chiarire i dubbi. La lotta alle fake news passa, come per tutte le piattaforme digitali legate a filo diretto con Wall Street, anche e soprattutto attraverso “il colore dei soldi”.