Sermig: la “Fraternità della speranza”. La parrocchia in cui si diventa artigiani di pace

Parroco di san Gioacchino a Torino, don Andrea Bisacchi è uno dei sei sacerdoti della “Fraternità della speranza” del Sermig, fondato nel 1964 da Ernesto Olivero. "In questo quartiere - afferma - abbiamo 4 moschee e 30 nazionalità diverse: priorità a bambini e ragazzi perché crescano come buoni cittadini che cerchino pace, amicizia, servizio"

Sermig: la “Fraternità della speranza”. La parrocchia in cui si diventa artigiani di pace

Samaritani a tempo pieno. Rivoluzionari innanzitutto dentro se stessi, con il lavoro e la preghiera. Protagonisti di un monastero metropolitano aperto 24 ore su 24. C’è tutto questo nella vocazione di don Andrea Bisacchi, uno dei primi tre sacerdoti diocesani ordinati nel 2015 della Fraternità del Servizio missionario giovani (Sermig), oggi parroco di San Gioacchino, nel cuore del quartiere Borgo Dora.
A due passi dall’Arsenale della pace, dal 24 febbraio è il centro, per la città intera, degli aiuti all’Ucraina:

300mila torinesi sono venuti qui a portare cibo e vestiti e molti hanno voluto fermarsi per dare una mano, oltre mille tonnellate di viveri raccolti in meno di un mese, più di 50 tir partiti per l’Europa orientale.

Romagnolo, 44 anni, entrato nella Fraternità nel 1998 e da molti anni responsabile del ramo maschile che conta 15 membri consacrati, don Andrea è uno dei sei sacerdoti frutto dei “rami nuovi” nati dall’esperienza di servizio alle missioni e ai più bisognosi fondato nel 1964 da Ernesto Olivero e dalla moglie Maria. “Conobbi il Sermig a 16 anni con la mia parrocchia, ma solo qualche anno dopo – racconta con un sorriso – mi decisi a venire qui per un discernimento vocazionale. Ricordo quanto mi scaldassero il cuore le parole di Ernesto quando, nel 1999, cominciò a parlarci della possibilità, se qualcuno di noi sentisse questa chiamata e se il Signore avesse aperto questo cammino, di diventare prete. Dopo poco tempo Lorenzo ed io (don Lorenzo Nacheli e don Simone Bernardi, suoi compagni di Messa, vivono oggi nell’Arsenale della Pace di San Paolo del Brasile, ndr) parlammo con Ernesto e lui ci raccomandò di nutrire questo seme in un lungo periodo di preghiera, di silenzio, di discernimento”. Nessuno di loro all’epoca pensava di dover aspettare 16 anni per dare vita a questa nuova esperienza nella Chiesa e del mondo del XXI secolo: non un nuovo ordine religioso (la Fraternità ha ottenuto nel corso degli anni il riconoscimento della Chiesa come associazione laicale) ma qualcosa di simile.

Non è certo solo per la vicinanza fisica all’Arsenale della pace che alcuni anni fa l’arcidiocesi ha affidato alla Fraternità questa parrocchia di 14mila abitanti (il 40 per cento stranieri), a ridosso di Porta Palazzo, il mercato all’aperto più grande d’Europa, in quello che è probabilmente il quartiere più multietnico di Torino, dove la pandemia ha acuito il disagio sociale e le povertà educative.
“Nel nostro territorio – sorride don Andrea – abbiamo quattro moschee e 30 nazionalità diverse: metterci al servizio di questa comunità voleva dire prima di tutto metterci in ascolto dei suoi bisogni, stare in mezzo alla gente, imparare ad amare Dio e gli altri insieme, come comunità. E i più bisognosi erano i più piccoli, i bambini e i ragazzi. Per questo siamo ripartiti dall’oratorio e dal catechismo: l’idea era quella di

offrire uno spazio e un tempo in cui giocare, imparare a volersi bene, camminare nella fede”.

Così, con l’aiuto di un gruppo di giovani catechisti e genitori under 40, è nata la proposta dei sabati pomeriggio in oratorio dalle 15 alle 19, messa prefestiva inclusa, per i 40 bambini in cammino verso la prima Comunione e la Cresima: fra loro non solo italiani ma anche nigeriani, venezuelani, dominicani. “Abbiamo pensato che per portare Gesù ai bambini – spiega Maria Laura Corda, coordinatrice delle catechiste – ci fosse bisogno del gioco, di un momento di convivialità come la merenda, di attività laboratoriali sul Vangelo e di vivere insieme l’Eucarestia. Si tratta di una proposta esigente anche per i catechisti, visto che ogni pomeriggio è diverso e viene preparato con cura e con tanta formazione il sabato mattina, ma abbiamo grandi soddisfazioni nel vedere come i bambini interiorizzano e vivono quel che gli andiamo trasmettendo”.
Il sogno è quello di far confluire oratorio e Arsenale della piazza: quest’ultima è una proposta attiva dal 2007 di sostegno nel doposcuola e attività di sport, danza, teatro, attualmente frequentata da 250 ragazzi del quartiere tra i 6 e i 18 anni, al 70 per cento musulmani. Una gamma di iniziative che ha tratto nuovo impulso dall’inaugurazione del PalaSermig, lo scorso 12 novembre con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nel confinante quartiere Aurora: un palazzetto dello sport da 400 posti aperto a tutti, realizzato dall’Arsenale della pace su terreni del Comune concessi al Sermig per la riqualificazione attraverso lo sport, con sei squadre di calcio a 5 e due di volley dell’Asd Sermig, società nata nel 2011. Ad oggi sono 150 gli atleti che in questo modo hanno la possibilità di fare sport, perché gratuito, con iscrizione in base al reddito.
“Se è vero che con molti di questi ragazzi non condividiamo la fede – chiosa don Andrea – possiamo però

attraverso lo sport condividere i valori fondamentali dell’amicizia, del servizio, dello stare insieme, della costruzione della pace.

L’intento è quello di camminare insieme come fratelli, diventare buoni cittadini di Torino, pensare al bisogno dell’altro prima del mio: questa rimane la chiave fondamentale per ogni sfida di pace, che sia nel nostro quartiere o nel mondo”.


Manuela Borraccino

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Fonte: Sir