Tre bambini e una cesta. Il ricordo di una dei tre bimbi salvati dal soldato americano Martin
Il cuore di Giuliana Naldi ha smesso di battere domenica scorsa all’ospedale Sant’Orsola di Bologna.
Linea Gotica, settembre 1944. Con una serie di assalti, i soldati americani sfondano la linea difensiva tedesca. I nazisti della 4.a divisione paracadutisti della Luftwaffe battono in ritirata. L’avanzata degli alleati prosegue fino ad ottobre, sfondando verso l’Appennino bolognese, nei pressi dei paesi della Valle del Santerno, la Valle dell’Idice, il torrente Sillaro, Monte Bibele, i paesi di Quinzano, San Benedetto di Querceto e San Martino, Monterenzio.
L’ordine era quello di passare di casa in casa, per stanare i soldati tedeschi.
Martin Adler ha vent’anni. È originario del Bronx, New York, figlio di un immigrato ungherese di religione ebraica. Arriva in Italia con la 85th Infantry Division i “Custermen” per combattere contro i nazifascisti, che hanno sterminato parte della sua famiglia. È addetto all’armamento pesante della compagnia D del 339th Infantry Regiment. Quella mattina con lui c’è John Bronsky, soldato originario di Philadelphia.
In un silenzio surreale, fatto di tensione e di paura, entrano in una casa col mitra Thompson in pugno, pronti a sparare. “C’era un grande silenzio; non sapevamo se i tedeschi si fossero ritirati veramente o ci aspettassero nascosti per tenderci una trappola”, racconta oggi.
Nella penombra della stanza scorgono una grande cesta, dalla quale uscivano strani rumori. Qualcosa, in quell’intreccio di vimini, si stava muovendo.
Il dito si tende automaticamente sul grilletto, pronto a sparare. “In quel momento ci è venuta incontro una donna urlando ‘bambini, bambini!’. A rischio della sua vita ci ha fermati, e con la mano ha abbassato il nostro fucile. Era la loro mamma”.
Dalla cesta spuntano fuori tre bambini. Sono Giuliana, Mafalda e Bruno. Hanno rispettivamente 3, 5 e 7 anni. “Vedendoli feci il più bel sorriso del mondo ed io e John iniziammo a ridere, felici di non aver premuto quel grilletto. Non ce lo saremmo perdonati per tutta la vita”, ricorda Martin. “Volevo scattare una fotografia. Presi la mia macchina fotografica e chiesi alla mamma il permesso. Lei mi fece capire che i bambini non erano pronti”. Passano una manciata di minuti e i bambini tornano indossando i vestiti migliori che avevano, tirati a festa. Bruno con la riga di lato e Giuliana e Mafalda con i fiocchi tra i capelli.
“Fu il momento più bello che ricordi in quell’inferno chiamato guerra”, afferma Martin.
Un momento che torna a prendere vita 76 anni più tardi, su Fb. È il 12 dicembre 2020. In tutto il mondo si combatte contro il “nemico invisibile”, che miete vittime in ogni continente. La gente è barricata in casa, nel tentativo di sfuggire al virus. Martin vive a Boca Raton, in Florida. Da un cassetto spunta fuori quella foto in bianco e nero. Il sorriso di Martin si riaccende, come in quel lontano giorno. “Se sono ancora vivi, vorrei ritrovarli”. La figlia di Martin, Rachelle Shelley Adler Donley, decide lanciare una ricerca in rete. Sul suo profilo Fb pubblica la foto del padre con i tre bambini e ne racconta la storia. “C’è qualcuno che si riconosce? – questo l’appello di Martin –. Forse loro, o i loro figli. Mi piacerebbe parlare con loro e perché no, quando finirà questo virus, incontrarci di nuovo e abbracciarci. Proviamoci, sarebbe una favola di Natale ritrovarci tutti insieme”.
L’appello attraversa l’oceano e viene raccolto dal giornalista Matteo Incerti, che lo rilancia sulla sua pagina Fb. Bastano poche ore e la notizia, grazie al passaparola social, si diffonde di casa in casa, nei paesi dell’Appennino bolognese, lungo la Linea Gotica. Ne parlano i tg e i giornali nazionali. Ne scrive anche il New York Times.
