Le atlete con l’hijab non potranno partecipare ai Giochi olimpici e paralimpici di Parigi

La denuncia di Amnesty international. “Approccio discriminatorio da parte degli organizzatori”

Le atlete con l’hijab non potranno partecipare ai Giochi olimpici e paralimpici di Parigi

“Secondo gli organizzatori, i Giochi olimpici e paralimpici di Parigi saranno i primi che promuoveranno l’uguaglianza di genere. Il divieto di partecipazione alle atlete che indosseranno l’hijab si fa beffe di questo solenne impegno e,mostra un approccio discriminatorio da parte degli organizzatori di Parigi 2024 e la debolezza del Comitato internazionale olimpico (Cio), che non è capace di far rispettare i propri valori". Lo sottolinea in una nota Amnesty International, 

Rispondendo blandamente a una lettera di un gruppo di organizzazioni per i diritti umani, il Cio ha affermato che il divieto imposto dalle autorità sportive va al di là del suo mandato, aggiungendo che “la libertà d’espressione è interpretata in modo differente nei vari stati”.

Il divieto francese è in contrasto con le regole di numerose federazioni sportive internazionali, tra cui quelle del calcio, della pallavolo e della pallacanestro. Analizzando le regole vigenti in 38 stati europei, Amnesty International ha verificato che solo in Francia esiste un divieto del genere.

Il divieto, com’è facile immaginare, avrà un impatto devastante sulle atlete di religione musulmana, che si troveranno a scegliere tra due opzioni perdenti: non partecipare al massimo evento sportivo globale o rinunciare a un aspetto della loro libertà di religione.

Il divieto non ha solo a che fare con gli imminenti Giochi olimpici e paralimpici; è infatti in vigore in diversi sport popolari francesi (calcio, pallavolo, pallacanestro), sia a livello professionale che dilettantistico. Molte atlete musulmane devono così rinunciare non solo alla carriera ma anche agli allenamenti che potrebbero renderle competitive. Solo alcune prendono la decisione di andare a praticare sport all’estero. Per la maggior parte di loro, i sentimenti prevalenti sono quelli dell’umiliazione e dell’esclusione.

Secondo il diritto internazionale, quella che comunemente è chiamata la “laicità dello stato” non è una ragione legittima per imporre limitazioni alla libertà di espressione e/o di religione. Le autorità francesi, che da 20 anni applicano leggi e regolamenti sull’abbigliamento delle donne e delle ragazze musulmane, fanno esattamente il contrario e non solo in ambito sportivo, alimentando razzismo, pregiudizio e islamofobia.

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)
Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)