Terzo settore. Stabile il numero degli enti non profit in Italia (360.061). In calo le scelte del 5 per mille
I dati Istat. Al 31 dicembre 2022 le istituzioni non profit attive in Italia sono 360.061 e, complessivamente, impiegano 919.431 dipendenti. Tra il 2021 e il 2022 le istituzioni diminuiscono lievemente (-0,2%) mentre i dipendenti aumentano del 2,9%. Associazioni stabili, fondazioni in aumento e ancora in calo le cooperative sociali
L’Istat rende note le informazioni statistiche sul numero di istituzioni non profit attive in Italia nel 2022 e sulle loro principali caratteristiche strutturali, a partire dai dati del Registro statistico costituito dalle unità giuridico-economiche di natura privata senza scopo di lucro.
“Le informazioni relative alle istituzioni non profit presenti nel Registro statistico sono aggiornate annualmente attraverso l’integrazione di diverse fonti amministrative – ricorda l’Istat -. Nella strategia dei Censimenti permanenti, ogni tre anni l’informazione sul settore non profit viene completata da una rilevazione campionaria che permette di coglierne gli aspetti peculiari e la dinamicità, garantendo sia l’articolazione del quadro informativo di carattere strutturale sia l’analisi in serie storica. La prossima rilevazione campionaria del Censimento permanente delle istituzioni non profit riferita al 2024 sarà avviata nel corso del 2025”.
Numero delle istituzioni pressoché stabile, ancora in crescita i dipendenti
Al 31 dicembre 2022 le istituzioni non profit attive in Italia sono 360.061 e, complessivamente, impiegano 919.431 dipendenti. Tra il 2021 e il 2022 le istituzioni diminuiscono lievemente (-0,2%) mentre i dipendenti aumentano del 2,9% mantenendo il trend di crescita riscontrato nell’anno precedente.
Nel 2022 le istituzioni crescono più al Sud (+2,0%) e nelle Isole (+1,1%) e sono in lieve flessione nel Nord-est (-1,2%), Nord-Ovest (-1,0%) e al Centro (-0,3%). Le regioni con gli incrementi maggiori sono Campania (+3,7%), Calabria (+3,3%) e Sicilia (+2,3%), mentre quelle con decrementi più elevati sono la provincia autonoma di Bolzano (-7,2%), il Molise (-6,1%) e la Basilicata (-3,4%).
Le istituzioni non profit, benché a partire dal 2018 siano aumentate di più nelle regioni del Mezzogiorno, presentano ancora una distribuzione territoriale piuttosto concentrata: circa il 50% è attivo al Nord, il 22,1% al Centro, il 18,5% e il 9,5% rispettivamente al Sud e nelle Isole.
Tra il 2022 e il 2021, i dipendenti impiegati dalle istituzioni non profit aumentano di più al Sud (+6,9%), nelle Isole (+4,2%) e nel Nord-ovest (+2,9%). L’incremento dei dipendenti è maggiore in Basilicata (+14%) e Campania (+12%), dovuto perlopiù alla crescita dimensionale delle cooperative sociali, e in Liguria (+8,7%). Il personale dipendente diminuisce soltanto in Molise (-8,2%). La distribuzione territoriale dei dipendenti rimane notevolmente concentrata, il 56,4% è impiegato nelle regioni del Nord mentre solo il 21,3% lavora nelle istituzioni non profit del Mezzogiorno.
Aumenta la concentrazione dei dipendenti nelle istituzioni non profit che impiegano più personale. Nel 2022, l’85,2% delle istituzioni non profit opera senza dipendenti, il 6,1% ne impiega fino a 2 e il 4,8% tra 3 e 9 mentre la quota di istituzioni con almeno 10 dipendenti è pari al 3,9%. Queste ultime, oltre ad impiegare l’87% dei dipendenti, sono quelle in cui tale personale è cresciuto di più (+3,2%) rispetto all’anno precedente.
Associazioni stabili, fondazioni in aumento e ancora in calo le cooperative sociali
Tra il 2021 e il 2022 la diminuzione delle istituzioni non profit ha interessato principalmente le istituzioni con altra forma giuridica (-2%), e le cooperative sociali (-1,6%) il cui numero è in calo dal 2018. Le associazioni sono pressoché stabili (+0,1%) mentre le fondazioni mostrano l’aumento maggiore (+1,7%). L’associazione continua ad essere la forma giuridica che raccoglie la quota maggiore di istituzioni (85%), seguono quelle con altra forma giuridica (8,5%), le cooperative sociali (4,1%) e le fondazioni (2,4%).
