E se i nazisti avessero vinto la guerra? L’uomo nell’alto castello. La distopia di Amazon Prime che richiama l’attualità
Disponibile su Amazon Prime la terza stagione de “L’uomo nell’alto castello”, tratto da un romanzo distopico di Philip K. Dick. Anche in un mondo in cui nazisti e giapponesi hanno vinto la guerra si può riaffermare la propria libertà contro il pensiero unico.
Il nome di Philip K. Dick è certamente noto agli amanti della fantascienza. Se nel secondo dopoguerra autori come Asimov scandagliavano con la fantasia i meandri del cosmo o gli stupori dell’avanzata tecnologica, Dick scavava dentro l’animo umano, sempre più disorientato e sempre più solo di fronte all’avanzata della modernità.
“La svastica sul sole” (nell’originale “The Man in the High Castle”, l’uomo nell’alto castello), pubblicato nel 1962, ipotizza un mondo in cui ad uscire vittoriosi dalla Seconda Guerra Mondiale non sono gli alleati, ma Germania e Giappone. In questa versione alternativa degli anni ‘60, il terzo Reich e l’Impero del Sol Levante si sono spartiti il mondo e sono precipitati in una guerra fredda.
Nel romanzo Dick ribalta la domanda che si fanno i lettori e la mette nell’animo dei suoi personaggi: “E se avessero vinto gli alleati?”, dando lo spunto per viaggi dimensionali e realtà alternative comunicanti.
Venerdì 5 ottobre sono usciti i dieci episodi della terza stagione de “L’uomo nell’alto castello”, serie TV prodotta e pubblicata da Amazon Prime, servizio di streaming incluso per tutti gli abbonati al megastore digitale.
L’impatto visivo della serie, che viaggia da una San Francisco sotto l’influenza giapponese e una New York del Terzo Reich è sconvolgente, anche per la cura dei dettagli, dai costumi e dagli arredamenti. L’atmosfera è quella degli anni ’60 che ricordiamo, stravolti però da iconografia e stile dei totalitarismi. Rivediamo alcuni personaggi storici, da un Hitler anziano e malato a un Edgar Hoover che invece di guidare l’FBI lavora all’intelligence nazista.
Rispetto al romanzo, la serie Tv ideata da Frank Spotnitz esplora i chiaroscuri della moralità umana, evitando di dividere nettamente il mondo in buoni e cattivi. C’è sì una resistenza lodevole, con alcuni membri che si rendono però protagonisti anche di nefandezze e ci sono due imperi del male al cui interno, però, lavorano alcuni funzionari che, comprendendo le contraddizioni dei loro regimi, mettono a rischio la loro vita per la pace.
È un mondo orribile quello de "L'uomo nell'alto castello", dove la propaganda annichilisce e le menti, dove le chiese sono state demolite, le Bibbie bruciate e nel quale i ragazzini, al primo sintomo di malattia o di disabilità, spontaneamente scelgono di sottoporsi a eutanasia. Ma è un mondo dove chiunque può ancora scegliere tra il bene e il male e dove la responsabilità, in ultima istanza, è rimasta nella sfera di competenza del singolo individuo. Forse proprio questo motivo nelle puntate di Amazo si erge a protagonista un personaggio non presente nel romanzo: si tratta di John Smith, obergruppenführer suo malgrado ai vertici del nazismo americano, che tra le folli idee totalitarie e la sua famiglia sceglierà sempre la seconda.
“L’uomo nell’alto castello” sembra tenere ben presenti i pericoli di una regressione a questo passato che stanno riemergendo negli ultimi tempi. Alcuni accenni sono chiari riferimenti all’attualità politica, specie alla violenza delle parole, alla perdita di empatia e alla demonizzazione del nemico, ma ci ricorda che anche in questo ennesimo universo parallelo che è la nostra realtà si può fare sempre, come singoli individui, la scelta giusta.