Un primo via libera alla carne sintetica. L'autorizzazione negli USA per la produzione e (iniziale) commercializzazione della carne coltivata

L’interesse per questa “carne innovativa” nasce negli Usa da alcune constatazioni oggettive: circa il 90% della popolazione statunitense mangia regolarmente carne, ma crescono le preoccupazioni per l'attuale impatto ambientale dell'industria della carne.

Un primo via libera alla carne sintetica. L'autorizzazione negli USA per la produzione e (iniziale) commercializzazione della carne coltivata

Da meno di un mese, il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti (Usda) ha approvato per la prima volta la produzione e commercializzazione della carne coltivata con cellule, la cosiddetta “carne sintetica” (termine improprio, in realtà, essendo comunque formata da cellule animali). L’autorizzazione, per ora, è stata concessa soltanto a due aziende – GOOD Meat e UPSIDE Foods –, solo per la carne di pollo e in pochi ristoranti selezionati (a San Francisco e a Washington). Ricordiamo che si tratta di far crescere in laboratorio piccole quantità di cellule di pollo, per trasformarle poi in pezzi di carne, senza bisogno di macellazione.
Gli americani, dunque, non troveranno certo da domani la carne coltivata sugli scaffali dei supermercati. Ci sarà bisogno di un’ulteriore approvazione per mettere in commercio carne di manzo, maiale o frutti di mare coltivati con le cellule.
L’interesse per questa “carne innovativa” nasce negli Usa da alcune constatazioni oggettive: circa il 90% della popolazione statunitense mangia regolarmente carne, ma crescono le preoccupazioni per l’attuale impatto ambientale dell’industria della carne. Esso, infatti, è responsabile di circa il 14,5% delle emissioni globali di gas serra. Inoltre, secondo gli esperti, gli allevamenti massicci possono anche essere terreno di coltura per batteri dannosi resistenti agli antibiotici, oltre che generare tonnellate di rifiuti e inquinare i corsi d’acqua locali con il deflusso di nutrienti dal letame. Va aggiunto che gli animali stessi vivono spesso una vita relativamente breve, confinati in gabbie anguste e in mezzo alla loro stessa sporcizia. La produzione di “carne coltivata”, con ogni evidenza, eviterebbe tutti questi problemi.
Richiamiamo brevemente il processo produttivo. Una pepita di pollo cresciuta in laboratorio inizia nel modo più “naturale”: con un uovo. Gli scienziati dell’alimentazione prelevano le cellule staminali da un uovo di pollo fecondato e le testano per verificarne la resistenza, il gusto e la capacità di dividersi e creare altre cellule. Successivamente, gli scienziati possono congelare le linee cellulari migliori per un uso futuro. Al momento di avviare la produzione, si immergono le cellule in una vasca di acciaio inossidabile con un brodo ricco di sostanze nutritive, contenente tutti gli ingredienti di cui le cellule hanno bisogno per crescere e dividersi. Dopo qualche settimana, le cellule iniziano ad aderire l’una all’altra e a produrre una quantità di proteine sufficiente per la raccolta. Infine, gli scienziati testurizzano la carne mescolandola, riscaldandola o tranciandola e la pressano a forma di pepite o cotoletta.
Il processo tecnico in sé, dunque, non risulta particolarmente difficoltoso. Piuttosto, “la sfida più grande in questo momento – spiega Vítor Santo, direttore del dipartimento di agricoltura cellulare di GOOD Meat – è sicuramente la costruzione della capacità produttiva”. Finora, l’agricoltura industriale ha avuto un vantaggio, ma ora che entrambe le aziende hanno ottenuto l’approvazione, possono iniziare a costruire l’infrastruttura per coltivare una quantità di carne sufficiente a spedire i prodotti in tutti gli Stati Uniti. Naturalmente, per poter apprezzare in maniera significativa i benefici ambientali preconizzati, bisognerà attendere che la carne coltivata sia prodotta su scala più ampia.
Curiosità: da alcuni sondaggi effettuati negli USA, pare che la carne coltivata (priva di macellazione e migliore per l’ambiente) possa tentare al suo consumo anche una buona parte di sedicenti “vegetariani”! Il punto di vista della Vegetarian Society è che la carne coltivata in laboratorio non si qualifica come vegetariana o vegana perché contiene cellule originariamente prelevate da un animale.
Per il resto del pubblico, invece, l’accettazione è un po’ più alta (quasi 2/3 dei cittadini statunitensi si dichiarano disposti almeno a provare la carne prodotta in laboratorio). La questione è un po’ meno chiara per i seguaci di una dieta “kosher” o “halal”. Nel 2021, infatti, le autorità islamiche indonesiane hanno stabilito che la carne coltivata non è halal, anche se altri leader musulmani sono aperti alla possibilità di una certificazione halal a seconda di come vengono raccolte le linee cellulari. Una start-up di coltivazione cellulare con sede in Israele sta attualmente cercando di ottenere l’approvazione del mercato per la sua carne certificata kosher.

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Fonte: Sir