La distribuzione dei dipendenti per forma giuridica è piuttosto eterogenea, con il 53,5% impiegato dalle cooperative sociali e quote che si attestano al 18,6% nelle associazioni e al 15,6% nelle istituzioni non profit con altra forma giuridica. Rispetto al 2021, l’aumento dei dipendenti si attesta intorno al 2,9% per tutte le forme giuridiche.
Religione e istruzione e ricerca i settori con i cali più sostenuti
Rispetto al 2021, le istituzioni non profit crescono nei settori della filantropia e della promozione del volontariato (+7,4%), delle attività ricreative e di socializzazione (+5,2%), della tutela dei diritti e attività politica (+1,6%) e delle attività sportive (+0,6%) mentre diminuiscono nei restanti settori di attività e in particolare in quelli della religione (-6,8%) e dell’istruzione e ricerca (-4,2%).
Il settore dello sport raccoglie il numero di istituzioni non profit più alto (34%), seguito da quelli delle attività culturali e artistiche (15,1%), delle attività ricreative e di socializzazione (14,8%), dell’assistenza sociale e protezione civile (9,7%). I dipendenti crescono in tutti i settori di attività e in particolare in quelli della filantropia e promozione del volontariato (16,6%), delle relazioni sindacali e rappresentanza interessi (+12%), dell’ambiente (5,7%), delle attività culturali e artistiche e della cooperazione e solidarietà internazionale (+5,5%). La distribuzione del personale dipendente è concentrata in pochi settori quali assistenza sociale e protezione civile (49%), istruzione e ricerca (14,5%), sviluppo economico e coesione sociale (11,4%) e sanità (10,8%).
Minore l’impiego di dipendenti nei settori delle attività sportive, ricreative e di socializzazione
Le istituzioni che operano senza impiegare lavoratori dipendenti si concentrano nei settori delle attività sportive (95,2%), della attività ricreative e di socializzazione (94,0%), dell’ambiente (92,9%) e delle attività culturali e artistiche (91,5%). Al contrario, il ricorso al personale dipendente è maggiore nei settori e dello sviluppo economico e coesione sociale (71,9%) e dell’istruzione e ricerca (60,5%), dove circa un’istituzione su quattro impiega almeno 10 lavoratori.
Più associazioni di promozione sociale, meno organizzazioni di volontariato e Onlus
Rispetto al 2021, le associazioni di promozione sociale aumentano significativamente (+66,7%) mentre è contenuta la crescita delle imprese sociali (+0,6). “Le organizzazioni di volontariato diminuiscono (-3,2%) presumibilmente per effetto dei procedimenti e operazioni di trasmigrazione nel RUNTS. È maggiore la contrazione delle Onlus (-8,3%) che con l’abrogazione del Decreto legislativo istitutivo cessano di esistere o più verosimilmente acquisiscono una nuova qualifica fra quelle previste dalla Riforma del terzo settore. Si attesta al -5% la variazione delle istituzioni non profit che non possiedono nessuna delle qualifiche considerate”, sottolinea l’Istat.
Il 10,5% delle istituzioni non profit è rappresentato da associazioni di promozione sociale, il 9,6% da organizzazioni di volontariato, il 4,6% da imprese sociali, il 3,3% da Onlus e il 72% da altre istituzioni non profit. Il peso delle forme organizzative muta significativamente considerando i dipendenti impiegati: le imprese sociali occupano oltre la meta dei dipendenti (55,1%), seguono le altre istituzioni non profit (30,4%), le Onlus (9,4%), le organizzazioni di volontariato (3,4%) e le associazioni di promozione sociale (1,7%). Rispetto al 2021, i dipendenti crescono in modo significativo tra le associazioni di promozione sociale (+24,4%), che oltre a quelle in precedenza iscritte nei Registri regionali includono anche circoli e affiliazioni delle reti associative di promozione sociale, ma anche tra le organizzazioni di volontariato (+11,7%), le imprese sociali (+3,7%) e le Onlus (+2,3%).
