Lo streaming della settimana: “The Undoing. Le verità non dette”, “One Night in Miami…”, “Made in Italy” e “Bridgerton”
Nuovo appuntamento con le novità e i titoli più visti sulle piattaforme nella seconda settimana di gennaio. Anzitutto su Sky-NowTv c’è la miniserie “The Undoing. Le verità non dette” legal thriller psicologico firmato dal premio Oscar Susanne Bier, con la coppia Nicole Kidman e Hugh Grant. Ancora, in casa Prime Video troviamo “One Night in Miami…”, esordio alla regia per l’attrice Regina King, film passato fuori concorso a Venezia77 e in predicato per Globe-Oscar, come pure la serie tv “Made in Italy”, in programmazione anche su Canale 5, che racconta l’affermazione delle grandi case di moda nella Milano degli anni ’70
Nuovo appuntamento con le novità e i titoli più visti sulle piattaforme nella seconda settimana di gennaio. Anzitutto su Sky-NowTv c’è la miniserie “The Undoing. Le verità non dette” legal thriller psicologico firmato dal premio Oscar Susanne Bier, con la coppia Nicole Kidman e Hugh Grant. Ancora, in casa Prime Video troviamo “One Night in Miami…”, esordio alla regia per l’attrice Regina King, film passato fuori concorso a Venezia77 e in predicato per Globe-Oscar, come pure la serie tv “Made in Italy”, in programmazione anche su Canale 5, che racconta l’affermazione delle grandi case di moda nella Milano degli anni ’70. Ultimo titolo è la serie rivelazione delle feste targata Netflix, “Bridgerton”, l’incursione nel period drama inglese da parte della produttrice Shonda Rymes. Il “punto streaming” con la Commissione nazionale valutazione film Cei e l’Agenzia Sir.
“The Undoing. Le verità non dette” (Sky-NowTv)
Le attese sono state ben ripagate. La miniserie evento di Hbo “The Undoing. Le verità non dette”, dall’8 gennaio su Sky Atlantic e su NowTv, conferma grande qualità e tensione narrativa. Tra legal thriller e family drama a sfondo psicologico, la miniserie ci conduce in una suggestiva ed elegante New York, nel cuore di Manhattan, dove i coniugi Fraser vivono un’esistenza felice e agiata. Jonathan (Hugh Grant) è un affermato oncologo, mentre Grace (Nicole Kidman) è una psicoterapeuta realizzata; la coppia ha un figlio preadolescente, Henry (Noah Jupe). Dall’esterno non si avvertono crepe. Il quadro familiare vacilla, anzi va proprio in frantumi, nel momento in cui Jonathan viene accusato dell’omicidio della pittrice Elena Alves (Matilda De Angelis), madre di un compagno di scuola di Henry.
Giocata in sei tesissime puntate, del tutto magnetiche, “The Undoing” si rivela una miniserie scritta, diretta e interpretata in maniera eccellente.
A capo del progetto, adattamento del romanzo “Una famiglia felice” di Jean Hanff Korelitz, c’è David E. Kelly, che ha firmato la pluripremiata “Big Little Lies” (2017-2019), mentre alla regia troviamo la danese Susanne Bier, autrice culto premiata con l’Oscar per “Un mondo migliore” (2010) e nota anche per la serie “The Night Manager” (2016). L’impianto narrativo di “The Undoing” è di matrice crime, l’enigmatico omicidio della giovane madre Elena Alves, evento che sconquassa la dimensione familiare dei Fraser; ben presto il racconto prende il binario del legal thriller, con la messa in stato di accusa di Jonathan. La regia della Bier e la scrittura di Kelly sono abilissime nel confondere lo spettatore, nell’instillare il dubbio di colpevolezza per ciascun personaggio in campo, da Jonathan a Grace fino al figlio Henry, passando per il marito di Elena o padre di Grace, un sempre inappuntabile Donald Sutherland. Il meccanismo narrativo, che scopre scampoli di verità e disinnesca colpi di scena puntata dopo puntata, ricorda molto quello della prima stagione di “Big Little Lies”.
“The Undoing” è dunque un prodotto di indubbio pregio, valorizzato da un cast perfettamente in parte;
unico punto debole è un finale frettoloso e tirato via (subito dopo l’ultimo colpo di scena giocato in tribunale). Peccato! Nell’insieme “The Undoing” è una miniserie ottima, che dal punto di vista pastorale è da valutare come complessa, problematica e per dibattiti. Per un pubblico adulto.
