Carlo Conti: “In ospedale ho pregato per me e per gli altri malati”
Un volto noto, il conduttore di punta della Rai ma prima di tutto uno di noi. Per chi lo conosce di persona come per chi lo ha visto solo in tv Carlo Conti è questo, per quella sua immediatezza e innata simpatia che lo caratterizzano da sempre. Per i toscani, inoltre, c’è anche il “di più” della conterraneità. E allora, la notizia del suo ricovero causa Covid aveva fatto preoccupare un po’ tutti in Toscana. In questa intervista per Toscana Oggi, il conduttore ripercorre la sua disavventura con il coronavirus.
Un volto noto, il conduttore di punta della Rai ma prima di tutto uno di noi. Per chi lo conosce di persona come per chi lo ha visto solo in tv Carlo Conti è questo, per quella sua immediatezza e innata simpatia che lo caratterizzano da sempre. Per noi toscani, inoltre, c’è anche il “di più” della conterraneità. E allora, diciamolo sinceramente, la notizia del suo ricovero causa Covid aveva fatto preoccupare un po’ tutti. Anche per questo ci fa un gran piacere averlo ospite sulle nostre pagine in questo numero di Natale.
Ciao Carlo e grazie di essere con noi. Prima di tutto come stai?
Bene, diciamo che ho ripreso al 99,9 per cento! È stata una brutta disavventura che ho superato con il supporto di medici e infermieri straordinari dell’ospedale fiorentino di Careggi. Mi sono fatto una settimana di ospedale per precauzione, perché iniziavano a essere interessati i polmoni.
Il virus è subdolo, arriva quando meno te lo aspetti e non riesci a capire neppure dove lo hai preso: però c’è, esiste eccome e si diffonde in maniera molto rapida, dunque bisogna stare attenti.
In questa seconda fase, a differenza della prima, tutti abbiamo tra parenti, amici e conoscenti qualcuno che lo ha contratto e anche gli scettici credo abbiano capito.
Ti ha un po’ cambiato quest’esperienza?
Nella settimana all’ospedale ho rafforzato certe convinzioni: quanto la salute e la nostra vita siano una ricchezza, quanto siano importanti la famiglia e certi valori, quanto sia importante, nei limiti del possibile, guardarsi sempre indietro e aiutare gli altri.
Mi sono accorto che nei momenti del bisogno si prega sempre più del normale: anch’io l’ho fatto e mi sono trovato con piacere a pregare non solo per me ma anche per altri malati che erano ricoverati.
Quello che ci lasciamo alle spalle non è certamente uno dei migliori anni della nostra vita. Ma secondo te c’è qualcosa da salvare?
Come in tutte le esperienze negative credo che anche questa volta ci sia qualcosa da imparare. Spero che una gran fetta dell’umanità riscopra i valori che dicevo prima e capisca l’importanza di ridimensionare la nostra rincorsa esagerata ad avere sempre di più. Non credo che tutti riescano a percepire queste cose, però se in tanti le comprendiamo, compreso il sottoscritto, allora da questo anno così tragico arriverà un elemento positivo.
Il 2020 ha portato via anche tanti volti noti, l’ultimo è Paolo Rossi. Che effetto ti fa vedere scomparire quelli che sono stati un po’ i miti di gioventù?
A una certa età la vita si riprende anche alcune cose belle che ti ha dato, dei campioni, delle persone che hai conosciuto, delle amicizie; se li prende e se li porta via per sempre anche se resteranno nel tuo cuore e nella tua memoria. In questi giorni con la scomparsa di Paolo Rossi tutti abbiamo ricordato le partite del mondiale ’82 e magari ognuno di noi ha ricordato con chi era, con chi ha visto la partita, quanti anni aveva, come vestiva…
È stata ed è dura, anzi durissima, anche per il mondo dello spettacolo…
Sì, come tanti altri settori anch’esso è stato travolto da questo tsunami incredibile. Non tanto il grande nome, il big, ma tutto quello che c’è dietro, tanti ragazzi che lavorano dietro le quinte.
Ci vorrà un po’ per riprendersi, come del resto per il turismo e tutto il suo enorme indotto: pensa a quante famiglie sono rimaste senza un sostentamento.
