Una nuova possibilità di ingegneria genetica per sostituire interi cromosomi
I ricercatori hanno provato a sperimentare in laboratorio il trapianto di un cromosoma X, che nell’essere umano può essere portatore di numerose malattie.
L’enorme e continuo sviluppo delle biotecnologie applicate alla medicina sta consentendo sempre più agli studiosi di immaginare e sperimentare nuove prospettive terapeutiche – talvolta davvero sorprendenti -, da impiegare soprattutto nel campo delle malattie genetiche. E, senza dubbio, può essere definita sorprendente la recente impresa di alcuni ricercatori dell’Istituto di ricerca genetica e biomedica del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Irgb) e dell’Ircss “Humanitas”, che per la prima volta sono riusciti ad ottenere – per ora soltanto in laboratorio – delle cellule staminali pluripotenti indotte (iPS), in cui un cromosoma X, originariamente caratterizzato da una anomalia genetica patologica, è stato sostituito con un altro sano. Lo studio, finanziato anche dalla Fondazione Nicola del Roscio, è stato pubblicato sulla rivista internazionale “Molecular Therapy: Methods & Clinical Development”.
Negli ultimi anni, già l’affinamento di tecniche più semplici di ingegneria genetica, come ad esempio la Crispr/Cas9 (la ormai arcinota “forbice molecolare” che permette di intervenire sulle porzioni del genoma malato, “tagliandole” e sostituendole con sequenze geniche sane), ha permesso di provare a correggere diverse malattie genetiche dovute alla presenza di pochi geni difettosi. Diversamente, le malattie cosiddette “genomiche”, ovvero dovute ad alterazioni di grandi porzioni del Dna (ad es. la maggior parte dei casi di Distrofia di Duchenne), possono essere corrette – allo stato dell’arte attuale – soltanto sostituendo l’intero cromosoma. Va infatti ricordato che i cromosomi, contenenti il Dna dell’individuo, sono componenti cellulari grandi circa un millesimo di millimetro, che possono essere trasferiti da una cellula sana ad una malata mediante l’uso di “microcellule”. Ma finora, il trapianto “cromosomico” (in cui un cromosoma difettoso viene sostituito in maniera perfetta con una sua copia sana) non era mai stato realizzato. Nel caso specifico, la metodica impiegata prevede l’introduzione dall’esterno di un altro cromosoma X e, successivamente, la selezione di quelle cellule in cui il nuovo cromosoma si è sostituito a quello originario. La cellula così ottenuta possiede quindi di nuovo un genoma normale, mantiene tutte le sue proprietà iniziali e può essere utilizzata per scopi terapeutici.
Il team di ricercatori, coordinati da Marianna Paulis e Paolo Vezzoni (Cnr-Irgb), con la collaborazione di Stefano Duga, professore di Biologia Molecolare di Humanitas University, hanno quindi provato a sperimentare in laboratorio il trapianto di un cromosoma X, che nell’essere umano può essere portatore di numerose malattie. “Si tratta – spiega Paulis – di un nuovo possibile metodo per curare alcune malattie genomiche attualmente incurabili, perché la lesione è troppo grossa per essere riparata mediante le tecniche attuali, incluso il gene editing basato sulla tecnologia Crispr”. “Bisogna tuttavia dire chiaramente – aggiunge Vezzoni – che ci vorranno parecchi anni perché questo approccio possa essere applicato al letto del malato. Questa tecnica permette anche di trasformare una cellula staminale maschile in una femminile, un risultato che non è mai stato ottenuto in precedenza”. “Il lavoro – conclude Duga – rappresenta un importante avanzamento scientifico dimostrando che le cellule, dopo il trapianto del cromosoma X, non presentano altre modificazioni inattese nelle sequenze codificanti del genoma, un aspetto molto importante per valutare la sicurezza della procedura in vista di possibili applicazioni terapeutiche”.