Spreco di cibo, c’è ancora molto da fare. In Italia la situazione migliora, ma gli alimenti sprecati valgono quasi 10 miliardi di euro

Riducendo di appena il 25% gli sprechi di cibo degli italiani, sarebbe possibile imbandire adeguatamente la tavola di circa 4 milioni di poveri.

Spreco di cibo, c’è ancora molto da fare. In Italia la situazione migliora, ma gli alimenti sprecati valgono quasi 10 miliardi di euro

Cibo, ancora troppo cibo, che finisce nella spazzatura. I numeri dello spreco alimentare sono tornati alla ribalta delle cronache qualche giorno fa, in occasione della Giornata nazionale contro lo spreco alimentare. Dati che migliorano, ma che dicono ancora moltissimo circa il lavoro da fare su questo fronte. Che è sintetizzato in un solo concetto: chi ha in abbondanza, non è ancora capace di non sprecare quanto ha.  Anche se molto si è fatto, pure da parte della filiera agroalimentare.

Secondo il Waste Watcher International Observatory in Italia nel 2020 si è sprecato l’11,78% di cibo in meno rispetto all’anno precedente. Buon traguardo raggiunto, certamente, che, come ha fatto notare Confagricoltura, non deve però fare abbassare la guardia su un fenomeno che resta comunque ancora diffuso. Senza dire che comunque il cibo sprecato vale ancora 5,2 milioni di tonnellate di alimenti finiti nella spazzatura, per un valore di circa 10 miliardi. Decisamente troppo. Anche perché quanto viene sprecato rappresenta un tesoro. Riducendo di appena il 25% gli sprechi di cibo degli italiani, ha sottolineato Confagricoltura, sarebbe possibile imbandire adeguatamente la tavola dei circa 4 milioni di poveri che in Italia che, tra l’altro, con l’emergenza Covid sono costretti a chiedere aiuto per il cibo con pacchi alimentari o pasti gratuiti in mensa o nelle proprie case. Perché il problema degli alimenti buttati via è proprio lì: con questi cibi fasce enormi di popolazione potrebbero trovare il sostentamento che non hanno. Sempre Coldiretti ha spiegato: “Tra le categorie più deboli dei nuovi indigenti, il 21% è rappresentato da bambini di età inferiore ai 15 anni, quasi il 9% da anziani sopra i 65 anni e il 3% sono i senza fissa dimora”.

Numeri che devono fare pensare e molto. Anche perché a sprecare di più siamo tutti noi. Sempre secondo i coltivatori diretti, gli sprechi domestici arrivano al 54% del totale, quelli della ristorazione si fermano al 21%, seguono la distribuzione commerciale (15%), l’agricoltura (8%) e la trasformazione (2%). Tutto anche se proprio gli italiani paiono essere tra i campioni del riciclo, almeno per certi aspetti.

Quindi che fare? I coltivatori indicano una serie di accorgimenti, a partire dalle abitudini di spesa alimentare. Fare la lista della spesa, leggere attentamente la scadenza sulle etichette, verificare quotidianamente il frigorifero dove i cibi vanno correttamente posizionati, effettuare acquisti ridotti e ripetuti nel tempo, privilegiare confezioni adeguate, scegliere frutta e verdura con il giusto grado di maturazione. E poi ancora riscoprire le “ricette degli avanzi”. Dal punto di vista produttivo, poi, gli agricoltori indicano anche, come ha fatto Confagricoltura, che il comparto “non spreca cibo, anzi, da sempre applica i principi dell’economia circolare, cercando di recuperare attraverso il riutilizzo degli scarti agricoli”. Mentre Cia-Agricoltori Italiani aggiunge che è fondamentale riconquistare efficienza nell’utilizzo delle risorse e dare sempre più impulso alla legge nazionale anti-spreco. Molto, poi, possono fare le innumerevoli iniziative di solidarietà alimentare, senza dire della rete fitta di soccorso che organizzazioni religiose e laiche mettono in atto ogni giorno. Ma più di tutto vale ancora dell’altro. Al di là delle tecniche di produzione e trasformazione e degli accorgimenti nel fare gli acquisti, quello dello spreco di cibo è infatti uno dei fronti caldi di quel cambiamento culturale ancora complesso da raggiungere e consolidare e che ha molto a che fare anche con l’attenzione verso gli altri, i più deboli, i meno fortunati.

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Fonte: Sir