3 dicembre 1916: le forbici della censura sulle parole del papa
I pochi interventi di censura rilevabili sulla Difesa appaiono interessanti. Il primo, più vistoso, è quello del 3 dicembre 1916.Non meno significativo appare anche un taglio breve censorio sul numero del 20 gennaio 1918 quando si comunicano le condizioni poste da inglesi e americani per iniziare le trattative di pace. Quando fu il papa a fare la proposta, scrive la Difesa, «si trovò in lui l’amico della Germania, il conculcatore d’ogni diritto e chi più ne ha più ne mett...». Seguono cinque righe bianche. Anche le parole del papa, a quanto sembra, potevano danneggiare le sorti della guerra...
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La censura, in tempo di guerra, sembra essere un male inevitabile per controllare l’uscita di notizie che possano favorire il nemico con informazioni “sensibili” o deprimere il morale dei combattenti e del fronte interno.
Durante la prima guerra mondiale, poi, i generali e i governanti avevano a che fare con una base tutt’altro che favorevole al conflitto, sia che aderisse all’ideologia socialista sia che appartenesse al mondo cattolico, che si era dichiarato disposto ad accettare la guerra, ma certo non con entusiasmo e senza rinunciare, almeno nell’ambito dei gruppi parrocchiali, a perorare una rapida pace.
Fin dal marzo del 1915 la Camera dei deputati aveva approvato alcuni provvedimenti restrittivi «per la difesa economica e militare dello Stato» e il 23 maggio 1915 un regio decreto vietava la pubblicazione di notizie non comunicate dal governo e dai comandi superiori dell’esercito e della marina «relative allo stato e ai movimenti dell’esercito e dell’armata, ai relativi alti comandi, agli apprestamenti offensivi e difensivi, e al numero dei feriti, morti e prigionieri», il tutto con il benestare del presidente della Federazione nazionale della stampa Salvatore Barzilai, il quale invitava tutto i giornalisti a «sentire senza limiti e senza riserve il vincolo della disciplina nazionale».
Va detto comunque che i giornali nazionali (Corriere della sera, Stampa, Tribuna, Giornale d’Italia) erano in mano a forti gruppi economici che avevano tutto l’interesse a sostenere la guerra; erano comunque pensati per un pubblico colto e poco letti dai ceti popolari, che preferivano i settimanali, come la Difesa del popolo, magari letti ad alta voce la sera dal più alfabetizzato della famiglia o della corte.
Se la censura controllava anche la corrispondenza privata, soprattutto da e per il fronte, compito che si rivelò comunque troppo arduo, il controllo sulla stampa rimase ferreo per tutto il periodo della guerra.
E non interessava solo le questioni militari: il regio decreto sulla stampa dava ai prefetti il potere di sequestrare ogni stampato che a loro giudizio potesse «deprimere lo spirito pubblico, scuotendo la fiducia nelle autorità dello Stato, eccitando gli urti tra i partiti politici, o altrimenti essere gravemente pregiudizievole ai supremi interessi nazionali connessi con la guerra e con la situazione internazionale dello stato».
Nelle Norme e istruzioni pel funzionamento del servizio di censura diffuse riservatamente dal ministero dell’interno all’inizio del 1917, si chiarisce:
«Le guerre moderne non si decidono solo, alle frontiere, dagli eserciti che stanno in campo: esse impegnano tutte le risorse materiali e morali dei popoli, di guisa che l’andamento della guerra può esser compromesso non meno dalla pubblicazione degli effettivi militari, dei cannoni e delle munizioni di cui dispongano, che da qualsiasi altro mezzo il quale, con l’enorme, rapida diffusione della stampa contemporanea, porti negl’intimi tessuti dell’organismo sociale un’azione dissolvente, o anche soltanto deprimente».
Letti da questa angolazione i pochi interventi di censura rilevabili sulla Difesa appaiono interessanti.
Il primo, più vistoso, è quello del 3 dicembre 1916resta da capire che cosa ci fosse nell’articolo del settimanale diocesano di così diverso rispetto a quanto usciva sugli altri periodici, e riportato nel numero successivo, da motivarne la cancellazione.
L’intervento successivo è già nel numero seguente, del 10 dicembre. Una notizia da Terrassa Padovana che racconta «una solenne ufficitura funebre per quei valorosi figli di quest’oscuro paesello che nell’attuale guerra, consci del loro dovere, sacrificarono generosamente la vita per la grandezza della Patria nostra» viene improvvisamente troncata da una ventina di righe bianche, per riprendere: «Vi accolga l’eterna pace...».
Più significativo appare un taglio breve censorio sul numero del 20 gennaio 1918 quando si comunicano le condizioni poste da inglesi e americani per iniziare le trattative di pace. Quando fu il papa a fare la proposta, scrive la Difesa, «si trovò in lui l’amico della Germania, il conculcatore d’ogni diritto e chi più ne ha più ne mett...». Seguono cinque righe bianche. E ancora sul papa insiste il taglio del 16 giugno che interviene addirittura sul titolo di un trafiletto che riporta le parole dell’on. Longinotti al convegno dei cattolici bergamaschi...
Abbiamo scritto
3 dicembre 1916 Si prepara un’offensiva tedesca contro l’Italia?
Da qualche tempo corrono voci, riferite da tutti i giornali, di una prossima offensiva tedesca contro l’Italia, la quale si effettuerebbe dal Trentino. A tale proposito riproduciamo volentieri le seguenti considerazioni confortanti che togliamo dal Corriere Vicentino, in caso di essere informato probabilmente più che tutti gli altri giornali. «Vano è stato finora l’assaggio che le artiglierie austriache sono andate facendo alla frontiera tridentina, specialmente tra l’Adige e il Brenta. (...) Il comando austriaco deve considerare con crescente pessimismo la propria situazione anche per un’altra ragione. Con lo scorrere dei giorni infatti viene sempre più a mancargli quell’unica probabilità che gli dava la possibilità di poter agire anche d’inverno: (...) dei dicembri nei quali la neve scompaia o quasi dalle nostre prealpi. Ora anche questa estrema e unica difficilissima probabilità sta venendo meno al nemico».
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