Best british dramas. Su Sky e Now da febbraio “Vigil. Indagine a bordo”, poliziesco con sfumature da dramma esistenziale
La storia prende le mosse da un fatto realmente avvenuto pochi anni fa tra le fila della Royal Navy, episodio che la penna di Tom Edge ha saputo trasformare in un racconto compatto ad alta tensione.
A scuola di poliziesco. Gli inglesi non sono solo un punto di riferimento, nelle narrazioni cinematografiche e televisive, per il racconto storico o period drama, citando gli acclamati modelli “The Crown” e “Downton Abbey”. Hanno infatti un talento fuori misura nel giallo e nel poliziesco. Senza scomodare i modelli letterari riconducibili a Arthur Conan Doyle e Agatha Christie, basta citare nel cinema il maestro della suspense Alfred Hitchcock oppure acclamate serie Tv di recente produzione come “Broadchurch”, “Sherlock”, “Bodyguard” o il fenomeno “Line of Duty”. Ultima in ordine di tempo è la miniserie poliziesca “Vigil. Indagine a bordo” (2021, 6 episodi), creata da Tom Edge – suo è anche il crime “Strike” (dal 2017) sul detective Cormoran Strike dalla penna di J.K. Rowling– e targata Bbc e Itv. Protagonista è la sorprendente Suranne Jones, attrice che ha trovato grande popolarità con il dramma sentimentale “Doctor Foster”; accanto a lei Rose Leslie (“Game of Thrones”) e Shaun Evans (“Il giovane ispettore Morse”).
Crimine a bordo. Scozia oggi, a seguito della morte di un sottufficiale del sottomarino atomico HMS Vigil della Royal Navy, l’ispettore Amy Silva si reca a bordo per condurre un’indagine riservata. Tre giorni per capire se si tratta di morte accidentale, suicidio oppure omicidio…
Pros&Cons. C’è poco da fare, gli inglesi hanno talento. E molto! Un dato evidente analizzando i primi episodi della miniserie “Vigil. Indagine a bordo”, prodotta da World Productions. La storia di “Vigil” prende le mosse da un fatto realmente avvenuto pochi anni fa tra le fila della Royal Navy, episodio che la penna di Tom Edge ha saputo trasformare in un racconto compatto ad alta tensione, un’opera che oscilla tra scenario bellico-nucleare e poliziesco tradizionale, tenendo in campo anche una linea introspettiva che indaga le fragilità dell’umano.
Sulle prime “Vigil” sembra muoversi lungo il binario di un legal thriller stile “Codice d’onore” (“A Few Good Men”, 1992): l’indagine ostinata della detective Silva per stabilire chi abbia ucciso il sottufficiale Craig Burke (Martin Compston) e perché. Dall’altro lato il racconto offre degli affondi da dramma psicologico-esistenziale: a bordo l’ispettore Amy Silva, nel condurre le indagini, sperimenta un viaggio emotivo nel passato familiare tra fratture e tormenti dell’animo. Amy è costretta a fare i conti con la perdita del compagno deceduto in un incidente d’auto, vettura finita in acqua da cui lei è riuscita a salvarsi. La claustrofobia che Amy sperimenta nel sottomarino le attiva, pertanto, un parallelismo con la stessa sensazione di soffocamento vissuta nell’abitacolo insieme al marito; un’angoscia palpabile e crescente che permea tutta la miniserie, che l’autore rende altamente credibile. Procedendo lungo gli episodi con un’abile scansione di colpi di scena, la serie “Vigil” si dimostra un riuscito thriller-poliziesco che dal punto di vista pastorale è da valutare come complessa e problematica, idonea per un pubblico adulto.