La foto compare sulla bacheca Fb di Silvia, che la mostra a sua mamma. “Beh, ma quei tre lì siamo noi”, esclama subito Giuliana Naldi, con la simpatica schiettezza del suo inconfondibile accento bolognese.
Giuliana è la più piccola dei tre bambini ritratti nella foto. Con lei ci sono suo fratello Bruno e sua sorella Mafalda. All’epoca vivevano con la loro mamma a Villa di Cassano di Monterenzio, paesino a 40 chilometri a sud di Bologna.
Con l’aiuto di Matteo Incerti, i tre fratelli Naldi, rivedono – in videochiamata – Martin, il soldato americano che sorride insieme a loro nella foto scattata da John Bronsky.
Parte una raccolta fondi, per consentire al “soldato Martin” di riabbracciare i suoi “bambini”. Il 23 agosto dello scorso anno Martin (che di anni ne ha oggi 98), accompagnato dalla moglie Elaine, arriva all’aeroporto Marconi di Bologna. Ad attenderlo ci sono Giuliana, Mafalda e Bruno, “i bambini del soldato Martin”, a cui lo statunitense porta della cioccolata, così come erano soliti fare i soldati americani durante la guerra. Ad immortalare quell’abbraccio atteso 77 anni c’è una selva di giornalisti, fotografi e telecamere.
La storia di Martin, Bruno, Mafalda e Giuliana viene raccontata da Incerti in un libro, “I bambini del soldato Martin”. Ed è sempre Incerti che lo scorso 16 gennaio, in quella rete che aveva permesso di ricostruire la trama di un incontro avvenuto più di settant’anni fa, annuncia che una dei protagonisti di quella favola aveva spiccato il volo. Il cuore di Giuliana Naldi ha smesso di battere domenica scorsa all’ospedale Sant’Orsola di Bologna. “Sei stata e sarai per sempre la bambina con il sorriso che per prima si è riconosciuta in quello scatto che da pochi giorni aveva iniziato a fare il giro del mondo – scrive Incerti – Sei ancora tra noi. Si dice che il minimo battito d’ali di una farfalla sia in grado di provocare un uragano dall’altra parte del mondo. Tu parte dei ‘Fantastici Quattro’, i bambini del soldato Martin, siete i supereroi di quel battito di farfalla e sòrbole che uragano benefico che avete provocato! Ha passato ogni confine ed è arrivato in tutto il mondo. Ciao, Giuliana, bambina per sempre”.
“Rip dolce Giuliana – ha scritto in questi giorni Rachelle, la figlia del soldato Martin su Fb –. Grazie per la felicità e i sorrisi che hai regalato a Martin durante la guerra. Grazie per i ricordi che gli sono rimasti per quasi otto decenni. Grazie per l’amore e la gioia che ci avete regalato la scorsa estate quando abbiamo trascorso del tempo con voi, Mafalda, Bruno, e le vostre famiglie. Per Martin è stato un sogno realizzato riabbracciare te e i tuoi fratelli. Sei per sempre nei nostri cuori”. Martin non sa che Giuliana è “andata avanti”. “Penso che sia meglio non far sapere a mio padre della sua morte – spiega Rachelle –. Lui pensa a lei con sorrisi e tanto amore. Non voglio che in questo momento senta l’intensa tristezza per la sua perdita”.
A rendere immortale la storia dei “bambini del soldato Martin”, rimane quella foto in bianco e nero, scattata nel 1944, che ha fatto il giro del mondo e che la nipote Roberta ha messo tra le mani di Giuliana per il suo saluto. “Anche tra centinaia di anni, in ogni angolo della Terra, dove la vostra favola è arrivata – commenta Matteo Incerti – da qualche archivio sbucherà la vostra storia e qualcuno si emozionerà e la farà rivivere“. E resta la foto di Giuliana, 80enne, seduta come nel 1944 sulle gambe del soldato Martin, lo scorso 23 agosto, all’aeroporto di Bologna. La foto che oggi Rachelle ha scelto come immagine-profilo della sua pagina Fb.