Considerando i principali profili organizzativi delle istituzioni non profit, emergono alcune differenze territoriali. Le associazioni di promozione sociale sono relativamente più diffuse nel Nord-est (13,7%) e meno presenti nelle Isole (6,6%).
La quota di imprese sociali è più elevata nelle Isole (8,3%) e al Sud (6,9%) ed inferiore al 4% nel resto del Paese. Rispetto al territorio, la distribuzione delle organizzazioni di volontariato e delle Onlus è più omogenea. Le organizzazioni di volontariato sono più presenti nel Nord-est (10,4%), mentre le Onlus risultano leggermente più diffuse nelle regioni del Nord-ovest (4,1%). Infine, la percentuale di istituzioni non profit con altra forma organizzativa oscilla tra il 70,8% del Nord-est e il 74,7% del Nord-ovest.
Le principali forme organizzative delle istituzioni non profit si diversificano anche rispetto alle attività svolte. Le organizzazioni di volontariato sono attive prevalentemente nei settori di intervento tradizionali: assistenza sociale e protezione civile (41,1%) e sanità (26,0%). Le Onlus sono più presenti nel campo della cooperazione e solidarietà internazionale (16,6%) oltre che nel settore dell’assistenza sociale e protezione civile (43,5%). Le imprese sociali operano principalmente nei settori dell’assistenza sociale e protezione civile (47,8%) e sviluppo economico e coesione sociale (31,1%), sebbene non sia trascurabile la quota di imprese attive nel campo dell’istruzione e ricerca (10,6%). Le associazioni di promozione sociale svolgono prevalentemente attività ricreative e di socializzazione (47,2%) e culturali e artistiche (28,1%). Infine, gli ambiti di attività che caratterizzano le altre istituzioni non profit sono le attività sportive (45,6%) e gli altri settori (17,4%).
In calo le scelte dei contribuenti destinate alle istituzioni non profit attraverso il 5 per mille
Nel 2022 sono 69.381 le istituzioni non profit iscritte nell’elenco degli enti destinatari del cinque per mille (19,3% del totale). Nell’anno di dichiarazione dei redditi 2022 l’importo ricevuto dalle istituzioni non profit è di circa 446,4 milioni di euro mentre le scelte espresse dai contribuenti al momento della dichiarazione si attestano su 11,1 milioni, in diminuzione rispetto al 2021 (-6,3%).
Afferma l’Istat: “Sebbene alcune reti associative optino per raccogliere il contributo del cinque per mille attraverso la sede nazionale e non per singolo circolo e/o articolazione territoriale, è interessante considerare la distribuzione delle preferenze espresse dai contribuenti, e dei relativi importi, in base alla ripartizione geografica delle istituzioni non profit beneficiarie. Le istituzioni del Nord-ovest, che rappresentano il 28,7% delle beneficiare del contributo del cinque per mille, raccolgono oltre il 40% delle scelte espresse dai contribuenti, quota che sale al 46,1% considerando gli importi. Il 29,6% delle scelte espresse dai contribuenti è destinata alle istituzioni non profit attive nelle regioni del Centro. Le istituzioni delle altre ripartizioni geografiche ricevono una quota minore di scelte espresse dai contribuenti in rapporto al loro peso relativo tra gli enti beneficiari del cinque per mille”.
Il confronto tra la distribuzione delle istituzioni ammesse al contributo del cinque per mille e quella delle scelte operate dai contribuenti consente anche di individuare i settori di attività maggiormente premiati dai cittadini. I settori di attività in cui la quota di scelte espresse da contribuenti è superiore al peso relativo delle istituzioni che vi operano sono: istruzione e ricerca (19,5% contro 4,5%), sanità (14,4% contro 8,8%) e cooperazione e solidarietà internazionale (9,8% contro 4,7%). All'opposto, La quota di scelte è minore nei settori delle attività sportive, culturali e artistiche, ricreative e di socializzazione.
Per quanto riguarda la forma organizzativa, le scelte compiute dai contribuenti attraverso il cinque per mille hanno interessato principalmente le Onlus (31,9%) e le organizzazioni di volontariato (26,9%), in misura minore le imprese sociali (3,5%). La distribuzione degli importi del cinque per mille rispetto alle diverse forme organizzative è molto simile a quella del numero di scelte.