Servizio civile universale, una “semplificazione” che genera più interrogativi che certezze

Approvata ieri la conversione del decreto legge “Disposizioni urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e per la prevenzione delle infiltrazioni mafiose”. Approvata così anche la “semplificazione” del servizio civile, con il nuovo decreto che abolisce i piani annuali, facendo restare in vita solo il piano triennale. Cipriani: “Ci sono questioni che possono cambiare notevolmente il volto del servizio civile”

Servizio civile universale, una “semplificazione” che genera più interrogativi che certezze

Con voto di fiducia alla Camera dei Deputati è stata approvata il 21 dicembre la conversione del decreto legge n. 152 del 6 novembre 2021 che riguardava “Disposizioni urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e per la prevenzione delle infiltrazioni mafiose”. Approvata così anche la “semplificazione” del servizio civile universale (SCU), previste dall’articolo 40 del decreto legge, che introduce alcune modifiche al Decreto legislativo n. 40 del 2017 che regolamenta proprio il SCU. Due gli emendamenti presentati dall’on. Francesca Bonomo (PD) contro questa modifica, entrambi però ritirati dopo il parere negativo espresso da parte del Governo e dalla Ministra Dadone.

“È noto che la riforma del SCU ha previsto una programmazione triennale da parte del Governo accompagnata da una programmazione annuale – ci dice Diego Cipriani, capo Ufficio “Giovani, Nonviolenza, Servizio civile” di Caritas Italiana -. Il primo piano triennale ha riguardato gli anni 2020, 2021 e 2022. Sia nel 2020 che nel 2021 sono stati anche emanati dei piani annuali. Questi atti, nell’intenzione del legislatore, avrebbero dovuto individuare gli indirizzi generali del SCU ai quali gli enti avrebbero dovuto poi adeguarsi nella presentazione dei propri progetti”.

Il nuovo Decreto legge abolisce però i piani annuali, facendo restare in vita solo il piano triennale, suscettibile di “aggiornamento”, “che però non viene precisato come possa avvenire. Venendo meno i piani annuali, sembrerebbe che la presentazione dei programmi da parte degli enti non avverrebbe più ogni anno, bensì ogni tre anni”, prosegue Cipriani.

Per il dirigente di Caritas Italiana la questione è su due livelli: “Il primo è di metodo. La Consulta nazionale del servizio civile, che la legge indica come l’organismo di confronto e consultazione con l’Amministrazione, ha conosciuto il testo della modifica solo dopo che il testo del decreto legge è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale”. “C’è poi il livello del contenuto: il titolo dell’articolo in questione è ‘Razionalizzazione e semplificazione del sistema di servizio civile universale’. Da anni gli enti chiedono che il servizio civile sia più razionale e semplificato e il decreto legislativo del 2017 ha aumentato la complessità del sistema e non ha diminuito il peso burocratico per gli enti. Bisogna evitare, però, che modificare singole parti del decreto legislativo non provochi più problemi di quanti se ne voglia risolvere”.

Per Cipriani “se l’obiettivo è semplificare, allora ci sarebbero altri interventi da fare, come quello sull’obbligo semestrale relativo all’antimafia da parte degli enti del terzo settore accreditati oppure eliminare i programmi che costringono spesso gli enti a delle forzature progettuali inutili, così da rendere veramente razionali le procedure”.

Infatti “il ‘Piano triennale 2020-2022 per la programmazione del servizio civile universale’ è un documento di 20 pagine firmato dall’allora ministro Spadafora a fine 2019. Il ‘Piano annuale 2020’ era un documento di 3 pagine. Oggettivamente non si tratta di un gran risparmio, se si elimina il piano annuale. Entrambi quei documenti, tra l’altro, sono stati scritti prima dello scoppio della pandemia. Dunque, se non c’è più la possibilità ogni anno per il governo di rivedere le priorità (e la lotta alla pandemia è certamente una priorità) c’è il rischio di rimanere attaccati a delle scelte travolte dall’evolvere dei fatti”, spiega ancora Cipriani.

Per quest’ultimo, infine, una modifica di questo tipo suscita più interrogativi che certezze: “Si dovranno presentare programmi/progetti che durano necessariamente 3 anni? Se un programma/progetto viene approvato per quanti anni verrà finanziato? Come assicurarne il finanziamento per tutti e tre gli anni, visto che la dotazione finanziaria a disposizione viene stabilita annualmente dalla legge di bilancio? Se un nuovo ente si accredita nel corso del triennio dovrà attenderne necessariamente la fine prima di poter iniziare a progettare? Sono solo alcune domande, queste, alle quali non può rispondere una semplice circolare del Dipartimento, in quanto ci sono di mezzo questioni fondamentali che possono cambiare notevolmente il volto del servizio civile nel nostro Paese”. 

Francesco Spagnolo

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)