In questi giorni, come tutti gli anni, abbiamo fatto con l’Antoniano la raccolta per l’“Operazione pane”. I dati che arrivano dalle mense francescane sono impressionanti, abbiamo aumenti del 60 per cento di persone che si presentano ogni giorno a chiedere un pasto caldo ed è una cifra incredibile, vuol dire che c’è tutto un mondo di nuovi poveri che sono diventati tali per questo virus.
Parliamo del tuo lavoro. Com’è andata e cosa c’è alle porte?
È stato un anno particolare anche dal punto di vista televisivo. Ho fatto il David di Donatello da solo in studio, l’unico al mondo che ha presentato un premio così prestigioso con i premiati in collegamento. Poi una bellissima serata con Gianni Morandi, io e lui da soli di fronte alla basilica di Assisi per la raccolta fondi “Con il cuore in nome di Francesco”, che è stata impressionante. Mi sono inventato un programma senza pubblico e senza ospiti, “Top Dieci”, inoltre ho fatto “Tale e quale” da casa perché ho beccato il virus.
E ora, a partire dal 26 dicembre, il sabato sera tra le 20,30 e le 22,30 farò sette puntate speciali di “Affari tuoi”, i famosi pacchi di RaiUno.
Ho voluto dargli un significato un po’ particolare: prima di tutto ho ridotto il montepremi a 300 mila euro che sono già una cifra importantissima, poi ho pensato che sarebbe stato bello guardare al futuro coinvolgendo i più giovani. In ogni puntata gareggerà una coppia che si deve sposare e avrà l’opportunità di partire con un bel gruzzoletto, se riuscirà a guadagnarselo.
A fine anno invece ritornerà “Top Dieci” dopo il successo che ha avuto.
Come si prospetta il Natale in casa Conti? Tuo figlio Matteo ha dato una mano a fare albero e presepe?
Intanto ti rivelo che li abbiamo preparati ancor prima dell’8 dicembre, ben 10 giorni prima, per l’entusiasmo e la voglia di un calore, di un’emozione che quest’anno sarà superiore al passato anche per chi non crede:
forse sarà un Natale meno consumistico ma più attento ai valori e alla ricerca di contatti umani.
Inoltre il presepe lo abbiamo fatto più grande del solito; abbiamo preso il muschio dal giardino e ci abbiamo messo anche altre figure. Matteo ci ha già messo i Re Magi, con largo anticipo, e Gesù Bambino, ma nascosto da una copertina! Ha anche scritto per la prima volta di persona la letterina a Babbo Natale perché ha sei anni e mezzo ed è in prima elementare. Ha scritto “sono stato abbastanza buono” ed è stato onesto! Poi nonostante desideri cinque regali ha detto “scrivo solo tre cose, magari me le porta”, e io: “Scrivile tutte e cinque e poi cosa portarti lo decide Babbo Natale”. Non ha chiesto cose sconvolgenti, semplicemente delle macchinine e delle palline magnetiche.
E come passerete il giorno della festa?
Facciamo Natale a Firenze. Saremo sei precisi, ci sono anche i genitori di mia moglie Francesca che si sono trasferiti in città. Mancherà qualche mio cugino che non potrà aggregarsi, quindi sarà un Natale con i familiari più stretti e questa è la cosa più importante. Quando veniva zia Edda da Livorno c’era sempre il cacciucco che lei faceva con grande amore: quest’anno non sarà così e andremo sul classico con i tortellini cotti in un bel brodo di una gallina dell’orto e poi la carne. Probabilmente faremo la cena della vigilia a base di pesce perché i miei suoceri sono di origine meridionale e lì si festeggia la vigilia. A Messa sarò in una delle mie due parrocchie, perché la residenza ce l’ho in centro e la mia chiesa è il “vecchio Duomo” in via delle Terme: ma in questo periodo siamo in campagna, sopra Careggi, e allora andrò in una chiesetta piccolissima in via dell’Osservatorio… diciamo che faccio come i Medici!
Allora buon Natale! E tu cosa ci vuoi augurare?
L’augurio è quello della salute, la prima grande ricchezza, e poi la serenità che, attenzione, non è la felicità ma una cosa ben diversa e molto più importante.
Infine, l’augurio di poterci tornare ad abbracciare quanto prima nel 2021, un gesto così apparentemente quotidiano e insignificante al quale non davamo più la grande importanza che invece ha. Dobbiamo sempre più renderci conto dell’importanza dei piccoli gesti e dei rapporti umani.
Lorella Pellis
(intervista originariamente pubblicata su “Toscana oggi “)