Un Leopardi fuori dagli schemi. Le molteplici facce di un genio che oltrepassa le categorie

Leopardi ha saputo rappresentare magnificamente l’innamoramento, ma anche quello stato inspiegabile e temuto, la noia, che sarà oggetto dei capolavori di Baudelaire e poi delle riflessioni dell’esistenzialismo

Un Leopardi fuori dagli schemi. Le molteplici facce di un genio che oltrepassa le categorie

Proprio duecento anni fa Leopardi scriveva “Alla sua donna”, poesia dedicata non ad una persona precisa, ma a “la donna che non si trova”, come scrisse poi successivamente. Un giovane di 25 anni, che già passa oltre le pene d’amore dei suoi coetanei per avventurarsi nella creazione di una immagine platonica del femminile, come una “delle etterne idee”, scrive nella medesima poesia il poeta di Recanati. Non tanto l’assurdità della vita, come si vede qui, ma l’ordine assoluto di idee cui possiamo solo aspirare, senza mai poterlo raggiungere.
Da queste poche citazioni si profila già un’immagine lontana dagli stereotipi leopardiani, che teorizzano un poeta tutto materialismo, disperazione e nichilismo, perché già qui si profila la complessità della visione del mondo di un genio che, molti lo dimenticano, è un uomo, e come tutti noi è un essere in continuo movimento e cambiamento, come lui stesso ebbe a notare in alcuni suoi scritti.
Un grande studioso e critico come Carlo Bo aveva già fatto emergere la realtà di un giovane e coltissimo poeta che andava demolendo nelle sue opere la presunzione intellettuale di un secolo, il Settecento, che pensava di conoscere tutto, e che attaccava, anziché esserne schiavo intellettualmente, le forzature razionalistiche contro le quali un altro grande, Rousseau, stava combattendo, pagandone le conseguenze di persona.
Anche perché, fin da giovanissimo, Giacomo si era cimentato in traduzioni della Bibbia -ve ne erano molte edizioni nella biblioteca paterna- , in particolare l’inizio del libro di Giobbe, con la descrizione del dolore cui il giusto viene tentato non tanto da Satana che qui rappresenta le tentazioni dell’invidioso, ma da un Dio che accetta la sfida.
Della conoscenza profonda di Giobbe come di Qoèlet parla una importante studiosa di Leopardi, Loretta Marcon, in un suo libro di qualche anno fa, ma pur sempre affascinante ed attuale: “Leopardi, Giobbe, Qohélet. La ricerca” (Antonio Stango editore). Anche Marcon va contro il tentativo di attribuire a Leopardi una unica, esclusiva etichetta, quella di ateo disperato: le sue opere, scrive la studiosa, se lette in profondità, fanno riflettere sulla superficialità di alcuni giudizi un po’ troppo semplicistici secondo cui sarebbe stato di volta in volta pessimista, depresso, stoico, epicureo, illuminista, romantico, materialista, ateo e tanto altro. Anche perché c’è un altro episodio biblico molto vicino alla sensibilità leopardiana: il Qohélet di “per ogni cosa c’è il suo momento”, dell’infinito avvicendarsi di gioia e dolore, ed infatti “vanità” è un termine che torna spesso in ambedue.
La poesia di Leopardi è stata -e sarà sempre considerata- tra le più alte testimonianze di tutti i tempi proprio perché riesce a cantare l’amore verso la donna, ma anche verso una natura che nell’ “Infinito” è colta nel suo enigma e nella sua abissale bellezza, il dolore senza apparente senso, che lo avvicina, come abbiamo visto a Giobbe, e nello stesso tempo la gioia dell’apparizione di un volto. Gioia che il poeta sa non essere permanente, ma sottoposta ai cambiamenti inevitabili del creato.
Leopardi ha saputo rappresentare magnificamente l’innamoramento, ma anche quello stato inspiegabile e temuto, la noia, che sarà oggetto dei capolavori di Baudelaire e poi delle riflessioni dell’esistenzialismo, che a loro volta canteranno e narreranno lo sprofondamento nel dubbio del non senso della vita.
Uno studioso come Guido Ceronetti ha fatto di Leopardi addirittura un secondo Ecclesiaste, e questo la dice lunga sulla possibilità di trovare legami con quella domanda di senso racchiusa nell’antico come nel nuovo Testamento, e non a caso Giacomo farà riferimento anche al dolore senza apparente senso della croce.
Un poeta, e un uomo, molto più complesso e profondo di quanto siamo stati abituati a immaginare.

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Fonte: Sir