Sandra Oh sale in cattedra. Su Netflix la serie “The Chair. La direttrice”
Sguardo semiserio sul mondo dell’università Usa, tra le firme anche il duo Benioff e Weiss, autori di “Game of Thrones”.
O capitano! Mio capitano! Così la poesia di Walt Whitman divenuta manifesto del film “L’attimo fuggente” (“Dead Poets Society”, 1989) di Peter Weir con il compianto Robin Williams. Come non ricordare la scena finale, quando la classe del collegio di Welton si ribella alle rigide regole del sistema accademico e sale sui banchi per salutare il prof. John Keating, estromesso per i suoi metodi anticonvenzionali, moderni. Lo sfondo è l’America al crocevia del cambiamento, il 1959, scenario di uno scontro aperto tra generazioni. Quel film e soprattutto la figura del prof. Keating sono diventati un punto di riferimento nelle narrazioni dei decenni successivi tra cinema e Tv. E proprio lungo quel binario si muove la nuova miniserie Netflix “The Chair. La direttrice” (6 episodi da 30 minuti) disponibile dal 20 agosto, che vede la firma dell’attrice-produttrice Amanda Peet insieme alla coppia creativa David Benioff e Daniel B. Weiss noti per “Il Trono di Spade”. Protagonista è Sandra Oh, star di “Grey’s Anatomy” e “Killing Eve”.
Pioniera. La prof.ssa di Letteratura inglese Ji-Yoon Kim viene nominata direttrice di dipartimento alla Pembroke University. È la prima donna a ricoprire l’incarico, la prima asiatica. Dopo il valzer iniziale di onori e festeggiamenti, la direttrice viene messa davanti a una serie di problemi non poco spinosi: rinnovare il dipartimento mandando in pensionamento forzato alcuni veterani e avviare la procedura di licenziamento del collega Bill Dobson…
Pros&Cons. Al di là dei riferimenti a “L’attimo fuggente” come pure a “Mona Lisa Smile” (2003), la serie “The Chair” sembra in verità prediligere il modello narrativo del “Metodo Kominsky” (anche nel formato): un racconto giocato tra ironia graffiante e amarezza, una satira sulla società odierna. Lontani però dai riflettori di Hollywood, lo sfondo di “The Chair” è il sistema accademico: le pressioni dei finanziamenti privati che obbligano a rinnovamenti continui, al di là del profilo accademico; il corpo docente spaccato tra una vecchia guardia abbastanza stanca e imbolsita e nuove leve che affollano le loro aule con lezioni vibranti. A tutto questo si aggiunge una netta linea di denuncia contro le evidenti discriminazioni verso le donne, che con difficoltà arrivano a occupare ruoli di vertice; e quando ci riescono, come la protagonista Ji-Yoon Kim, il prezzo da pagare in termini di responsabilità è non poco elevato. Al di là della bravura di Sandra Oh come pure degli altri comprimari come Jay Duplass, Holland Taylor (fantastica!) e Bob Balaban, la serie “The Chair” parte con il piede giusto, forte di questo stile a metà tra commedia e dramma, per poi perdere però vigore e appeal lungo i sei episodi. Molti i temi in campo, che però la serie non approfondisce adeguatamente, avvitandosi in una chiusura frettolosa. Dunque, bene per “The Chair”, ma non benissimo. Aspettiamo di vedere se Netflix darà semaforo verde per una seconda stagione…