Scuola. Novara: “Rompere i confini delle classi e liberare le risorse enormi degli alunni”

Quinto convegno del Centro PsicoPedagogico per l’educazione e la gestione del conflitti. Il direttore: “L’alunno che preferisce i compagni all’insegnante è assolutamente in linea con la sua età. L’insegnante può cogliere questa straordinaria possibilità favorendo tale processo e trasformandolo in un lavoro collettivo che permette di vivere l’esperienza scolastica con entusiasmo, sorpresa e curiosità”. Sondaggio tra gli insegnanti

Scuola. Novara: “Rompere i confini delle classi e liberare le risorse enormi degli alunni”

Più di 750 partecipanti, 12 relatori per tre ore e mezzo di diretta online. Sono questi i numeri del quinto convegno online del Cpp (Centro PsicoPedagogico per l’educazione e la gestione del Conflitti) diretto da Daniele Novara che proprio quest’anno compie il suo 35esimo anno di attività.
Il bilancio è dello stesso Novara: “Un incontro utile anche per ritrovarsi, darsi la carica e riconoscersi come comunità di professionisti dell’educazione. La scelta del mutuo insegnamento come argomento nasce dalla consapevolezza che l’educazione può cambiare il mondo e il mutuo insegnamento è la leva per scardinare i vecchi sistemi scolastici e, al contempo, offrire possibilità ed emancipazione”.
Oltre a Novara, durante li convegno sono intervenuti Alberto Pellai, Lorella Boccalini, Antonella Gorrino, Maria Teresa Pepe, Elena Passerini, Vanja Paltrinieri, Marta Versiglia, Laura Beltrami, Andrea Maricelli e Lucia Gasperini
“Una parola che voglio legare al mutuo insegnamento è ‘Libertà’ – continua Novara -. Il lavoro scolastico basato su imposizioni non può funzionare, il punto deve essere la reciprocità. Dobbiamo rompere i confini delle classi, anche fisici, e liberare le risorse enormi degli alunni. Andiamo fuori dalle classi chiuse e dogmatiche, facciamoli lavorare tra di loro con tutte le esperienze possibili. Facciamo respirare agli alunni la giusta libertà”.
“L’alunno che preferisce i compagni all’insegnante è assolutamente in linea con la sua età. L’insegnante può cogliere questa straordinaria possibilità favorendo tale processo e trasformandolo in un lavoro collettivo che permette di vivere l’esperienza scolastica con entusiasmo, sorpresa e curiosità - continua il pedagogista -. Non fossilizziamoci sulla scuola del passato, una cattiva scuola basata su ascolto e ancora ascolto. Una simile pratica non ha alcuna base scientifica. Serve trasformare gli alunni in protagonisti, non in spettatori. Non siamo a teatro!”
“Pensare che la scuola sia l’ascolto dell’insegnante vuol dire non considerare la scuola un’istituzione scientifica, una comunità di apprendimento, ma un parcheggio nel quale l’insegnante non è visto come un professionista ma semplicemente come una persona che sa parlare - conclude Daniele Novara -. La scuola che proponiamo è più impegnativa di quella attuale e sappiamo che i processi da mettere in campo sono faticosi. Ma ciò che deve fare la scuola è far lavorare gli alunni, non lasciarli abbandonati con lo sguardo catatonico!”.

Il sondaggio

Durante il convegno online “A scuola si impara dai compagni”, Antonella Gorrino, insegnante, pedagogista ed formatrice Cpp,  ha presentato un sondaggio a cui hanno risposto mille insegnanti della scuola primaria e secondaria di primo grado. L’obiettivo è quello di comprendere le percezioni e le pratiche degli insegnanti riguardo al far lavorare gli studenti assieme nelle scuole italiane, fornendo un quadro più preciso rispetto ad alcune componenti didattiche che influenzano la conduzione della classe e la relazione con gli alunni.
“Il dato più interessante è che non ci sono differenze significative per le risposte tra i vari ordini di scuola. A esempio per la domanda ‘Quale è l’ostacolo per far lavorare insieme gli alunni?’, la risposta più scelta è stata ‘i tempi della scuola, non sempre lo consentono’, con percentuali tra il 75% e l’80%”, spiega Antonella Gorrino.
“Questa uniformità perché solitamente si associa l’ostacolo dei tempi scolastici al contesto delle superiori con ‘l’ora di lezione’, ma si pensa alla primaria come un ambiente più flessibile. Possiamo affermare che ci troviamo di fronte ad una ‘secondarizzazione’ della scuola primaria, cioè un sua trasformazione verso una struttura più rigida e specializzata, simile a quella della scuola secondaria. Ciò comporta orari meno flessibili e un'accentuazione delle singole materie a scapito delle attività multidisciplinari. Di conseguenza, vengono limitate le opportunità per il mutuo insegnamento, riducendo la capacità degli studenti di lavorare insieme in modo collaborativo e integrato”.
Più di un insegnante su due ritiene che il lavoro di gruppo favorisca principalmente le relazioni interpersonali piuttosto che l'apprendimento. “Il mutuo insegnamento è fondato sull'idea che l'apprendimento è intrinsecamente sociale e che le interazioni tra pari possono facilitare l'acquisizione di nuove conoscenze e competenze - spiega Gorrino -. Distinguere l'apprendimento dalle relazioni è considerato pedagogicamente errato perché l'apprendimento passa attraverso le relazioni stesse. Quando si lavora in gruppo, gli studenti non solo apprendono i contenuti, ma anche come interagire, collaborare e risolvere conflitti con gli altri. Questo metodo valorizza le dinamiche sociali come parte integrante del processo educativo”.
La domanda “Cosa accade didatticamente quando gli alunni lavorano assieme?”, ha fatto emergere che la metà degli insegnanti ha risposto che quando gli alunni lavorano assieme “ciascuno impara qualche cosa di nuovo, l'altra metà è invece focalizzata su aspetti relazionali”, inseguendo il mito della giustizia, come se fosse importante distinguere e valorizzare il contributo individuale.
“La tendenza a valorizzare il contributo individuale emerge anche nella valutazione: il 65% degli insegnanti valuta individualmente il lavoro di gruppo, solo il 30% dà una valutazione unica, e il 5% non lo valuta affatto - continua la pedagogista -. Questo dato ci indica che dare una valutazione singola ad un lavoro di gruppo significa snaturare il lavoro di gruppo oppure svalorizzarlo se non lo si valuta”.
Il 67,5% degli insegnanti afferma di far lavorare spesso gli alunni insieme, ma solo il 33% ritiene che i propri colleghi facciano lo stesso. “Questa discrepanza suggerisce una disconnessione tra l'autovalutazione degli insegnanti e la percezione delle pratiche degli altri. Tale disconnessione potrebbe derivare da una mancanza di osservazione diretta, pregiudizi inconsci o differenze negli standard su cosa significhi "far lavorare spesso gli alunni insieme - conclude Gorrino -. Questi punti richiedono una riflessione profonda sulla cultura scolastica e sull'approccio pedagogico. È cruciale promuovere un ambiente dove il lavoro di gruppo sia visto come una risorsa fondamentale per l'apprendimento e lo sviluppo degli studenti, riconoscendo il ruolo dell'insegnante come facilitatore e non solo come valutatore. La trasformazione della cultura scolastica è essenziale per superare le attuali barriere e realizzare appieno il potenziale del mutuo insegnamento”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)