Una mascherina speciale. Pia e il coniglietto di Pasqua: potrà uscire in mezzo al virus?
Ci sono delle mascherine veramente particolari: sono quelle dei bambini.
Non c’è giorno che non si parli di loro. Ricercatissime e introvabili. Ancor più del gel disinfettante per le mani e del lievito di birra, per il quale improvvisamente abbiamo manifestato una vera e propria passione, scoprendo in questo periodo di “quarante-sima” quanto l’impastare il pane (e la pizza) sia un tratto genetico distintivo, che unisce tutti gli italiani, dalla Valle d’Aosta alla Sicilia.
Siamo diventati dei veri “esperti” in materia: chirurgiche, FFP2 e FFP3, con valvola, con filtro, riutilizzabili ed ecosostenibili, e chi più ne ha più ne metta. Pochi centimetri di tessuto abbracciato da due elastici, le mascherine – strumento di difesa dal virus, ma ancor più segno di rispetto verso gli altri – sono entrate a far parte di diritto del nostro outfit. E lo saranno ancora per molto tempo.
In questi giorni, in tanti si sono messi alla macchina da cucire. Ditte di abbigliamento e sartorie hanno convertito la loro produzione, il più delle volte distribuendo gratis i frutti del loro lavoro. Non solo. Ci sono le mascherine colorate realizzate, all’interno del progetto “made in carcere”, dalle donne della casa circondariale di Lecce, e quelle pazientemente cucite in conventi e monasteri, tra un’Ave Maria e un Padre Nostro. E poi ci sono quelle fatte dalle nonne, che in questi giorni, nell’impossibilità di abbracciare figli e nipoti, si prendono cura di loro con ago e filo. Mascherine curate fin nei minimi dettagli. Non sono omologate, certo, ma sono impregnate di un raro e potentissimo disinfettante, quanto mai prezioso oggi nelle nostre relazioni quotidiane: l’amore.
Ma non è tutto. Ci sono anche delle mascherine veramente speciali. Sono quelle dei bambini.
Pia Plankensteiner abita a Sorafurcia, paesino di 400 anime arrampicato a 1.344 metri sui pendii di Plan de Corones in Val Pusteria (Bolzano). Frequenta la scuola elementare del suo paese, ma da alcune settimane, così come milioni di bambini e ragazzi in tutta Italia, è a casa. Sa bene che fuori c’è un virus molto pericoloso e che per questo non si può uscire.
Osserva dalla finestra il mondo “di fuori” che cambia, ma lì dentro, tra le mura di casa, la vita va avanti. Tra pochi giorni sarà Pasqua ed è naturale che nascano delle domande.
È così che Pia, qualche giorno fa, ha preso carta e penna (stilografica) e ha scritto una lettera direttamente all’”amministratore delegato” della sua “ditta”, l’assessore provinciale alla scuola in lingua tedesca Philipp Achammer, che le ha risposto sulla sua pagina Facebook.
“Caro Philipp – scrive Pia – tu sei stato nella nostra scuola e per questo so che tu hai a cuore anche i bambini. Ti voglio chiedere se anche il coniglietto di Pasqua ha il divieto di uscire di casa. Sarebbe terribile se anche il coniglietto di Pasqua fosse obbligato a restare a casa. Ti immagini se quest’anno non ci fossero gli ovetti di cioccolata? Spero davvero che questo non accada. Forse gli si può dare un permesso speciale. Tanti saluti, Pia”.
Per completezza di informazione e per non correre il rischio di non essere compresa, Pia ha disegnato sulla lettera anche il coniglietto di Pasqua in versione “anti-coronavirus”, con tanto di “Mundschutz”, di mascherina.
“Cara Pia! – gli ha risposto Achammer – Grazie a Dio il coniglietto di Pasqua non ha alcun divieto di uscire di casa. È fuori per comprovate esigenze di lavoro. E sicuramente si attiene alle disposizioni di sicurezza e porta la mascherina, come tu hai disegnato bene. Anche se quest’anno dovremo festeggiare Pasqua a casa, il coniglietto non mancherà di passare! ‘Bleib gesund’, resta in salute, cara Pia! Speriamo di rivederci presto nella tua scuola! Philipp”.