“One Night in Miami…” (Prime Video)
È stato salutato con molti applausi alla 77a Mostra del Cinema della Biennale di Venezia il film “One Night in Miami…”, esordio alla regia dell’attrice premio Oscar Regina King (“Se la strada potesse parlare”, 2019) nonché premio Emmy lo scorso settembre per la serie “Watchmen” (2019). Attorno a “One Night in Miami…” (dal 15 gennaio su Prime Video) si fanno già molti pronostici per i Golden Globe e gli Oscar. Ispirato a fatti veri, sul tracciato di una spettacolo teatrale firmato da Kemp Powers, il film della King ci porta nell’America degli anni ’60, esattamente alla notte del 25 febbraio del 1964, quando Cassius Clay viene incoronato campione del mondo dei pesi massimi. Il racconto si concentra sulle ore successive, sull’incontro in albergo di Cassius Clay (pronto ad abbracciare la religione islamica diventando Muhammad Ali) con Malcolm X, Sam Cooke e Jim Brown. Una notte tra amici trascorsa scambiandosi riflessioni, confidenze e incertezze sul domani, mentre sullo sfondo vanno divampando fermenti e fratture sociali, in primis le discriminazioni verso la comunità afroamericana.Debitore del copione teatrale, la narrazione elegge come protagonista la parola, i dialoghi, vero cuore del film; accanto a questo funzionano egregiamente le atmosfere eleganti e le musiche del tempo,
cui imprime intensità e vigore la regia della King. Nonostante qualche sbavatura, qualche piccola lungaggine, “One Night in Miami…” si rivela un film di grande fascino e densità, raccontandoci le esistenze di quattro figure destinate a incidere nella storia degli Stati Uniti, e del mondo. Dal punto di vista pastorale, il film “One Night in Miami…” è consigliabile, problematico e per dibattiti.
“Made in Italy” (Canale 5, Prime Video)
Sulla piattaforma Prime Video è disponibile già dal settembre 2019, mentre su Canale 5 è arrivata in prima serata solo a gennaio 2021. Parliamo della serie tv “Made in Italy”, ideata e prodotta da Camilla Nesbitt per Taodue-Mediaset con The Family e la piattaforma di Amazon. Otto episodi per raccontare i grandi stilisti del nostro Paese come Missioni, Krizia, Ferré, Armani, Valentino, Versace e Fiorucci, che si sono imposti nella Milano degli anni ’70;un racconto teso a omaggiare la grande tradizione sartoriale italiana, fotografando la società e i cambiamenti del tempo.
La costruzione narrativa è abbastanza semplice: l’incursione nel frenetico mondo della moda milanese attraverso la ventenne Irene (Greta Ferro), prossima alla laurea in Storia dell’arte che intraprende un tirocinio nella rivista di moda “Appeal”; figura mentore è la giornalista Rita Pasini, interpretata dalla brava Margherita Buy (che gioca a fare un po’ il verso alla Meryl Streep di “Il diavolo veste Prada”). Elemento di pregio della serie “Made in Italy” sono senza dubbio i ritratti dei grandi creativi italiani attraverso dei riusciti “mash-up fotografici” (focus con vere istantanee d’epoca tra vestiti, bozzetti e sfilate) e raccordi di finzione grazie alle interpretazioni degli stilisti da parte di Roaul Bova, Stefania Rocca, Enrico Lo Verso e Claudia Pandolfi. Tutto ciò offre indubbio fascino ed eleganza al racconto. Altro livello narrativo sono i temi caldi del periodo storico, tra cui le tensioni sociali, le proteste nelle fabbriche, i risvolti rivoluzionari di matrice terroristica o le fratture familiari. Qui, il racconto si fa più basico e debole, incline a facili stereotipi. Nell’insieme “Made in Italy” è consigliabile, problematico e adatto per dibattiti, idoneo principalmente per un pubblico adulto per i temi in campo.
“Bridgerton” (Netflix)
Vero trionfatore tra le piattaforme sotto Natale e ancora sul podio dei più visti di Netflix è la serie in otto puntate “Bridgerton”, period drama inglese messo a punto dal team di Shonda Rhimes – la serie è ideata da Chris Van Dusen, dai romanzi di Julia Quinn –, produttrice a capo di successi come “Grey’s Anathomy”, “Scandal” e “Le regole del delitto perfetto”. “Bridgerton” è un vero e proprio colpo di fulmine globale, soprattutto per le spettatrici, perché è capace di unire l’elegante scenario della nobiltà inglese di inizio Ottocento, tra dimore e costumi mozzafiato, con le vibranti tensioni del cuore che richiamano l’universo letterario di Jane Austen.Alle dinamiche sentimentali raffinate e ironiche alla Austen, i creatori di “Bridgerton” hanno aggiunto però anche sfumature ben più decise, audaci,
portando il racconto sui territori della scoperta della carnalità, soprattutto nella prospettiva femminile. Nell’insieme “Bridgerton” funziona, e non poco, anche se con un meccanismo furbo, anzi furbissimo; un mix narrativo di ironia e romanticismo, corroborato da una messa in scena seducente. Dal punto di vista pastorale la serie “Bridgerton” è consigliabile-semplice, problematica. Più adatta a un pubblico adulto.