Tra genio e spleen anni ’80. In attesa del finale di stagione, sguardo ravvicinato su “Stranger Things”, serie targata Netflix
Molto più di un’avventura horror. Un’esplosione di creatività pop anni ’80.
Back to the 80s. I punti cardinali sono “E.T. L’extra-terrestre” (1982), “Ghostbusters” (1984), “I Goonies” (1985), come pure “Nightmare” (1984) e “Alien”(1979). Parliamo della bussola narrativa dei Duffer Brothers, i fratelli Matt e Ross Duffer, registi-sceneggiatori statunitensi classe 1984 creatori della serie Tv “Stranger Things” (dal 2016, con 4 stagioni), uno dei titoli di punta di Netflix, già un cult. La serie è stata concepita come omaggio alla Hollywood anni ’80, a quei titoli diventati iconici, amati da generazioni di spettatori. Tra quelli menzionati, forse il più ricorrente è proprio “I Goonies”, storia di un gruppo di preadolescenti acuti e coraggiosi, etichettati come “nerd” o “sfigati”, sulle tracce di un tesoro nascosto come novelli Indiana Jones. I Duffer Brothers ci riportano nella stessa cornice temporale, sociale, con un’attenzione maniacale a scenografie, musiche e costumi, nonché a rimandi culturali. Il risultato? Un successo globale, da record, che ha fortificato le fondamenta della piattaforma. In attesa del finale della 4a stagione, dal 1° luglio 2022, ecco un approfondimento.
Il bambino scomparso. Novembre 1983, Hawkins (Usa), i quattro amici preadolescenti Mike, Dustin, Lucas e Will hanno appena finito una partita a un gioco di ruolo; è tardi e, in sella alla bicicletta, sulla via di casa uno di loro, Will, scompare. Inghiottito dalla notte. Partono le ricerche condotte dallo sceriffo Jim Hopper (David Harbour) e dalla madre del ragazzo Joyce (Winona Ryder), mentre gli amici scandagliano il bosco trovando una bambina misteriosa, Undici (Millie Bobby Brown)…
Pros&Cons. Stupore, terrore, assoluta meraviglia! Ecco le sensazioni che si agitano nell’animo alla vista di “Stranger Things”, una serie Tv Netflix difficile da etichettare. Non è semplicemente un racconto che unisce avventura, fantastico e thriller-horror; si tratta di un viaggio acuto, colto, a tratti agghiacciante, nei sentieri della storia del cinema anni ’80. I Duffer Brothers omaggiano il decennio pop della nuova Hollywood, rielaborandolo però in chiave incisiva e attuale, con una carica di innovazione che si gioca tra entusiasmo e malinconia.
Dentro “Stranger Things” troviamo la fotografia sociale e familiare dell’America del tempo, un Paese dalle luci abbaglianti, percorsa dal sogno del riscatto, ma anche dalle profonde miserie e contraddizioni; le suggestioni horror, poi, indicano le visualizzazioni degli incubi tanto dell’infanzia, del singolo, quanto generali di una Nazione tallonata dalla minaccia “rossa”. Ancora, le famiglie sono percorse da amore e sacrificio – la mamma di Will, una straordinaria Winona Ryder (bentornata!) – ma anche colte per silenzi ingombranti o con figure latitanti: i grandi assenti sono soprattutto i padri, come in “E.T.”.
Elemento chiave, affascinante, nonché educativo, rimane l’amicizia, quel legame granitico che sboccia nell’infanzia, solidale, che salva. Gli amici di sempre, e per sempre. “Stranger Things” conquista per messa in scena, ambientazioni e citazioni, seppur con un twist di brivido, conferendo il genio creativo dei Duffer. Applausi! Serie Tv complessa, problematica.