Welfare tra dinamiche demografiche e spesa: “Ecco le 6 priorità di azione per il sistema italiano”

“Welfare, Italia” ha individuato e presentato oggi 6 priorità d’azione, supportate da specifici indirizzi operativi, che il Paese deve affrontare per contrastare la dinamica demografica negativa del Paese e rendere più sostenibile la spesa in welfare alla luce dell’evoluzione demografica. Indici regionali, in testa Trento e Bolzano, in coda la Calabria

Welfare tra dinamiche demografiche e spesa: “Ecco le 6 priorità di azione per il sistema italiano”

Dato il quadro generale, “Welfare, Italia” ha individuato e presentato oggi 6 priorità d’azione, supportate da specifici indirizzi operativi, che il Paese deve affrontare per contrastare la dinamica demografica negativa del Paese e rendere più sostenibile la spesa in welfare alla luce dell’evoluzione demografica. Eccole.

Integrare il tema della natalità all’interno della tassonomia sociale europea. Afferma “Welfare, Italia”: “L’Unione Europea è l’area globale con il più basso tasso di natalità e detiene competenze limitate in ambito sociale per affrontare la questione, ma può fare leva su strumenti che – indirettamente – possono impattare il tema demografico, come la tassonomia sociale (che identificherà le attività economiche socialmente sostenibili, analogamente a quanto fatto sul versante ambientale). La proposta è di introdurre in esplicito, all’interno della Tassonomia sociale, un sotto-obiettivo connesso alla natalità, orientando così gli investimenti verso le realtà che forniscono un apporto positivo alla demografia”.

Promuovere misure finalizzate a sostenere la genitorialità e ad accrescere l’occupazione femminile. “Ad oggi l’Italia è penultima nell’Unione Europea per tasso di occupazione femminile e 1° per tasso di part-time involontario (rappresenta la quota di donne che hanno accettato un lavoro part-time in assenza di opportunità di lavoro a tempo pieno). Oltre alle criticità nell’inclusione femminile, vi sono difficoltà specifiche per le famiglie: l’Italia ha infatti un record di spesa per la cura di un figlio a carico: il 27% del reddito familiare serve per accudire i figli vs. 25% di UK, 15% della Francia e 2% della Germania”.

“Per tutelare donne e famiglie e promuovere la genitorialità – si sottolinea -, gli interventi da attuare prevedono il rafforzamento strutturale degli strumenti di sostegno alle famiglie e alla natalità (valorizzando anche il Terzo Settore), la trasformazione dei congedi di maternità e paternità in congedi gender neutral, l’adozione di misure a supporto della maternità a 360° (corsi di formazione per l’up-skilling o il re-skilling), l’introduzione di incentivi fiscali per le persone fisiche anche per favorire la previdenza complementare tra le donne e l’adozione di misure rivolte alle imprese, come certificazioni, incentivi e/o meccanismi premiali”.

Mitigare i flussi migratori in uscita e rendere più efficiente il mercato del lavoro anche per i cittadini stranieri. “Oggi il saldo migratorio italiano è caratterizzato dalla fuga di cervelli e da un’immigrazione poco ‘qualificata’ – si evidenzia -. Da un lato, nel 2020 sono emigrati circa 40 mila giovani tra i 25 e i 34 anni (1/3 degli emigrati totali) e di questi circa 18 mila possiedono almeno la laurea (la quota di laureati sul totale dei giovani emigrati è passata da 38,7% nel 2019 a 45,6% nel 2020), con un costo per emigrato per il Paese tra 939 mila euro e 1,5 milioni di euro sulla base del titolo di studio. Dall’altro lato, solo il 6,4% dei permessi di soggiorno rilasciati è per lavoro (vs. 56,9% per motivi famigliari), anche a causa di un mercato del lavoro poco attrattivo: l’Italia è 22° tra i Paesi UE per tasso di occupazione degli immigrati (57,8%) e solo il 13% degli stranieri in Italia è laureato, il valore più basso tra i Paesi Ocse”.
“Welfare, Italia” propone di “potenziare i centri per l’impiego con l’obiettivo di efficientare e rendere attrattivo il mercato del lavoro nel complesso, tramite la creazione di banche dati nazionali e il tracciamento puntuale di ogni offerta di lavoro formulata, l’integrazione delle agenzie di intermediazione private nella selezione delle offerte e il rafforzamento del matching tra i fabbisogni professionali delle imprese e le competenze, anche tramite specifiche piattaforme digitali”.

Valorizzare il contributo della componente previdenziale integrativa. “L’aumento della spesa previdenziale non potrà essere gestito senza un adeguato contributo del settore privato che, tuttavia, ad oggi risulta sotto-valorizzato: in Italia la partecipazione alle forme di previdenza integrativa è pari al 34,7% dei lavoratori (vs. 55% in Germania e 88% nei Paesi Bassi) e, se si considerano gli individui che nel 2021 hanno versato contributi nei fondi previdenziali, il tasso di partecipazione si ferma al 25,4%. A questo si aggiungono importanti differenze territoriali (dal tasso di partecipazione del 57,5% del Trentino-Alto Adige al 25,2% della Sardegna), di genere (30,9% tra le donne e 37,5% tra gli uomini), ma anche di età (23,9% negli under-35, rispetto al 45,1% nella fascia 55-64 anni)”.

In questa prospettiva, l’indirizzo del Think Tank “Welfare, Italia” si sostanzia lungo tre ambiti, “connessi all’ampliamento della previdenza integrativa (con la previsione di una posizione previdenziale integrativa per tutti i nuovi nati), alla maggiore flessibilità della previdenza complementare (portabilità della deducibilità fiscale, anticipazioni straordinarie in caso di emergenze e trasferimento ai figli della posizione maturata) e alla cultura del welfare (attraverso campagne di sensibilizzazione e informazione)”.

Favorire l’allargamento dell’offerta dei servizi di welfare attraverso le soluzioni di welfare contrattuale e aziendale. “Al 2021 la spesa sanitaria privata ha raggiunto i 41 miliardi di euro (+7,4% rispetto al 2020), rappresentando il 24,4% della spesa sanitaria totale e l’Italia è il 1° Paese tra i Big-5 europei per spesa out-of-pocket sostenuta dalle famiglie italiane sul totale della spesa sanitaria privata (89,1%). L’indirizzo operativo è quello di promuovere la definizione del perimetro delle prestazioni sanitarie integrative (la cui disciplina è oggi meno sviluppata rispetto ai sistemi integrativi di tipo previdenziale) e un sistema di monitoraggio puntuale delle attività dei fondi sanitari. In questo scenario, il sistema dei fondi sanitari integrativi è caratterizzato da tre grandi ‘questioni aperte’: la definizione delle prestazioni integrative; l’identificazione di un sistema di monitoraggio puntuale delle attività dei fondi (oggi rimesso a più enti); la raccolta di dati sulle attività dei fondi”.

Ridefinire il Reddito di Cittadinanza come strumento di inclusione sociale e potenziare i meccanismi di attivazione e inserimento lavorativo. “Il Reddito di Cittadinanza si è rivelato uno strumento efficace nel contrasto alla povertà, ma permangono degli ambiti di ottimizzazione in termini di ‘precisione’: il 56% delle persone povere non ha effettivamente accesso al sussidio e 1 percettore su 3 in realtà non è povero. È invece meno efficace il funzionamento della componente relativa all’attivazione e all’inserimento lavorativo, oltre che per la ridotta capacità di presa in carico dei servizi sociali e dei centri per l’impiego, anche per il meccanismo che prevede che tutto il reddito da lavoro aggiuntivo guadagnato sia compensato da una riduzione di pari ammontare del RdC, lasciando reddito disponibile netto invariato rispetto al caso di assenza di lavoro (disincentivandone la ricerca)”.

In questo senso, gli indirizzi suggeriti dal Think Tank raccomandano di “valorizzare il ruolo di inclusione sociale (riduzione del requisito dei 10 anni di residenza in Italia, revisione della scala di equivalenza, differenziazione dell’importo del sussidio in base al costo della vita e adeguamento all’inflazione) e di potenziare i meccanismi di attivazione e inserimento lavorativo (revisione degli importi al variare dei redditi da lavoro e vincolo del sussidio alla partecipazione ai percorsi di formazione e attivazione)”.

Il “Welfare Italia Index” regionale

Infine i risultati del Welfare Italia Index 2022 - l'indicatore sintetico che valuta sia gli aspetti legati alla spesa in welfare sia aspetti legati ai risultati che questa spesa produce –, che fotografano una netta spaccatura tra Nord, Centro e Sud del Paese nella capacità di risposta del sistema di welfare delle regioni italiane.
“Si conferma quindi la forte eterogeneità tra i territori del Paese, sia con riferimento al sistema di welfare sia per quanto riguarda gli impatti del Covid-19 e i relativi effetti redistributivi legati a povertà assoluta e disoccupazione”, si afferma.

Nel dettaglio, la P.A. di Trento si conferma prima in classifica (81,3 punti), seguita dalla P.A. di Bolzano (78,7 punti) e dal Friuli-Venezia Giulia (77,4 punti). Il Veneto (70,1), l’ultima regione del Nord, si posiziona davanti a tutte le regioni dell’Italia centrale e meridionale.
In particolare, le ultime 8 Regioni appartengono tutte all’Italia Meridionale e Insulare e la prima dell’area – ovvero la Sardegna (14^ con 62,8 punti) – dista oltre 18 punti dalla P.A. di Trento e precede di circa 12 punti la Calabria, ultima in classifica.
Rispetto all’edizione precedente, emerge una lieve diminuzione della polarizzazione nella capacità di risposta del sistema di welfare delle Regioni italiane (-2,1 punti), con il divario tra Regione best e worst passato da 32,7 punti a 30,6 punti (principalmente per una diminuzione del punteggio della P.A. di Trento).

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)